I 5 trend delle aziende empatiche

Le aziende empatiche, connesse e sostenibili detengono la chiave del successo in un mercato del lavoro contratto: i risultati della ricerca Global Talent Trends 2022 di Mercer

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Aziende empatiche: i 5 trend secondo Mercer

Come essere aziende empatiche? Cosa significa offrire un ambiente aperto e disponibile all’ascolto? 

La ricerca Global Talent Trends 2022 di Mercer, intitolata “The Rise of the Relatable Organization”, prova a rispondere con alcuni dati interessanti. Secondo l’indagine, che ha raccolto le opinioni di quasi 11mila dirigenti HR e dipendenti, quattro top manager su cinque ritengono che mai come ora le persone e i piani aziendali siano interconnessi. Interagire con gli stakeholder, utilizzare i dati per scoprire modelli e orientare le azioni, esprimere il proprio punto di vista su tematiche che contano aiuterà i dipendenti a decidere con quale azienda collaborare.

Essere aziende empatiche in 5 mosse

Da questo cambiamento di valori e prospettive, nascono i 5 trend della “retention” del 2022.

1 | Ridefinire le priorità

Per non perdere rilevanza, le aziende devono adattarsi ai nuovi valori espressi da clienti, dipendenti e investitori. Devono quindi ridefinire le priorità e impostare un nuovo modello operativo del lavoro adattabile. Dopo la sicurezza del posto di lavoro, il brand e la reputazione aziendale sono ora il secondo motivo per cui le persone hanno scelto l’azienda nella quale lavorano attualmente. Inoltre, i dipendenti vogliono lavorare per una società che rispecchi i loro valori personali. Il 96% si aspetta che il proprio datore di lavoro persegua un obiettivo di sostenibilità. Mettendo sullo stesso piano il perseguimento della performance finanziaria e la realizzazione di tematiche sociali, di diversità/parità e l’impatto ambientale.

La necessità di avere un approccio più sfumato e personalizzato nel rispondere a questo nuovo sentire richiede nuove competenze di ascolto, apprendimento e adattamento da parte del datore di lavoro. Per poter individuare, affrontare e soddisfare i nuovi fabbisogni. Tuttavia, solo il 55% dei dipendenti afferma che la propria azienda risponde a tutte le loro esigenze.

2 | Lavorare in partnership

Lo studio dimostra che le persone non vogliono più lavorare per un’azienda: vogliono lavorare con un’azienda. Quasi tutti i top manager (96%) affermano di trovarsi in un mercato del lavoro incentrato sui bisogni del lavoratore. Il 70% dei responsabili HR prevede invece un turnover più elevato quest’anno (72% in Italia), in particolare per quanto riguarda i giovani e chi lavora nel digitale. Lavorare in partnership significa rivalutare la relazione tra dipendente e azienda. La stragrande maggioranza dei responsabili HR (90%) pensa che ci si dovrà dare da fare per costruire una cultura della fiducia nella propria azienda. In particolare in considerazione del fatto che molti pensano di passare a un modello di lavoro ibrido.

Più della metà dei dipendenti (62%) deciderebbe di lavorare in una società solo se consentisse di lavorare da remoto o in modalità ibrida. Il 74% ritiene che la propria azienda avrebbe più successo con il lavoro da remoto e/o ibrido. Di converso, la maggior parte dei top manager (72%) è preoccupata dell’impatto dello smart working. Con un 75% che afferma di basarsi oggi su una cultura dell’apprendimento reciproco tra dipendenti che condividono uno stesso spazio. Il lavoro flessibile rimane una strategia privilegiata per il top management: sei dirigenti apicali su dieci a livello globale ritengono che i gig worker sostituiranno sostanzialmente i lavoratori a tempo pieno nella loro azienda entro i prossimi tre anni. Tuttavia, poiché meno di sei lavoratori a tempo pieno su dieci sono pronti a passare a contratti di lavoro diversi dal tempo pieno, è necessario fare di più per rendere queste altre opzioni più interessanti, fruibili e sicure per i dipendenti.

3 | Perseguire il benessere complessivo

Per garantire la sostenibilità delle persone è fondamentale spostare l’attenzione dalla riduzione della spesa per la salute all’ottimizzazione degli investimenti per permettere alle persone di mantenersi in buona salute e attive. Ben l’81% dei dipendenti teme di trovarsi a vivere una condizione di burnout quest’anno (in crescita rispetto a un già preoccupante 63% nel 2020). Il benessere dei dipendenti è percepito dai top manager come un’iniziativa legata alle risorse umane, che genererà il secondo ROI più importante per l’azienda nei prossimi due anni (dopo il reskilling).

Le aziende ora si impegnano di più per assicurare anche il benessere mentale dei propri dipendenti. Più di un terzo delle aziende (36%) quest’anno ha introdotto una strategia per occuparsi del benessere mentale o emotivo del personale. In tutte le fasce d’età, le preoccupazioni finanziarie sono aumentate con circa la metà dei dipendenti (51%) che dichiara di nutrire incertezze sul proprio futuro finanziario.

4 | Promuovere l’occupabilità

La pandemia ha accelerato la corsa delle aziende al reskilling delle competenze. Anche se in molti casi le iniziative messe in campo si sono rivelate divergenti rispetto alla strategia aziendale futura. Ripensare i progetti per potenziare le competenze e soddisfare le esigenze attuali e future dei talenti ne promuoverà l’impiegabilità attuale e futura. Quasi tutti i dipendenti (91%) hanno affermato di avere acquisito di recente una nuova competenza. Sebbene un sorprendente 98% dei datori di lavoro lamenti preoccupanti gap di competenze in azienda. Essere trasparenti su quali competenze sono più necessarie in azienda può aiutare i dipendenti a coltivare il proprio ruolo.

La principale preoccupazione delle HR in materia di reskilling è che un talento al quale è stato offerto un percorso di reskilling/upskilling lasci l’azienda. Questo rischio può essere evitato offrendo ai dipendenti più opportunità per mettere in pratica le nuove competenze acquisite. Circa il 90% delle società ha già o prevede di instaurare un marketplace interno su piattaforma digitale per agevolare la mobilità interna dei talenti. Nel 2019, il 25% dei dipendenti aveva dichiarato che intendeva smettere completamente di lavorare al raggiungimento dell’età della pensione. Quest’anno la percentuale è scesa al 16%. A questo riguardo, il 39% delle aziende consente ai dipendenti di adeguare le prestazioni pensionistiche alla propria situazione personale. Il 38% offre in maniera proattiva ai lavoratori prossimi alla pensione diverse alternative.

5 | Aziende empatiche: dare impulso all’energia collettiva

La pandemia ha accelerato l’adozione di nuove tecnologie, business model e forme più attuali di lavoro. Vivere questi cambiamenti così radicali in così poco tempo e in più con lo stress causato dagli eventi che li hanno scatenati ha messo tutti a dura prova. La percentuale di dipendenti che riferisce di sentirsi pieno di energia è scesa drasticamente, passando dal 74% nel 2019 al 63% quest’anno. Allo stesso tempo però, i dipendenti sono più ottimisti su ciò che riserva loro il futuro. Alla domanda su come descriverebbero il futuro del lavoro, la risposta prevalente (51%) è che prevedono che sarà più equilibrato. Con più tempo per la famiglia, gli hobby, la salute e la formazione.

Quasi tutte le società (97%) prevedono una trasformazione a livello aziendale quest’anno. Ma la mancanza di energia dei dipendenti è citata sia dagli executive che dagli HR e i lavoratori intervistati come la principale barriera per realizzare la trasformazione. Con il mondo in piena trasformazione, sarà fondamentale ripensare l’esperienza del dipendente prestando attenzione all’energia. 

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