Lo scenario Italiano delle retribuzioni secondo JobPricing

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retribuzione

L’Osservatorio JobPricing pubblica lo studio semestrale sullo stato dell’arte delle retribuzioni italiane nel settore privato (Dati al 31 Dicembre 2020).

Secondo OCSE la retribuzione media italiana è stata di 30.028€ nel 2019 ovvero minore di 12393€ rispetto a Germania (7° posizione) e di 9071€ rispetto a Francia (8° posizione). In presenza di una tassazione elevata, ma comunque comparabile a quella tedesca e francese (48,01% in Italia contro 46,67% della Francia e 49,35% della Germania) il reddito netto disponibile ne risulta fortemente penalizzato e così pure il potere di acquisto.

Secondo Global Wage Report dell’ILO, nel primo semestre 2020, per quanto concerne la perdita dovuta a ore lavorate, a fronte di una perdita media del -5,4 per cento, l’Italia si posiziona peggio della media con un -6,7 per cento. La stessa dinamica si osserva per quel che concerne la diminuzione percentuale di salario dovuta alla perdita di occupati (dove l’Italia registra un -7,6 a fronte di un valore medio di -6,3 per cento).

Retribuzione, uno scenario stagnante

Nel 2020 l’Osservatorio JobPricing rileva che in Italia la retribuzione annua media lorda è stata pari a 29.222 (nel 2019 era 29.235 €). Nell’ultimo anno s’invertono i trend per dirigenti (-1.2 dal 2015 al 2020 e +1.7 tra 20219 e 2020) e operai (+2.9 dal 2015 al 2020 e -0.6 dal 2029 al 2020)

Secondo OCSE la stagnazione dei salari si spiega con un sostanziale appiattimento della produttività nel nostro Paese: fatto 100 l’indice del 2010, dopo nove anni l’Unione nel suo complesso si attesta ad un valore di 109, mentre l’Italia si ferma a 102.

L’effetto combinato di una RAL media congelata e di variabili in calo ha impattato complessivamente in modo negativo sulla retribuzione globale annua (RGA) che è calata in media del -2,3 per cento (Dirigenti +0,6%; Quadri -0,6%; Impiegati -1.7%; Operai -3.2%). I percettori di quote variabili diminuiscono sensibilmente (Dirigenti -5%; Quadri -6,7%; Impiegati -19,5%; Operai -31,4%). Le retribuzioni variabili calano (Dirigenti -2,5%; Quadri -6,9%; Impiegati -24%; Operai -44%).

Differenze percettibili tra nord e sud

Tra il 2019 e il 2020 l’inflazione è diminuita dello -0,2% compensando in parte una diminuzione delle retribuzioni globali annue pari al -2,3%. La situazione peggiora se si considera il trend negli ultimi 5 anni dove l’inflazione è cresciuta del 2,7% mentre le retribuzioni globali sono cresciute solo dell’1%

Un dirigente guadagna in media 4 volte un operaio, mentre la retribuzione di un CEO (nono decile) può arrivare a 9,7 volte quella di un operaio (primo decile).

Rispetto alla RAL media nazionale al nord si guadagna in media il 3,4% in più, al centro lo 0,1% in più e al Sud e e nelle isole il 9,3% in meno. La classifica si inverte se si guarda ai trend: negli ultimi 5 anni sono incrementati del 4,3% per sud e isole, del 2,9% per il centro e solo dell’1% per il nord. La dinamica retributiva favorevole al sud e al centro, rispetto al nord, deriva soprattutto dall’andamento degli stipendi di operai e quadri.

La regione dove si guadagna di più è la Lombardia (31.392€) seguita dal Trentino Alto-Adige e dal Lazio. Le ultime posizioni del ranking sono occupate da Basilicata, Calabria e Sicilia (tutte inferiori a 26.000€). I trend migliori 2019-2020 appartengono al Friuli Venezia Giulia (+2,1%) Abruzzo (+1,4%) e Liguria (+1,4%). Quelli peggiori a Puglia (-1,1%), Lazio (-0,9%) ed Emilia Romagna (-0,9%).

Numeri che parlano

Il numero di percettori di welfare scende dal 43% del 2019 al 35% nel 2020 (84% dei dirigenti; 79% dei quadri; 72% degli impiegati; 51% degli impiegati e 25% degli operai) ma il valore medio sale da 757€ del 2019 a 836 € nel 2020.

Con una retribuzione media di 42.773€ i sevizi finanziari primeggiano per retribuzione e trend (+2.2% 2019-2020 e +8,1% 2015-2020). All’ultimo posto in classifica si trova l’agricoltura con una RAL media di 24.038 € e un trend negativo (-2.7% 2019-2020 e -3% 2015-2020).

Nel complesso il trend 2015-2020 ha visto crescere la maggior parte dei settori (23 su 35): le tre industry con crescite maggiori sono state Horeca (+9,8%), Banche e servizi finanziari (7,3%) quelle con il trend più negativo sono state Farmaceutica e biotecnologie (-3,8%), Navale (-4.7%). Se guardiamo al settore Horeca, però si tratta di un trend di crescita illusorio, in gran parte determinato dall’uscita dal mercato di molte persone con basse qualifiche e quindi basse retribuzioni. E’ indispensabile ricordare che, in un anno come il 2020, le ore di cassa integrazione siano un fattore fondamentale per interpretare correttamente gli andamenti salariali. In particolare, risulta abbastanza evidente come, in generale, nei settori dove la crisi è stata più sentita e il ricorso all’integrazione salariale più massiccio (ad esempio il commercio al dettaglio e la ristorazione), si sono avuti andamenti delle retribuzioni più negativi, mentre laddove il settore ha ricorso meno a tali strumenti (come nell’alimentare) il trend salariale è stato decisamente migliore.

Si passa dai 25.874 € percepiti mediamente da dipendenti di aziende micro (con meno di 10 dipendenti) ai 36.815 € medi rilevati in aziende con oltre 1.000 dipendenti. I gap fra le diverse dimensioni aziendali diminuiscono con l’aumentare della dimensione (+12% da micro a piccola; +11% da piccola a grande; +8,5% da medio a medio-grande; + 5.5% da medio-grande a grande). Capovolto il discorso se prendiamo in considerazione i trend tra il 2015 e il 2020 dove sono le micro imprese a registrare il valore più alto (+2,8%). Seguono le piccole (+1,7%), le medio-grandi (+0,2%), le grandi (-0,1%) e le medie (-0,8%).

Istruzione e Gender Gap: dove siamo rimasti?

In base ai dati Eurostat l’Italia si posiziona al 17 posto su 24 stati in Europa. Dai nostri dati emerge che gli uomini guadagnano in media 3.000 € lordi in più rispetto alle donne (+11,4%) ed è come se quest’ultime lavorassero 12 mesi all’anno, ma se ne vedessero retribuire solo meno di 11 cominciando a percepire la retribuzione solo dal 7 febbraio in poi. La discriminazione è più forte nelle qualifiche contrattuali inferiori (13,3% per gli operai, 11,4% per gli impiegati, 4.5 % per i quadri, 7,6% per i dirigenti). Inoltre, la pandemia ha colpito duramente soprattutto le donne. Dei 444mila posti di lavoro persi tra dicembre 2019 e dicembre 2020, 312mila era occupato da donne, soprattutto con basse qualifiche e retribuzioni. La crescita del gap salariale nel 2020 è da ascrivere per gran parte alla crescita del gap fra gli operai.

Il differenziale fra chi ha fino a 24 anni e chi ne ha 55 si riduce da 46% al 43,7 % rispetto al 2019. Negli ultimi 5 anni il GAP generazionale è diminuito grazie a una crescita delle retribuzioni in ingresso (+10.4%) contrapposta a una situazione stagnante che caratterizza tutte le altre fasce di età.

La RAL media dei laureati è in media 39.881€, mentre quella dei non laureati è 27.566€ (GAP 45%). La motivazione è da ricondursi principalmente al fatto che il titolo di studio consente di accedere a percorsi di carriera migliori e quindi a stipendi più alti: un laureato su 4 è almeno Quadro o Dirigente, mentre solo 3 non laureati su 100 accedono a tali qualifiche. Le lauree triennali, tuttavia, non garantiscono prospettive migliori del diploma di scuola professionale, infatti questi ultimi guadagnano l’1% in più. Per godere del “salto” retributivo occorre quindi raggiungere almeno la laurea magistrale. La formazione terziaria o superiore mostra tenuta anche durante la pandemia: gli occupati in possesso di una laurea o di un titolo superiore hanno visto una crescita dell’1,1%, a fronte di un calo complessivo del 2% degli occupati.

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