L’impatto climatico di un’azienda conta, molto, quando serve attrarre e trattenere giovani talenti.
Lo conferma la seconda parte dell’Indagine BEI (Banca europea per gli investimenti) sul clima per il 2022-2023. I risultati si concentrano soprattutto sui comportamenti individuali e sulle azioni che adottano per contrastare i cambiamenti climatici. In seguito le principali evidenze che riguardano i cittadini italiani.
Comportamenti e norme
La guerra in Ucraina e le sue conseguenze hanno accresciuto le preoccupazioni delle persone riguardo al calo del potere d’acquisto. In Italia, tuttavia, i cambiamenti climatici restano una delle maggiori sfide che il paese deve affrontare. Il 56% degli italiani colloca infatti il degrado climatico o ambientale tra le tre principali sfide nazionali. Oltre tre quarti (80%) sono convinti che il proprio comportamento possa fare la differenza nell’affrontare l’impatto climatico. Una percentuale di 8 punti superiore alla media UE.
Molti ritengono anche che il governo abbia un ruolo quando si tratta di spingere i singoli a modificare il comportamento. Tre quarti degli italiani (76%) sono favorevoli a misure governative più stringenti, che impongano un comportamento diverso delle persone di fronte ai cambiamenti climatici. L’82% degli intervistati sotto i 30 anni sarebbe favorevole a questo tipo di misure.
Impatto climatico e scelta di un nuovo lavoro
Con l’entrata di nuovi soggetti nel mercato del lavoro ogni anno, le considerazioni sulle questioni climatiche diventano sempre più diffuse. La maggior parte della popolazione, il 75%, ritiene importante che un potenziale datore consideri la sostenibilità un aspetto prioritario. Si passa addirittura all’81% quando si intervistano le generazioni di ventenni. Per il 25% dei candidati, la sostenibilità è una priorità assoluta. Questa maggioranza è generalizzata e abbraccia tutti i vari orientamenti politici e livelli di reddito.
Quasi due terzi degli italiani intervistati (64%) vedono di buon grado la creazione di un sistema di bilancio del carbonio che destinerebbe un numero fisso di crediti annuali da spendere nei prodotti con una pesante impronta (beni che non sono di prima necessità, voli aerei, carne, ecc.). Lo stesso parere è condiviso anche dalla maggioranza degli intervistati francesi e tedeschi (rispettivamente il 57% e 56%). Questa misura raccoglie il consenso della maggior parte degli italiani, indipendentemente dal livello di reddito. Il 70% dei redditi più bassi, il 63% della classe media e oltre il 63% nelle fasce di reddito più elevato.
Etichette dei prodotti alimentari
La produzione alimentare contribuisce con una quota significativa alle emissioni di gas a effetto serra. Per aiutare le persone a fare scelte più sostenibili, l’85% degli italiani è favorevole all’etichettatura generalizzata dei prodotti per una chiara individuazione del relativo impatto climatico. Inoltre, il 64% degli italiani afferma di essere disposto a pagare di più per gli alimentari prodotti localmente e in modo più sostenibile. La disponibilità accomuna le varie fasce di reddito: dal 62% dei soggetti con reddito inferiore al 68% di quelli a reddito più elevato.
“I risultati dell’Indagine della BEI sul clima mostrano che gli italiani sono più che disposti a contribuire individualmente alla lotta contro i cambiamenti climatici – commenta la vicepresidente della BEI Gelsomina Vigliotti -. Come banca per il clima dell’Ue, apprezziamo molto questo impegno. È nostro compito consentire alle persone di agire individualmente per ridurre le emissioni di CO2 e incoraggiare una vita quotidiana più sostenibile. Lo facciamo finanziando servizi green come trasporti sostenibili, energie rinnovabili ed edifici efficienti. E anche promuovendo gli investimenti verdi delle pmi”.