di Virna Bottarelli |
Bologna Game Farm è un progetto per lo sviluppo del settore videoludico promosso da Regione Emilia-Romagna e Comune di Bologna.
Attraverso un bando pubblico annuale, Bologna Game Farm seleziona team di sviluppo che ricevono un contributo in denaro a fondo perduto e accedono a un percorso di accelerazione della durata di un anno. Definito in collaborazione con il partner tecnico IIDEA, l’Associazione di categoria dell’industria dei videogiochi in Italia. Giunto alla terza edizione, il bando nel 2024 ha ampliato i propri confini a tutto il territorio italiano. Per quest’anno, infatti, l’iniziativa è stata lanciata in collaborazione con la Casa delle Tecnologie Emergenti di Bologna. Un progetto del Comune di Bologna e della Città Metropolitana realizzato con il contributo del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Il bando, presentato a luglio a Firenze a First Playable, principale evento business di riferimento per il settore dei videogiochi in Italia, è rivolto a imprese e liberi professionisti che hanno sede legale o operativa nel nostro Paese. Ha un budget complessivo di quasi duecentomila euro, da dividere tra un numero massimo di dieci beneficiari selezionati tra i candidati che hanno presentato le domande. Con Giorgia Boldrini, Direttrice Settore Cultura e Creatività Comune di Bologna, e Sara De Martini, Project Manager di Bologna Game Farm, facciamo il punto su un’iniziativa che può essere d’ispirazione per chi si occupa di lavoro e formazione anche in altri settori.
Un settore promettente
Dal 2010 il Settore Cultura e Creatività del Comune di Bologna con il progetto IncrediBOL! si è concentrato sul tema dell’occupazione nelle industrie culturali e creative. Come spiega Giorgia Boldrini, con questo progetto la Pubblica Amministrazione si è posta l’obiettivo di “sostenere la creatività come professione e fornire gli strumenti per fare in modo che una passione artistica diventi un lavoro a tutti gli effetti”. Tra quelle che possiamo considerare industrie creative, a Bologna il settore videoludico è risultato particolarmente dinamico, perché coinvolge diverse figure professionali.
“Nel corso degli anni abbiamo visto attraverso l’osservatorio di IncrediBOL! che il settore dei videogiochi offre ottime opportunità di sviluppo economico e di creazione di posti di lavoro qualificato. Pensiamo, infatti, a tutte le figure professionali che concorrono alla progettazione e creazione di un videogioco: oltre agli ingegneri e agli sviluppatori che sono necessari per la parte tecnologica e software, vi sono grafici, musicisti, illustratori, autori, sceneggiatori e scrittori che contribuiscono alla definizione dei contenuti”.
Secondo Boldrini, il settore va visto come una forma culturale nuova, non va demonizzato, ma supportato, affinché se ne sviluppi il potenziale positivo. “Siamo fieri, come Pubblica Amministrazione, di esserci impegnati in questo senso con il progetto Bologna Game Farm, un vero e proprio acceleratore pubblico nato partendo da un tavolo di confronto con gli sviluppatori, gestito dal Comune in collaborazione con la Regione e, da quest’anno, aperto a tutto il territorio italiano”.
Qual è la situazione occupazionale del settore culturale a Bologna e in Emilia-Romagna?
Non abbiamo un’industria culturale fatta da grandi imprese, ma sul nostro territorio operano moltissimi professionisti. Ad esempio nell’ambito della produzione cinematografica, diverse realtà di piccole dimensioni, ma di grande qualità. In questo settore c’è un’occupazione buona e diffusa, che si sviluppa prevalentemente su scala artigianale. Bologna può attingere a un bacino di professionisti di alto livello grazie alla presenza del Dams, dell’Accademia di Belle Arti e del Conservatorio di Musica. Restringendo il campo ai potenziali addetti al settore videoludico, poi, ci sono anche gli ingegneri che si formano nelle facoltà tecniche dell’Ateneo cittadino.
Qual è il ruolo del Comune in Bologna Game Farm?
IncrediBOL! era un bando attraverso il quale fornivamo ai soggetti aggiudicatari le famose 3 S: soldi, spazi e servizi. Con Bologna Game Farm facciamo la stessa cosa: diamo un contributo in denaro che è utile come incentivo a sviluppare l’attività, concediamo degli spazi in comodato gratuito nel contesto delle Serre dei Giardini Margherita, spazio di proprietà comunale gestito da ART-ER, realtà regionale che offre servizi alle imprese, e forniamo servizi di mentoring, orientamento e consulenza attraverso il nostro partner tecnico IIDEA. Siamo orgogliosi di avere dato vita a una formula vincente, utile anche a scardinare una sorta di pregiudizio nei confronti dei videogiochi. E siamo disponibili a porci anche come riferimento nazionale per altre iniziative di questo tipo. Dopo tre anni, possiamo contare su un team specializzato e una formula che ha dimostrato di funzionare.
Dal punto di vista finanziario e delle risorse, invece, che impegno è richiesto al Comune?
È stata creata all’interno del Settore Cultura e Creatività un’unità che si occupa nello specifico delle industrie culturali e creative all’interno della promozione del più ampio sistema culturale e creativo della città, e che lavora in maniera integrata con altri uffici del Settore e del Comune in generale, ognuno dei quali contribuisce in misura diversa al progetto (uffici amministrativi e contabili, ufficio comunicazione e altri). Nel caso specifico di Bologna Game Farm, il progetto è cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna sulla base di una convenzione triennale.
Il Comune mette a disposizione una risorsa full-time, che è Sara De Martini, e un’altra persona che dedica parte del suo tempo al progetto. Insieme a queste due colleghe gestiamo il bando dall’inizio alla fine: lo scriviamo, gestiamo le commissioni di valutazione con gli esperti di IIDEA, l’erogazione dei contributi, le rendicontazioni e tutte le attività correlate. Ci occupiamo anche di mettere in contatto tra loro sviluppatori e creativi in occasione di eventi culturali di vario tipo. E di supportare i vincitori del bando, sempre in collaborazione con IIDEA, nella comunicazione e promozione dei loro progetti.
Si ampliano i confini del Bologna Game Farm
Sara De Martini spiega come funziona il percorso di accelerazione per i vincitori del bando. “Formalmente il percorso dura un anno, con un primo semestre di attività molto intense, che hanno l’obiettivo di portare il team dallo sviluppo di un prototipo alla realizzazione di una demo giocabile, ma in realtà instauriamo con chi si aggiudica i fondi rapporti che proseguono oltre i dodici mesi previsti, proprio perché la filosofia di Bologna Game Farm è mantenere i contatti e seguire i professionisti nella loro crescita”.
Oltre a Sara De Martini, ad affiancare i team di sviluppo nel percorso ci sono lvan Venturi, coordinatore tecnico e sviluppatore di videogiochi di lunga esperienza, due tutor della società partner IIDEA e dei mentor, ossia professionisti di aziende socie di IIDEA che mettono a disposizione dei team la propria esperienza e competenza.
“Dopo avere completato il team di sviluppo si fa una revisione del progetto, in modo da capire anche i tempi di realizzazione, e si procede poi all’attività di creazione vera e propria, coinvolgendo tutte le figure necessarie che si occupano della parte di design, musica, programmazione. Parallelamente c’è un lavoro sulla struttura aziendale e sulla gestione di impresa”. Tappe importanti per le società sostenute da Bologna Game Farm sono la partecipazione agli eventi di settore: Svilupparty, First Playable e Gamescom, la principale fiera internazionale di settore che si tiene a Colonia.
Come sta proseguendo l’attività dei vincitori delle edizioni precedenti?
Tutte le realtà che si sono aggiudicate i fondi nelle edizioni precedenti sono ancora in attività. Siamo particolarmente soddisfatti del fatto che coloro i quali avevano aderito al bando come liberi professionisti si sono nel frattempo costituiti in società. In media, i team delle precedenti edizioni sono aumentati di cinque unità, non necessariamente dipendenti ma comunque professionisti che collaborano in pianta stabile. C’è un altro dato che ci dà grande soddisfazione: tre team delle prime due edizioni hanno firmato accordi di publishing. Un risultato non banale in un settore che vede i publisher investire essenzialmente sui giochi AAA e non sui giochi cosiddetti Indie.
Quali ricadute sta avendo Bologna Game Farm sul territorio?
Dalla nostra collaborazione con aziende e centri di formazione locali è nato, in questi tre anni, un ecosistema che si sta via via consolidando e che sta dando risultati tangibili. Come il primo corso di formazione interamente dedicato ai videogiochi, organizzato da Demetra Formazione, o come una società di micro-publishing nata per aiutare le società di sviluppo di videogiochi a entrare sul mercato. Mi piace sottolineare, però, che i confini del progetto sono più ampi. Grazie alla nostra partecipazione a Gamescom abbiamo avuto la possibilità di entrare in reti internazionali di acceleratori e sviluppatori con i quali dialoghiamo e collaboriamo costantemente.
Quali sono le figure professionali più richieste nel settore videoludico?
Le figure più richieste sono sicuramente i programmatori e, in particolare, quelli esperti di programmazione in ambiente Unreal. C’è poi bisogno di professionisti che si occupino di produrre e pubblicare i videogiochi, un ambito ad oggi dominato da grandi nomi. In Italia abbiamo Slitherine, che però è specializzato in una determinata tipologia di giochi, ma mancano soggetti che possano dedicarsi al micro-publishing. Infine, servono sviluppatori che conoscano e sappiano integrare nei videogiochi le nuove tecnologie, dall’AI, alla blockchain, agli Nft. Si tratta di profili professionali emergenti, che lo stesso bando del 2024, inserendo come requisiti proprio l’impiego delle nuove tecnologie nello sviluppo dei progetti candidati, ha contribuito a intercettare.