Non tutta l’Intelligenza Artificiale vien per nuocere

Come sta entrando l’Intelligenza Artificiale nel mondo del lavoro e quale sarà il suo impatto sull’operatività delle aziende e sulle attività HR? Lo abbiamo chiesto a Piero Poccianti, presidente dell’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale.

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intelligenza artificiale

di Virna Bottarelli |

Gli effetti dell’Intelligenza Artificiale sulla società, l’economia e il nostro modo di vivere sono da tempo oggetto di studio.

“L’Intelligenza Artificiale sta già penetrando nelle aziende e affiancando il lavoro degli esseri umani, con strumenti che acquisiscono conoscenza sul campo e la forniscono a chi ne ha bisogno, interagendo a voce, come farebbe un vero assistente”, dice Piero Poccianti, presidente dell’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA).

Poccianti, una vita dedicata all’informatica e un impegno costante nella divulgazione, è un ottimo interlocutore per capire quanto l’IA impatterà anche sul mondo del lavoro. “Sul tema sono stati pubblicati diversi documenti, alcuni focalizzati proprio sull’influenza che l’IA potrà avere sul mondo della produzione e dei servizi”, ci dice, e cita lo studio ‘100 anni di Intelligenza Artificiale’, della Stanford University, che è stato pubblicato nel 2016 e che sarà condotto ogni cinque anni per il prossimo secolo, due documenti redatti dall’amministrazione Obama e contenenti le raccomandazioni per i politici atte a massimizzare i vantaggi ottenibili dagli strumenti di IA sul benessere e prevenire i possibili aumenti delle diseguaglianze, e il libro bianco sull’IA presentato, nel 2020, dalla Commissione Europea.

Piero Poccianti
Piero Poccianti è presidente di AIxIA, Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale

Gli studi sono utili per trarre ipotesi sul futuro ma, come dice ancora Poccianti, il punto è un altro: “Bisogna ricordarsi che in passato le macchine sono state costruite per alleviare il lavoro umano, in particolar modo i compiti manuali, pesanti e ripetitivi. Pensiamo alle ruspe, ai telai, ai robot nelle catene di montaggio. Oggi, invece, le macchine riescono a compiere lavori intellettuali, ottimizzare i processi, percepire la realtà intorno a noi, ragionare e assistere un umano nel prendere una decisione. Gli effetti saranno straordinari, con impatti rilevanti che, oltre a riguardare l’efficienza e l’organizzazione interna aziendale, coinvolgeranno anche il mondo attorno alle realtà imprenditoriali. Ci si troverà a operare in un contesto socioeconomico mutato e, di conseguenza, gli stessi prodotti e servizi che l’azienda offrirà evolveranno. Attualmente i software di IA sono in grado di analizzare i processi aziendali, comprendere quanto i processi reali si differenzino da quelli descritti dalla normativa, ma anche suggerire cambiamenti alla legislazione stessa o ai processi”.

Ci può dare una definizione di Intelligenza Artificiale antropocentrica applicabile al mondo del lavoro e, in particolare, alla gestione delle risorse umane?

L’Intelligenza Artificiale è una tecnologia dichiarativa. Noi siamo abituati a macchine che istruiamo con algoritmi creati dall’uomo per effettuare un determinato compito, ma l’IA non lavora così: si tratta di descrivere un contesto, gli strumenti e il risultato che si vuole ottenere e sarà la macchina a suggerire una soluzione. Ad esempio: se vogliamo che un robot vada a prendere il giornale che è su un tavolo e lo porti indietro, dobbiamo descrivere l’ambiente (o far sì che il robot riesca a vederlo), in modo dettagliato, includendo ostacoli, porte e così via. Il robot creerà un piano per spostarsi dalla posizione in cui si trova a quella dove è disponibile l’oggetto e poi al luogo in cui deve riportarlo.

Non sarà quindi l’uomo a descrivere passo per passo le azioni da compiere, perché saranno individuate dal robot. Se si aggiunge un ostacolo ulteriore lungo il cammino, il robot riformulerà il percorso, tenendo in considerazione questo nuovo elemento ed evitandolo. Macchine e individui possono collaborare per individuare la soluzione migliore: dobbiamo prestare attenzione a fornire i giusti obiettivi e a descrivere correttamente il contesto, con linguaggio o esempi. La decisione finale appartiene sempre alle persone, ma viene supportata dall’analisi, effettuata dall’AI, di grosse moli di informazioni che l’essere umano ha difficoltà a sintetizzare.

Come sono impiegati i sistemi di IA nel processo di recruiting?

Attualmente tecniche di IA sono impiegate per effettuare screening di curricula, oppure analizzare i social network, come LinkedIn, e supportare l’individuazione di skill adatte a svolgere determinati compiti. L’Intelligenza Artificiale può essere considerata un valido alleato per i recruiter, perché può analizzare un testo scritto e parlato, evidenziando capacità e attitudini dell’autore. Esistono sistemi in grado di analizzare, in modo automatico, le espressioni facciali, i comportamenti e le opinioni espresse, suggerendo inoltre il candidato più adatto. Altre applicazioni, che possono essere noleggiate in qualità di servizi, riescono a soddisfare sia le aziende che i candidati, ai quali viene fornito un compito in linea con le loro aspettative. Tuttavia, non sono mancati casi in cui i sistemi appena citati abbiano fallito: abbastanza noto è l’esempio di un’azienda di commercio elettronico che aveva addestrato il proprio sistema ad analizzare i curricula selezionando erroneamente solo candidati di genere maschile.

L’IA può aiutare le imprese a conoscere meglio e a valorizzare i propri collaboratori?

In parte, i sistemi già citati possono essere impiegati anche all’interno delle aziende per permettere ai collaboratori di scoprire skill e capacità che non sono consapevoli di possedere e suggerire percorsi professionali che l’azienda non avrebbe mai preso in considerazione per loro.

In azienda spesso le risorse vengono promosse a compiti dirigenziali in scala gerarchica, senza tener in considerazione le attitudini delle stesse. Le persone vengono quindi proposte per compiti diversi, per i quali, magari, non sono predisposte. Un sistema di intelligenza artificiale può supportare il processo suggerendo cambiamenti di carriera orizzontali (in altri compiti) in grado di soddisfare non solo le necessità aziendali, ma anche quelle del lavoratore. Un esempio arriva dagli Stati Uniti: la Defense Advanced Research Projects Agency ha creato un avatar che, interagendo con un pilota di ritorno da una missione, riesce a misurarne il livello di stress.

Il sistema è capace di colloquiare, analizzare le espressioni facciali, le risposte del pilota, ma anche il tono di voce e i movimenti involontari. Alla conclusione della sua analisi, l’avatar può suggerire l’intervento di uno psicologo o affermare che il pilota può tranquillamente continuare il suo lavoro. Bisogna però prestare attenzione al “lato umano” e non rendere interamente automatici questi processi. Devono essere impiegate applicazioni di Decision Support system: ciò significa che la decisione finale spetta comunque all’umano in un colloquio condotto da due persone. Quello che ci si aspetta è l’integrazione di un sistema di supporto alle decisioni, capace di interpretare le espressioni del volto e il tono della voce.

Che cosa risponde a chi teme che si perderanno posti di lavoro a causa dell’introduzione massiva di strumenti di IA?

In questo ambito vi sono molteplici opinioni e spesso in contrapposizione tra loro. È indubbio però che le macchine riusciranno a svolgere sempre più compiti, prima di competenza unicamente umana.

Partendo da questo presupposto, alcuni sostengono che questa nuova condizione porterà alla scomparsa di molte professioni. Altri, invece, prevedono che solo pochi lavori saranno sostituiti del tutto e che vi sarà una percentuale crescente di automatizzazione del- le mansioni. Un aspetto, quest’ultimo, non del tutto negativo, visto che aiuterà i lavoratori a risparmiare del tempo prezioso. Grazie all’evoluzione non saranno però solo i compiti manuali a essere delegati alle macchine, ma anche quelli intellettivi. Anche sul tema della disoccupazione i pareri sono discordanti tra loro: alcuni affermano che ci sarà un grave problema di mancanza di lavoro, altri ancora dichiarano che tale condizione sarà solamente temporanea e che, grazie a un’aumentata produttività, si creeranno nuovi posti di lavoro e figure professionali, in un assetto mutato che contribuirà anche alla condivisione della ricchezza.

Credo occorra però riflettere sul concetto di lavoro che, secondo l’economia classica, è una risorsa scarsa, insieme al capitale, mentre le risorse ambientali sono infinite. Questi presupposti sono totalmente errati: la quantità di capitale disponibile è enorme, ma mal distribuita, il lavoro è e sarà comunque abbondante, mentre le risorse ambientali sono, al contrario, un bene limitato e prezioso, da preservare. Inoltre, le rivoluzioni industriali del passato hanno migliorato le condizioni di vita e di lavoro delle persone, dopo un periodo di profonda crisi: hanno generato nuovi posti di lavoro, con una diminuzione poi degli orari lavorativi e, in generale, sviluppi positivi nella vita delle persone.

Credo che sia necessario riformulare i nostri obiettivi: se ci porremo come scopo quello di far evolvere le condizioni dei lavoratori e dei cittadini, allora le macchine ci supporteranno a raggiungere tale traguardo, ma se gli unici obiettivi rimangono il profitto e l’aumento dello stesso, l’Intelligenza Artificiale sarà uno strumento per diminuire i costi, includendo quelli legati ai lavoratori umani, e produrrà così effetti distopici.

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