Una riforma necessaria da non sbagliare

Secondo le intenzioni del Governo la riforma sugli ammortizzatori sociali, che mira a snellire l’attuale impianto normativo, sarà caratterizzata da una vocazione all’universalismo e avrà complementarietà con le politiche attive finalizzate al mantenimento occupazionale e al reinserimento dei lavoratori.

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di Romano Benini* |

Il tema della riforma degli ammortizzatori sociali è da anni collocato al centro dell’agenda politica del lavoro italiano ed è utile chiarire alcuni aspetti che riguardano i contenuti che la prossima riforma deve affrontare e gli snodi politici che vanno sciolti rispetto all’impostazione dell’intervento.

Gli ultimi interventi di riforma sono stati predisposti non molti anni fa, con i decreti attuativi del “Jobs Act” del governo Renzi, ma non sono stati completati e in parte è stato mantenuto quel modello di “ammortizzatori in deroga” che venne attivato per far fronte alla grave crisi occupazionale del 2009. La previsione dell’estensione degli ammortizzatori a quelle categorie che ne erano escluse attraverso la “deroga” era stata allora disposta in attesa di una riforma complessiva, che dopo più di dieci anni appare oggi da definire e completare.

Gli aspetti che la riforma degli ammortizzatori sociali deve affrontare sono vari e il provvedimento in corso di predisposizione deve risolvere alcune questioni di fondo, che vanno riordinate e messe a sistema, come:

  • il rapporto tra le politiche passive (gli ammortizzatori sociali veri e propri) e le politiche attive (tra cui la formazione);
  • gli interventi per i disoccupati e gli ammortizzatori per i lavoratori che non hanno ancora perso il lavoro e sono in una situazione di sospensione dall’attività;
  • il superamento del sistema degli ammortizzatori in deroga;
  • la regionalizzazione della gestione delle misure di attivazione al lavoro e la loro obbligatorietà, sia per i disoccupati che per alcune categorie di lavoratori, come i dipendenti con preavviso di licenziamento;
  • la relazione con il sistema della formazione continua e della bilateralità per gli interventi di reimpiego e di attivazione;
  • l’estensione degli ammortizzatori sociali a categorie di lavoratori che ne sono escluse attualmente, come il mondo del lavoro autonomo;
  • la previsione di una forma di tutela di riferimento che riguardi i lavoratori privi di impiego usciti dagli ammortizzatori sociali e il raccordo con misure di attivazione al lavoro e di politica sociale, come il reddito di cittadinanza.

Un sistema complesso

Ci troviamo di fronte quindi a un sistema complesso che va riarticolato e la riforma è chiamata a scegliere in modo definitivo come disegnare la nuova articolazione evitando situazioni ibride o interventi legati solo al contesto di crisi e non permanenti.

In particolare, appare necessario collegare il nuovo sistema ai mutamenti che sono intervenuti in modo drastico nell’economia e nel lavoro italiano negli ultimi anni, anche in riferimento alle ripercussioni dei cambiamenti organizzativi e occupazionali che hanno operato sulla scena globale. La questione di fondo riguarda il definitivo superamento di una impostazione che appare oggi obsoleta in alcuni aspetti di fondo, in quanto non è stato ancora completamente rinnovato e collegato ai cambiamenti del lavoro il retaggio di un sistema di ammortizzatori e integrazione al reddito che è stato creato più di trent’anni fa, durante la crisi del sistema taylorista e della grande industria.

Questo modello ha collegato sostanzialmente gli interventi di integrazione al reddito al settore economico, alla categoria di appartenenza e alla dimensione dell’impresa e ha proceduto negli anni estendendo questa impostazione, senza però cambiarla e metterne in discussione il paradigma di fondo, che oggi non appare più in grado di comprendere i mutamenti in corso nel lavoro e le diverse condizioni. D’altra parte questo ritardo si deve anche ad una funzione di “freno” spesso operata proprio dalle organizzazioni sindacali, che devono le loro adesioni e il consenso anche al man- tenimento di alcune garanzie come la cassa integrazione, e alla grave inadeguatezza del sistema italiano dei servizi per l’impiego nel gestire le transizioni da lavoro a lavoro.

Questo cambio di paradigma rende necessaria anche una revisione del sistema di finanziamento, come avviene nei sistemi in uso all’estero, che in genere affiancano a un ammortizzatore di base di tipo universale finanziato sulla fiscalità generale una integrazione collegata all’anzianità di disoccupazione e gestita in gene- re attraverso il ricorso alle risorse accantonate dall’azienda.

Le ipotesi di lavoro

Gli interventi di riforma delle politiche del lavoro agiscono nella relazione tra crescita economica e sviluppo sociale e nella connessione tra mercato del lavoro, ammortizzatori sociali, politiche attive e per il reimpiego e servizi per il lavoro.

In questo senso il Governo ha indicato gli assi della riforma degli ammortizzatori sociali come parte di un più ampio intervento per la definizione delle condizioni su tutto il territorio nazionale per un mercato del lavoro che sia:

  • più competente, puntando sulla formazione e sulla riqualificazione, soprattutto nei settori dell’economia sostenibile e del digitale;
  • più inclusivo, che coinvolga paritariamente uomini e donne e garantisca una adeguata protezione sociale e inclusione attiva ai soggetti più vulnerabili;
  • più trasparente, attraverso una mirata lotta al fenomeno del caporalato e alle altre forme di lavoro irregolare;
  • più digitalizzato, anche attraverso la realizzazione del fascicolo elettronico unico del lavoratore;
  • più sicuro, accogliendo un’accezione di “sicurezza” ampia, che non solo comprenda la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ma si traduca anche in una maggiore protezione del lavoratore e nell’incremento della stabilità e qualità del lavoro stesso.

In questo quadro la riforma degli ammortizzatori sociali mira a snellire l’impianto normativo e procedurale e a superare la frammentarietà e la disorganicità che ad oggi connotano la regolamentazione contenuta nel decreto legislativo n 148/2015.

Il nuovo sistema secondo le intenzioni del governo si caratterizzerà infatti per la sua vocazione all’universalismo, coinvolgendo nel meccanismo assicurativo le imprese di tutti i settori produttivi e tutti i lavoratori. Non verranno comunque trascurate, secondo quanto dichiarato, le necessarie differenziazioni, legate alla dimensione aziendale e alle specificità dei diversi settori produttivi. Ed è quest’ultimo uno dei punti critici sul quale valutare l’effettiva portata innovativa della riforma. Indispensabile sarà, poi, la complementarietà con le politiche attive finalizzate al mantenimento occupazionale o al reinserimento dei lavoratori tramite una riqualificazione professionale e un accrescimento delle competenze individuali utili a rispondere alle ristrutturazioni aziendali o, nel caso di lavoratore in transizione, alle esigenze del mercato del lavoro, nell’ottica di attenuare il mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Inoltre, particolare rilevanza sarà riservata alle iniziative tese a favorire la staffetta generazionale per agevolare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.

Questi intenti del Governo mostrano quindi come ci sia una certa consapevolezza del cambio di paradigma necessario e di come l’esempio europeo affianchi a un ammortizzatore unico di tipo universalistico le misure integrative di sostegno al reddito distinte in ragione del settore e dell’anzianità del lavoratore. Tuttavia, la complessità del sistema italiano attualmente in vigore, della governance tra Stato e regioni e del ruolo del sistema della bilateralità introduce alcuni elementi importanti che la riforma italiana deve affrontare per poter essere efficace e realizzare gli obiettivi dichiarati.

Alcune proposte da considerare

Appare infatti opportuno riflettere su come il completamento della riforma richieda di affrontare alcune lacune rispetto al sistema attuale, nello sforzo di definire un quadro di interventi che sia il più possibile organico e coordinato. In particolare vanno segnalate le seguenti misure, da approfondire per completare il sistema:

  • prevedere per i lavoratori che mantengono un rapporto di lavoro in un contesto di prossima cessazione dell’attività l’inserimento obbligatorio nel meccanismo premiale dell’attivazione al lavoro, tramite un sistema di “preavviso attivo”, come viene proposto da uno studio dell’organizzazione sindacale Confsal;
  • prevedere analogamente per tutti i disoccupati una misura nazionale standard di politica attiva, collegata all’ammortizzatore universale in ragione dell’obbligo di condizionalità tra politica attiva e passiva, come viene per esempio suggerito dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro.

Il problema del raccordo tra politiche passive e attive costituisce lo snodo di fondo per dare efficacia e rendere utile l’intervento di riforma degli ammortizzatori in ragione del funzionamento del mercato del lavoro.

Per questo motivo appare importante definire una misura nazionale di riferimento che agisca in modo coordinato con interventi nazionali come l’assegno di ricollocazione, attualmente operativo solo per i cassa integrati e i soggetti beneficiari di reddito di cittadinanza, e il sistema delle misure di Garanzia Giovani, che agisce per i giovani under 29 in condizione di Neet, ossia fuori dal lavoro, ma anche dalla formazione e dall’avviamento professionale.

Trattandosi di una misura di politica attiva, questa deve operare nell’ambito della legislazione concorrente tra Stato e Regioni e costituire una prestazione standard di politica attiva, che agisce nel raccordo tra Stato e Regioni nelle medesime modalità previste oggi dal sistema Garanzia Giovani per gli under 29, ossia attraverso il modello della profilazione, dei costi standard delle azioni e del- la remunerazione a processo e a risultato. L’intervento in questo modo può ricondurre tutti i dispositivi di formazione e attivazione dei disoccupati over 29, anche attraverso il lavoro autonomo, in un unico modello di riferimento basato sul rapporto tra sistema pubblico, Agenzie per il Lavoro ed Enti specializzati accreditati e sulla logica del costo standard per la remunerazione delle prestazioni.

Inoltre questo tipo di intervento ricomprende in questa logica le attuali misure nazionali collegate all’assegno di ricollocazione e può costituire, insieme al sistema di Garanzia Giovani, il programma di riferimento per il rafforzamento della funzione dei servizi pubblici e privati per la formazione e il lavoro sul territorio nazionale. In ogni caso la riforma degli interventi e degli strumenti di integrazione al reddito di tipo passivo va accompagnata da un disegno che renda le politiche attive più semplici, efficaci e convenienti, che passi quindi attraverso quella riforma dei servizi per l’impiego che può chiudere il cerchio di una prospettiva attesa da anni e che può finalmente riportare anche l’Italia nel novero delle nazioni con un evoluto sistema di welfare per il lavoro.

IL SISTEMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI IN ITALIA

Per cogliere la portata dell’intervento a cui l’Italia è chiamata è in ogni caso utile ricordare le caratteristiche del sistema su cui si interviene.

Gli ammortizzatori sociali per i disoccupati

  • NASpI | È la Nuova Prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego, introdotta dal decreto 22/2015 del Jobs Act. Si tratta dell’indennità di disoccupazione rivolta ai lavoratori subordinati.
  • Dis-Coll |Si tratta dell’indennità di disoccupazione rivolta ai lavoratori che erano assunti con contratti di collaborazione e hanno perso il posto di
  • Mobilità | È un’indennità dedicata ai lavoratori che sono stati licenziati, in attesa che vengano ricollocati. Può essere di due tipi: ordinaria o in deroga. La mobilità in deroga spetta ai lavoratori subordinati –  anche  apprendisti e somministrati – che non hanno diritto alla mobilità ordinaria e alla disoccupazione. È rivolta anche a quei lavoratori che hanno usufruito della mobilità ordinaria e per i quali, sulla base di accordi regionali, è prevista una proroga del trattamento.

Gli ammortizzatori sociali per chi ha un rapporto di lavoro

  • Cassa Integrazione Guadagni | Viene corrisposta ai lavoratori di imprese industriali medio-grandi e di grandi imprese commerciali che vengono temporaneamente sospesi dalla loro impresa o ai quali viene ridotto l’orario di lavoro (e quindi la retribuzione) per ragioni economiche. A seconda dell’impresa che ne fa uso e delle motivazioni, si divide in Cig ordinaria (Cigo) e Cig straordinaria (Cigs). L’importo è in ogni caso pari all’80% della retribuzione media dell’ultimo periodo lavorativo, mentre la durata varia a seconda dell’area (maggiore al Sud) e della tipologia (Cigo o Cigs).
  • Cassa Integrazione Guadagni in deroga| Estende temporaneamente la possibilità di ricorrere alla cassa integrazione a tutte le imprese del settore privato, senza limiti di settore e di dimensioni. Come l’indennità di mobilità in deroga, anche questa è gestita dalle Regioni ed essendo finanziata anche con risorse del Fondo Sociale Europeo richiede che i beneficiari partecipino ad attività formative.
  • Contratti di solidarietà | Questo strumento ha la funzione di ridurre l’orario di lavoro dei dipendenti in forza con lo scopo di evitare riduzione di personale o, al contrario, di incrementare l’organico.

sistema ammortizzatori sociali

 


*Romano Benini è professore straordinario di sociologia del welfare presso la Link Campus University e docente a contratto presso La Sapienza di Roma. Svolge attività di consulenza sulle politiche del lavoro per diverse istituzioni pubbliche. È esperto della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, autore del format di Rai 3 “Il posto giusto” e di numerosi testi in materia economica e del lavoro.

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