CNEL | Rinnovato il contratto al settore metalmeccanico

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“La firma del contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici è un segnale importante per tutti i lavoratori e più in generale per il mercato del lavoro già in forte sofferenza prima della pandemia e che oggi si trova davanti a sfide epocali. Questo ccnl, infatti, generalmente fa da apripista al rinnovo degli altri accordi di cui ci sarebbe grande bisogno dal momento che il 77% dei 932 depositati all’Archivio nazionale del CNEL risulta scaduto e oltre 10 milioni di lavoratori sono in attesa di adeguamenti salariali e del riconoscimento di nuovi diritti, come quello di tutela della salute, quanto mai urgente dopo l’esperienza Covid, o quello alla disconnessione, nel caso di lavoro agile. Ma in questo accordo ci sono anche altri importanti novità come il rafforzamento dei diritti di informazione e partecipazione dei lavoratori nelle strategie d’impresa, una maggiore tutela delle donne. Il contenuto più significativo è il nuovo sistema di inquadramento professionale, che era immutato dagli Anni Settanta, che consente di superare il vecchio approccio delle mansioni per valorizzare i diversi ruoli produttivi aprendo ad una maggiore flessibilità e responsabilità dei lavoratori”.

Ad affermarlo è il presidente del Cnel Tiziano Treu commentando il raggiungimento dell’accordo per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici.

Le trattative per il rinnovo del contratto, che interessa 1 milione e 480 mila addetti, erano iniziate al Cnel nel dicembre 2019 quando Federmeccanica scelse villa Lubin quale luogo simbolico per l’avvio del confronto con le parti per il ruolo istituzionale di casa comune di tutte le organizzazioni rappresentative dei lavoratori, delle imprese e del terzo settore”, aggiunge Treu.

Mi auguro che l’accordo dei metalmeccanici segni l’apertura di una nuova stagione contrattuale che rappresenti anche l’occasione per avviare il confronto sul nuovo statuto dei lavoratori che oggi, dopo l’emergenza sanitaria, diviene improcrastinabile. La pandemia ha obbligato le imprese a una nuova organizzazione della produzione e del lavoro, uno scenario rispetto al quale non si tornerà più indietro e che, dunque, chiede di ripensare anche l’organizzazione del lavoro, quella degli ammortizzatori sociali e più in generale del welfare”, conclude Treu.

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