L’effetto Covid sulle retribuzioni. Chi ci guadagnerà?

JobPricing fa il punto sulle dinamiche salariali e ipotizza diversi scenari considerando fattori come il livello di istruzione, l’esperienza professionale e i trend della digitalizzazione e della sostenibilità ambientale

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Retribuzione

di Giorgia Andrei |

JobPricing ha realizzato una ricerca per Badenoch & Clark sulla struttura delle retribuzioni in Italia e la loro evoluzione. Dall’analisi dei differenziali salariali e dell’andamento futuro delle retribuzioni sono emerse alcune considerazioni di base.

Innanzitutto, il mercato retributivo italiano già oggi riconosce un premio significativo all’istruzione formale (e in particolare alla laurea) come fattore di determinazione dei livelli salariali. Si tratta di un aspetto destinato molto probabilmente ad accentuarsi nel prossimo futuro a causa delle esigenze di accrescimento o introduzione di nuove competenze, legate soprattutto alla digitalizzazione: in particolare, una premialità più significativa riguarderà l’istruzione terziaria in ambito Stem.

A essere premiate saranno anche le funzioni e professioni che graviteranno nell’orbita della sostenibilità ambientale. Si accentuerà poi una polarizzazione tra attività a scarso contenuto tecnico-professionale da un lato e manageriali e ad elevata competenza tecnico-professionale dall’altro, segno dello “svuotamento” dei ruoli intermedi. L’analisi non dimentica nemmeno gli effetti della pandemia, che produrrà in generale un perpetrarsi della stagnazione retributiva in una prima fase e una possibile forte contrazione successivamente, a causa della crescita di inattività e disoccupazione. Le categorie più colpite saranno le donne, di qualsiasi età, e gli uomini under 25 e over 55.

Fattori che determinano le differenze salariali

Istruzione ed esperienza sono i fattori principali nel determinare i livelli retributivi: più sono elevate, migliore è la retribuzione, ad ogni livello professionale. In particolare, il livello di istruzione formale risulta particolarmente remunerativo perché favorisce l’accumulo di skill durante la vita lavorativa: più è alto il livello di istruzione, migliore è la retribuzione d’ingresso nel mercato e migliore il profilo di carriera, sia a livello verticale, che orizzontale.

Sono altrettanto importanti le funzioni aziendali: Amministrazione, Finanza e Controllo e Vendite garantiscono un premio salariale maggiore. Guardando ai settori, sul podio degli stipendi più elevati ci sono Banche, Assicurazioni e Oil & Gas, mentre è assodato che in ogni settore i differenziali salariali crescono al crescere della dimensione aziendale. Altri tre fattori sono la territorialità, con la classica dinamica Nord-Sud e le differenze tra aree urbane e periferiche, la tipologia di contratti, con condizioni remunerative migliori nei contratti stabili rispetto ai quelli a tempo determinato, e il genere, con un ingiustificato differenziale che penalizza le donne.

Tre ipotesi per il futuro

La ricerca di JobPricing ha individuato tre possibili scenari di sviluppo delle dinamiche salariali: uno prende in considerazione l’aumento del peso della laurea, un altro l’incremento del peso della laurea e la diminuzione del peso dell’esperienza lavorativa, un altro ancora considera l’impatto di trasformazione digitale e sostenibilità ambientale sul mondo del lavoro. Nel primo scenario la carenza di laureati e la domanda di profili mancanti, specialmente di tipo STEM, porta a far apprezzare il valore delle lauree triennali e magistrali.

In tale ipotesi si verrebbe a determinare un aumento delle retribuzioni alle estremità dello spettro professionale (lavoratori ad alta specializzazione e manager a un lato e lavoratori a bassa specializzazione dall’altro), verrebbero maggiormente premiate le professioni della famiglia operations in area manufacturing, mentre banche ed assicurazioni e Hotel, ristorazione e turismo sarebbero i settori meno impattati dalla crescita retributiva associata all’aumento di peso della laurea. Nel caso di banche e assicurazioni perché già oggi si tratta di un settore ad alta presenza di lavoratori con titoli di studio elevati, e nel caso di Hotel, ristorazione e turismo, invece, perché i processi di digitalizzazione potrebbero avere un impatto minore e richiedere quindi profili con livelli di istruzione inferiore.

Nel secondo scenario la forte richiesta di nuove competenze porta a far apprezzare la laurea e a far diminuire il peso dell’esperienza, perché la velocità di trasformazione velocizza l’obsolescenza delle competenze. Ipotizzando una variazione negativa per l’esperienza intesa sia come anni totali di lavoro sia come anzianità nel ruolo, gli andamenti in generale sarebbero coerenti con le previsioni dello Scenario 1: polarizzazione e impatto positivo su settori produttivi.

Tuttavia, l’esperienza rimarrebbe un fattore importante in ambiti come editoria, comunicazione e web e consulenza in area Ict. Qui i salari potrebbero rivelarsi più condizionati dalla seniority proprio per l’impatto significativo del digital skill mismatch, che potrebbe rendere necessario riorientare le assunzioni anche in direzione di lavoratori con livelli di istruzione inferiori a quelli desiderati e, parallelamente, accrescere la competizione sui lavoratori con elevata esperienza.

Nel terzo scenario, infine, valutando l’impatto di trasformazione digitale e sostenibilità ambientale, si ipotizza che le dinamiche peggiori si avrebbero proprio nei settori Comunicazione e web, Editoria e Consulenza ICT, probabilmente a causa dell’impossibilità di trovare sul mercato le competenze ricercate e dell’esigenza di assumere personale con qualifiche inferiori a quelle richieste. Anche il settore farmaceutico registrerebbe dinamiche negative, dovute a un eccesso di offerta rispetto alla domanda di lavoro.

L’andamento migliore dei salari sarebbe per Automazione, Energia e Utility e Chimica. L’espansione della domanda di lavoro andrebbe a beneficio in generale delle aree marketing, vendite, acquisti e manutenzione, con la fascia dirigenziale e manageriale impattata in modo più positivo.

L’effetto Covid sulle retribuzioni

L’emergenza sanitaria, con l’aumento dei tassi di disoccupazione e inattività, avrà conseguenze importanti sulle dinamiche salariali. Considerata una variazione del 7% circa del tasso di disoccupazione e del 9% di quello di inattività, si stima che la variazione del tasso di disoccupazione avrà un impatto negativo, in un range tra lo 0 e -1%, abbastanza omogeneo tra tutti i settori, mentre l’inattività farà scendere i salari dei settori Oil & gas (-1,20%), Automotive (-1,18%), Aeronautica (-1,16%), Alimentari (-1,11%) e Farmaceutica (-1%).

La disoccupazione e l’inattività rispecchiano la polarizzazione del mercato occupazionale in termini di qualifiche professionali. L’inattività colpisce maggiormente le lavoratrici più anziane (-4,1%) e gli uomini anche nella fascia di età più giovane (-1,21). Se per le donne il risultato riflette la (minore) partecipazione al mercato del lavoro, per gli uomini potrebbe derivare, da un lato, da una maggiore disponibilità dei giovani ad accettare un salario minore per poter entrare nel mondo del lavoro, dall’altro, da una tendenza dei lavoratori più anziani ad accettare salari più bassi pur di non uscirne prima di avere maturato i requisiti pensionistici.

Le flessioni più forti del salario in relazione alla disoccupazione si registrano per i più giovani e per i più anziani, con una differenza: in questo caso sono le donne più giovani a subire l’impatto maggiore (-0,72%). Tra gli uomini sono invece i più anziani a subire la diminuzione maggiore (-0,53%).

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