di Laura Reggiani |
Il mondo del lavoro non è mai stato immobile, ma raramente ha vissuto un cambiamento così profondo e rapido come quello che sta imponendo oggi la Generazione Z.
Entro il 2030 i giovani nati tra il 1997 e il 2012 rappresenteranno circa il 30% della forza lavoro globale. Un dato che, di per sé, basterebbe a giustificare la crescente attenzione verso le loro aspettative. Ma il punto è un altro: non si tratta semplicemente di una nuova fascia d’età pronta a entrare negli uffici e nelle fabbriche, bensì di una generazione che sta riscrivendo le regole stesse del rapporto tra individuo e lavoro.
Il cambiamento, a ben vedere, era già in atto con i Millennials. Ma oggi ha raggiunto una dimensione più netta e radicale. La Gen Z non considera più il lavoro soltanto come una fonte di reddito o come un passaggio obbligato della vita adulta. Lo vede come un tassello identitario, un’esperienza che deve riflettere i propri valori e contribuire al proprio benessere complessivo.
Lo conferma un recente report di Checkr. Oltre la metà dei lavoratori Gen Z (52%) e quasi la metà dei Millennials (46%) sarebbero disposti a rinunciare a una parte dello stipendio pur di lavorare in un’azienda che condivida i loro stessi principi. Un dato che parla chiaro: per i più giovani il lavoro non è soltanto “fare carriera”, ma costruire coerenza tra sé e il contesto in cui si opera.
Un welfare che diventa identità
In questo scenario, il welfare aziendale non è più percepito come un costo accessorio o una forma di benefit da sommare al pacchetto retributivo. Si trasforma in un elemento strategico, un vero e proprio fattore identitario che definisce la cultura di un’impresa. Le aziende che lo hanno compreso stanno cambiando passo, investendo in programmi personalizzati che migliorano la qualità della vita dei dipendenti e al tempo stesso rafforzano la propria competitività.
Un riscontro significativo è quello di Eudaimon, società italiana tra le più attive nel campo del welfare aziendale e, dal 2023, parte del Gruppo Epassi, leader europeo nelle soluzioni digitali per gli employee benefit. Fondata con l’obiettivo di umanizzare il rapporto tra impresa e lavoratore, oggi progetta sistemi di ascolto e supporto capaci di intercettare i bisogni reali delle persone.
“Non si tratta più di servizi collaterali”, spiega l’amministratore delegato Alberto Perfumo, “ma di una nuova cultura del lavoro. Le persone chiedono alle aziende di occuparsi della loro esperienza complessiva, non solo come dipendenti, ma come individui. Chi saprà rispondere a questa richiesta costruirà legami più forti, attrarrà talenti motivati e potrà contare su organizzazioni più resilienti”. Parole che sintetizzano bene la trasformazione in corso. Welfare, infatti, significa riconoscere il valore del tempo, della salute fisica e mentale, del senso di appartenenza. In una parola: del benessere complessivo.
I valori come bussola della Generazione Z
Per la Gen Z, avere un lavoro coerente con i propri valori non è un “extra”, ma una condizione imprescindibile. È ciò che consente di sentirsi parte di un progetto, di attribuire un significato autentico al tempo speso in ufficio o davanti a uno schermo. Una survey citata da Forbes sottolinea che i giovani vogliono garanzie precise: il lavoro deve avere uno scopo chiaro e, sin dal primo giorno, devono sentirsi integrati nella cultura aziendale. Non solo. Esigono trasparenza e chiarezza su retribuzioni, benefit, criteri di valutazione, strategie e processi decisionali. Non accettano gerarchie opache né leadership calate dall’alto: pretendono dialogo, spiegazioni e coerenza.
Non sorprende allora che stia emergendo con forza la richiesta di figure nuove all’interno delle imprese. Sempre più lavoratori vorrebbero avere a disposizione un consulente welfare, capace di illustrare i servizi disponibili e di indirizzare ciascuno verso le soluzioni più adatte. Lo rileva l’8° Rapporto Eudaimon-Censis: il 42,5% dei dipendenti, quasi uno su due, dichiara di desiderare un esperto in grado di offrire consigli affidabili in materia di welfare. Una figura che, oltre a rispondere a un bisogno concreto, diventerebbe anche un ponte di fiducia tra azienda e lavoratore.
Soluzioni innovative e nuove priorità
La rivoluzione in corso si riflette anche negli strumenti che stanno guadagnando popolarità. Oggi non bastano più le convenzioni tradizionali: i giovani guardano a soluzioni mirate e flessibili, spesso lontane dai modelli standard. Tra queste, il rimborso dei prestiti universitari, i programmi di educazione finanziaria tramite app, le coperture sanitarie personalizzabili, il supporto psicologico digitale. Strumenti che fino a pochi anni fa sembravano marginali stanno diventando determinanti nella scelta di un nuovo impiego.
“Il futuro del lavoro passa da una cultura professionale più umana, in cui il benessere non è un plus, ma un diritto”, prosegue Perfumo. “Per i giovani il lavoro non è più una questione esclusivamente economica, ma riguarda la qualità complessiva dell’esperienza. Flessibilità, supporto alla persona, programmi per l’equilibrio psicofisico: sono elementi ormai imprescindibili. Le aziende che sapranno cogliere questa sfida non solo attireranno i talenti di domani, ma costruiranno comunità professionali coese, fondate su obiettivi condivisi, rispetto e fiducia”.
Una sfida per le imprese
La rivoluzione della Generazione Z non riguarda solo i lavoratori, ma chi guida le organizzazioni. Le imprese sono chiamate a ripensare radicalmente i propri modelli di gestione, passando da un approccio centrato sulla prestazione a uno che valorizza la persona nella sua interezza. Questo significa investire in politiche di benessere, ma anche rivedere la comunicazione interna, promuovere una leadership trasparente e partecipativa, aprirsi a forme di flessibilità che fino a pochi anni fa sembravano impensabili. Il lavoro non è più, e forse non sarà mai più, quello di una volta.
La Generazione Z sta spingendo verso un nuovo patto tra impresa e dipendente, basato su valori condivisi, fiducia reciproca e cura della persona. Non è una rivoluzione silenziosa, ma una trasformazione profonda che ridisegnerà il futuro delle organizzazioni. Le aziende che sapranno comprenderlo avranno un vantaggio competitivo decisivo: non solo attireranno i migliori talenti, ma costruiranno ambienti di lavoro più sani, resilienti e pronti alle sfide del domani.















