Il titolo di studio della madre è un importante fattore protettivo che tutela i figli dal rischio di incorrere nella condizione di Neet in Emilia-Romagna: ecco i dati del report di Fondazione Gi Group.
Dati alla mano, nelle famiglie dell’Emilia-Romagna la quota di Neet (giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi formativi) nella fascia 15-34 anni è del 29,2% quando la madre ha la licenza elementare. Scende al 14% quando ha la licenza media, per poi diminuire ancora al 6,9% con il diploma. E raggiungere il 4,3% se la madre è laureata o ha un titolo post-universitario.
È quanto emerge dallo studio “Neet, giovani non invisibili: sfide e risposte per attivare le risorse del futuro”. Il primo rapporto del progetto Dedalo – Laboratorio permanente sul fenomeno Neet, è realizzato da Fondazione Gi Group in partnership con l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo. E in collaborazione con il programma ZeroNeet di Fondazione Cariplo e Fondazione Compagnia di San Paolo.
“Il titolo di studio della madre ha una funzione protettiva rispetto alla condizione di Neet perché contribuisce a ridurre il peso delle norme sociali che attribuiscono alle donne il principale carico di cura e lavoro domestico. Crescere in una famiglia in cui la madre ha almeno il diploma significa disporre non solo di maggiori risorse economiche, ma anche di competenze culturali e reti di orientamento che aiutano i figli a compiere con più consapevolezza la transizione dalla scuola al mercato del lavoro”, spiega Chiara Violini, presidente di Fondazione Gi Group.
Dati sui Neet in Emilia-Romagna
Lo studio approfondisce la condizione regionale dei Neet. Ampliando la fascia d’età della popolazione oggetto d’indagine da 15-29 anni a 15-34 anni, per cogliere in profondità la vulnerabilità delle nuove generazioni. In particolare, circa un giovane su dieci (10,7%) tra i 15 e i 34 anni non studia, non lavora e non è inserito in programmi formativi.
Questa condizione riguarda soprattutto la componente femminile, dove la quota raggiunge il 14,8%, rispetto ai maschi. Tra i quali si registra un valore del 6,9%. Ulteriore dato di rilievo emerge sotto il profilo anagrafico. L’incidenza dei Neet in Emilia-Romagna cresce con l’età, passando dal 4,4% nella fascia 15-19 anni, al 10,3% tra i 20-24enni, al 13,8% nella fascia 25-29 così come tra i 30-34enni.
Come intervenire per limitare il fenomeno
Dall’analisi di Fondazione Gi Group emergono cinque priorità per sostenere i giovani nel percorso verso il lavoro e la realizzazione personale:
- rafforzare il sistema duale scuola-lavoro;
- potenziare l’orientamento sin dalla prima infanzia e introdurre misure di sostegno economico per chi proviene da contesti svantaggiati;
- valorizzare istruzione terziaria e apprendimento permanente;
- attivare percorsi multistakeholder di reinserimento e riattivazione dei giovani;
- dotarsi di strumenti di monitoraggio continuo.
Infatti, l’uso dei dati permette di analizzare in modo più preciso l’evoluzione del fenomeno Neet in Emilia-Romagna e non solo. E di seguire il percorso individuale di studio e lavoro delle persone durante la loro intera vita limitando la dispersione.
Il progetto Dedalo
Il progetto Dedalo si pone come punto di riferimento per istituzioni, scuole, università, aziende, terzo settore e famiglie. Attraverso un portale interattivo dedicato, mette a disposizione un patrimonio informativo unico costituito da database nazionali e regionali sui Neet. Con analisi e interpretazioni dei dati e una raccolta di buone pratiche per affrontare il fenomeno in modo sistemico in Italia.















