Una “cura” per il lavoro

Gli ammortizzatori sociali in Italia e le novità scaturite dalla crisi sanitaria e occupazionale dovuta al Covid-19.

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Decreto Cura Italia

di Ernesto Palomba* | 

Come ben noto, gli ammortizzatori sociali nel 2015, attraverso l’emanazione del D.Lgs. n. 148, hanno subìto un riordino della materia. In buona sostanza, il Decreto legislativo in parola ha introdotto un unico testo normativo contenente la disciplina dei trattamenti di integrazione salariale (ordinaria e straordinaria), dei fondi di solidarietà e dei contratti di solidarietà.

La disciplina delle integrazioni salariali ordinarie si applica sostanzialmente alle imprese industriali in genere. Dall’esame del testo normativo, innanzi citato, è possibile cogliere con esattezza la tipologia di imprese industriali a cui tale tutela si rivolge. Ovviamente, l’attivazione degli ammortizzatori sociali presuppone sempre una motivazione che possiamo rinvenire nelle:

  • situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali;
  • situazioni temporanee di mercato.

Di conseguenza, è agevole cogliere che la situazione di crisi, per la quale si richiede l’integrazione salariale, deve comunque essere caratterizzata da una temporaneità che lascia prevedere, a priori, la normale ripresa dell’attività aziendale.

A titolo esemplificativo si pensi a situazioni di:

  • mancanza di lavoro o di commesse e crisi di mercato;
  • fine cantiere, fine lavoro, fine fase lavorativa;
  • mancanza di materie prime o componenti necessari alla produzione, non imputabile all’impresa;
  • eventi meteo;
  • eventi accidentali quali per esempio incendi, alluvioni, crolli, mancanza di elettricità.

Le aziende, quindi, possono ricorrere alle integrazioni salariali ordinarie per i motivi innanzi evidenziati nella consapevolezza di dover corredare la documentazione istruttoria, per l’avvio della procedura di richiesta, di tutti gli elementi probatori ritenuti utili all’accoglimento dell’istanza, ivi compresa, la redazione di una relazione tecnica.

Quando richiedere le integrazioni salariali?

Le integrazioni salariali ordinarie possono essere richieste per un periodo massimo di 13 settimane continuative, prorogabile trimestralmente fino a un massimo complessivo di 52 settimane. Si evidenzia, tuttavia che se l’impresa abbia fruito di 52 settimane consecutive di integrazione salariale ordinaria, una nuova domanda può essere proposta soltanto quando sia trascorso un periodo di almeno 52 settimane di normale attività lavorativa.

L’integrazione salariale, sia ordinaria che straordinaria, non attende a un criterio di gratuità. Le imprese beneficiarie versano, in favore dell’Inps, mensilmente, una contribuzione “ad hoc” per detta copertura, la cui entità percentuale varia a seconda dei requisiti dimensionali dell’azienda. In aggiunta alla ordinaria contribuzione di cui innanzi, le imprese che presentano domanda di integrazione salariale ordinaria versano altresì un contributo addizionale, fatta eccezione per il caso in cui gli interventi siano concessi per eventi oggettivamente non evitabili. Siamo in presenza di evento oggettivamente non evitabile quando le imprese si trovano a dover gestire casistiche determinate da casi fortuiti, improvvisi, non prevedibili e non rientranti nel rischio di impresa, per i quali risulti in maniera chiara la cosiddetta forza maggiore.

Ne sono un esempio gli eventi meteo, incendi, alluvioni, sisma, crolli, mancanza di energia elettrica, impraticabilità dei locali, anche per ordine di pubblica autorità, sospensione dell’attività per ordine di pubblica autorità per cause non imputabili all’azienda e ovviamente ai lavoratori.

Le norme contenute nel Decreto Cura Italia

Uno dei casi più emblematici è quello che stiamo vivendo in questi giorni: l’epidemia Covid-19. Ancorché per detto evento, il Governo ha sancito, per cosi dire, una disciplina avente carattere speciale, attraverso l’introduzione del D.L. n.18, del  17 marzo 2020, noto anche come “Decreto Cura Italia”.

I datori di lavoro che nel 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19 possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale con causale emergenza Covid-19, per i periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 per una durata massima di 9 settimane e, comunque, entro il mese di agosto 2020 (art. 19, comma 1, D.L. n. 18/2020, c.d. Decreto “Cura Italia”). Sono beneficiarie del trattamento di Cigo con la nuova causale Covid-19 nazionale, tutte le aziende del settore industriale come sopra evidenziato.

La specialità della disciplina sta nel fatto che le aziende non devono fornire alcuna prova in ordine alla transitorietà dell’evento e alla ripresa dell’attività lavorativa né, tantomeno, dimostrare la sussistenza del requisito di non imputabilità dell’evento stesso all’imprenditore o ai lavoratori. Inoltre, l’azienda non è tenuta a presentare, in allegato alla domanda di integrazione salariale, la relazione tecnica, come si è invece solito fare nella normale procedura, limitandosi, semplicemente, ad allegare l’elenco dei lavoratori beneficiari. I lavoratori destinatari dell’integrazione salariale Covid-19, per l’anno in corso, sono tutti coloro i quali risultano essere alle dipendenze dell’impresa richiedente alla data del 17 marzo 2020, e agli stessi non si applica il requisito richiesto dal su citato D.Lgs. 148/2015, relativo al possesso di un’anzianità di effettivo lavoro di almeno 90 giorni alla data di presentazione della relativa domanda di concessione.

La specialità del Decreto Cura Italia

La specialità del Decreto Cura Italia, non si evince soltanto da quanto sopra evidenziato. Il Legislatore, questa volta, si è spinto ben oltre. Le imprese che presentano istanza per ottenere i benefici dell’integrazione salariale sono esonerate dall’osservanza del procedimento di informazione e consultazione sindacale, così come previsto nella normale procedura ordinaria, dovendosi limitare a una semplice attività di informazione e consultazione e a un rapido esame congiunto svolto, per forza di cose, in via telematica entro i 3 giorni successivi a quello della comunicazione preventiva.

Quindi, la portata del provvedimento è di tipo agevolativo per ciò che attiene lo snellimento dell’iter procedurale, anche se si sarebbe potuto fare di meglio. Restano immutate le modalità di invio della domanda sottoposte sempre al canale telematico, questa volta da effettuarsi entro la fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa e non è soggetta alla verifica delle causali. Non di poco rilievo, infine, la circostanza che i periodi di trattamento ordinario di integrazione salariale concessi, nel corso dell’anno 2020, per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19, sono esclusi dal conteggio ai fini delle durate massime complessive previste dal D.Lgs. 148/2015, ovvero 24 mesi in un quinquennio mobile, e sono neutralizzati ai fini delle successive richieste.

Pertanto, possono richiedere il trattamento di Cigo e di assegno ordinario con causale Covid-19 nazionale, anche le aziende che hanno già raggiunto i suddetti limiti. Il Decreto Cura Italia, ha previsto anche che, limitatamente ai periodi di trattamento ordinario di integrazione salariale, i datori di lavoro sono esonerati dal versamento del contributo addizionale. Quindi, le imprese si trovano al cospetto di una significativa semplificazione per la gestione della procedura tutta e di una sostanziale riduzione degli oneri di costo a proprio carico.

COSA PERCEPISCONO I LAVORATORI?

Vediamo dunque cosa  percepiscono,  in  base  al “Decreto Cura Italia”, i lavoratori posti in Cassa Integrazione a “0 ore”.

Per retribuzioni mensili lorde (comprensive del rateo di mensilità aggiuntiva):

| fino a 2.159,48 euro, una indennità mensile lorda di 998,18 euro, che al netto del contributo del 5,84% trattenuto dall’Inps, porta il lavoratore a ricevere l’importo netto di 939,89 euro;

| superiori a 2.159,48 euro, una indennità mensile lorda di 1.199,72 euro che al netto del contributo del 5,84% trattenuto dall’Inps, porta il lavoratore a ricevere un importo netto di 1.129,66 euro.

Ovviamente, in entrambi i casi, occorrerà valutare se sussiste prelievo fiscale ai fini Irpef, ma il tutto dipenderà dalla situazione soggettiva del lavoratore. Quindi, attenzione! Non l’80% della retribuzione come si attendono molti lavoratori ignari. Rimane comunque la consolazione che i lavoratori titolari di Assegno per il Nucleo Familiare, continuano a percepirli. Decreto Cura_Italia

 


* Ernesto Palomba laureato in Giurisprudenza, esercita la professione di Consulente del Lavoro con studio in Roma, Milano e Lugano. Esperto in Diritto del Lavoro e libero docente, collabora con la Scuola di Formazione de Il Sole 24Ore e con Ipsoa Scuola di Formazione. Si occupa di consulenza del lavoro e di direzione nell’ambito di processi di riorganizzazione aziendale.

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