di Monica Spinazzola |
L’Italia affronta una sfida che intreccia economia, demografia e società e che riguarda da un lato la crescente difficoltà delle imprese nel reperire figure adeguate, dall’altro l’accoglienza di stranieri in cerca di un futuro dignitoso.
In questo scenario, la formazione può rivelarsi punto di incontro tra due esigenze complementari: colmare lo storico disallineamento tra domanda e offerta di lavoro e favorire l’integrazione di chi approda nel nostro Paese. Il Decreto Legge n. 20/2023, firmato simbolicamente a Cutro dopo la tragedia consumata in mare il 26 febbraio dello stesso anno, introduce una cornice normativa orientata a regolare in modo più strutturato i flussi migratori.
Rafforzando i controlli contro l’immigrazione irregolare e ampliando, contestualmente, gli ingressi per motivi di lavoro. Un passaggio rilevante del provvedimento riguarda la possibilità di programmare percorsi formativi nei Paesi di origine, così da conciliare l’arrivo di persone adeguatamente preparate con i fabbisogni occupazionali delle imprese.
Il contesto: crisi demografica e squilibri occupazionali
L’Italia vive un tempo segnato da transizioni profonde: digitale, ecologica, ma soprattutto demografica. La bassa natalità e l’invecchiamento della popolazione costituiscono da anni un freno alla crescita economica. Parallelamente, il mercato del lavoro soffre di un problema strutturale: la distanza tra le competenze offerte dai lavoratori e quelle richieste dalle imprese.
Secondo l’ultimo Bollettino Excelsior, realizzato da Unioncamere di concerto con il Ministero del Lavoro, pubblicato all’inizio di settembre, questa difficoltà si traduce in percentuali elevate di irreperibilità dei profili professionali. Le industrie metallurgiche e metallifere registrano il dato più alto, con il 67% delle figure ricercate considerate di difficile reperimento. Seguite dalle costruzioni (63,5%) e dal tessile, abbigliamento e calzature (56,4%).
Entrando nel dettaglio, risultano particolarmente scarsi gli operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (79,8%), i fonditori, saldatori e montatori di carpenteria metallica (74,5%) e i fabbri ferrai costruttori di utensili (73%). Anche profili come i meccanici, montatori e riparatori (66,5%), i tecnici della gestione dei processi produttivi (64,8%), i tecnici in campo ingegneristico (62,6%) e gli operatori della cura estetica (58,2%) rientrano tra le figure più difficili da trovare. Questa situazione porta le imprese italiane a guardare con sempre maggiore attenzione alla manodopera straniera.
Sempre secondo Excelsior, per il solo mese di settembre sono stati programmati circa 75mila ingressi di lavoratori stranieri, pari al 19,3% del totale dei contratti previsti. I settori che più ricorrono a personale immigrato sono l’agricoltura, silvicoltura, caccia e pesca (37% degli ingressi), i servizi operativi di supporto a imprese e persone (31,5%), i servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio (26,1%), il turismo (21,3%) e le industrie metallurgiche e dei prodotti in metallo (20,6%). Questi numeri confermano come l’immigrazione regolare, se adeguatamente sostenuta da percorsi di formazione, rappresenti non solo una necessità per le imprese, ma anche un’opportunità per colmare i vuoti occupazionali e garantire inclusione sociale.
Dal Decreto Cutro un approccio innovativo
Il Decreto Cutro ha introdotto un principio di fondo: connettere politiche migratorie e formazione. La previsione di canali di ingresso per cittadini di Paesi terzi valorizzati dalla realizzazione di percorsi formativi mirati, apre la strada a un modello che punta a trasformare il fenomeno migratorio in un’opportunità di integrazione attiva e di sviluppo economico. Un’impostazione che mira a coniugare legalità e inclusione, ponendo le basi per un’integrazione regolare e qualificata nel mercato del lavoro italiano. La formazione diventa così lo strumento per garantire, da un lato, la sicurezza sociale e la dignità della persona. Dall’altro, la disponibilità di competenze adeguate alle esigenze delle imprese.
Il valore della formazione nei Paesi di origine
Un aspetto rilevante è la possibilità di programmare percorsi formativi direttamente nei Paesi di origine, o di transito, dei cittadini stranieri. Questo modello genera un triplice vantaggio: da un lato le imprese italiane possono contare su lavoratori già preparati secondo i propri fabbisogni professionali. Dall’altro, i cittadini stranieri possono accedere a un percorso che non solo apre le porte al lavoro, ma facilita l’inclusione sociale e linguistica nel nuovo contesto.
A ciò si aggiunge un ulteriore elemento di valore. I tecnici e i professionisti italiani coinvolti nella realizzazione dei programmi formativi all’estero hanno la possibilità di arricchire il proprio patrimonio di competenze, sperimentando nuove forme di collaborazione e di integrazione. Si tratta di un’esperienza che, oltre a trasferire conoscenze, genera uno scambio bidirezionale, capace di rafforzare la qualità dei percorsi e di creare un terreno comune di crescita. In questo senso, la formazione diventa non solo un ponte per i lavoratori stranieri verso l’Italia, ma anche un’occasione di acculturamento reciproco. Ponendo le basi per una convivenza più equilibrata e sostenibile.
L’azione di Fondo Conoscenza
In questo quadro, Fondo Conoscenza ha scelto di assumere un ruolo e introdurre, di conseguenza, una novità significativa nella propria programmazione. Difatti, l’Avviso 1/2025 di Conto Sistema consente ora di coinvolgere nei piani formativi, accanto ai lavoratori già destinatari, anche cittadini stranieri residenti in Paesi terzi, apolidi e rifugiati.
L’obiettivo è rispondere ai fabbisogni occupazionali delle imprese aderenti, con una logica che unisce etica e pragmatismo, finanziando interventi formativi mirati. Capaci di definire un modello di inserimento qualificato e sostenibile dei lavoratori stranieri nel tessuto produttivo e sociale del nostro Paese. In questo senso, ogni piano formativo diventa un tassello di un progetto più ampio, che parla di responsabilità condivisa, legalità e inclusione attiva. Elemento distintivo dell’approccio di Fondo Conoscenza è la clausola di occupazione. L’erogazione del contributo è subordinata all’assunzione, entro 30 giorni dal termine della formazione, di almeno il 50% dei partecipanti alle attività formative.
Formazione e sicurezza pubblica
La sicurezza pubblica è un altro aspetto centrale nel dibattito sull’immigrazione. Percorsi formativi ben strutturati e condivisi con il territorio possono favorire un’integrazione solida e concreta, riducendo il rischio di sfruttamento, marginalità e criminalità. Ancor di più, quando tali percorsi vengono predisposti già prima dell’arrivo in Italia, consentendo di orientare i cittadini stranieri verso traiettorie di inclusione definite. Limitando così il pericolo che persone in condizioni di vulnerabilità possano essere intercettate o reclutate dalle organizzazioni criminali.
Particolare attenzione va poi ai minori stranieri non accompagnati che rappresentano l’anello più fragile del processo migratorio. Per loro, la formazione può certamente costituire non solo un percorso di apprendimento, ma soprattutto un presidio di tutela e sicurezza sociale. Per raggiungere questo obiettivo è necessaria una rete territoriale coordinata, che coinvolga servizi sociali, sindacati, enti locali e forze dell’ordine. Un ruolo decisivo spetta inoltre alla formazione degli operatori di polizia, che deve essere continua e differenziata per contesto territoriale. La sicurezza non si costruisce con misure emergenziali, ma con formazione, inclusione e cooperazione istituzionale.
* Monica Spinazzola è responsabile Comunicazione di Fondo Conoscenza.















