Lo sport che dà lavoro

La riforma del lavoro sportivo, in vigore da due anni, disciplina i rapporti di lavoro in questo ambito, delineando la figura unitaria del lavoratore sportivo e regolamentando le prestazioni dei volontari, figure preziose in un settore che, complessivamente, realizza ricavi per 100 miliardi di euro all’anno

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La riforma del lavoro sportivo delinea la figura unitaria del lavoratore sportivo

di Giorgia Andrei |

Se contiamo i tesserati delle federazioni e degli enti sportivi, sono 15 milioni le persone che in Italia danno corpo al mondo dello sport.

Parliamo di un settore che complessivamente realizza ricavi per circa 100 miliardi di euro all’anno e che impiega circa 400mila persone. Fino al 2021, tuttavia, il lavoro in questo ambito non era regolamentato in maniera strutturata. La Riforma del lavoro sportivo (D.Lgs. 36/2021) ha introdotto una revisione organica dei rapporti di lavoro nel settore. Delineando la figura unitaria del “lavoratore sportivo”, professionista e dilettante, e regolamentando anche le prestazioni di lavoro dei tanti volontari che contribuiscono a mantenere in vita associazioni ed enti. Un approfondimento a parte meriterebbe poi il discorso sugli adempimenti in materia di salute e sicurezza a tutela dei lavoratori dello sport disciplinati dalla riforma. A questo si affianca anche una nuova attenzione sul tema dei minori occupati in attività sportive e sulla cultura della prevenzione.

Cosa dice la riforma del lavoro sportivo

La riforma del lavoro sportivo era attesa da anni. Avviata formalmente nel 2019, ripresa nel 2021 con il Governo Draghi ed entrata in vigore il 1° luglio 2023, disciplina il lavoro sportivo in modo organico e sistematico. Disponendo un nuovo corso per i profili contrattuali, contributivi, previdenziali e assistenziali, assicurativi e tributari e per la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Del tema si è parlato anche in occasione del Festival del Lavoro di Genova, all’interno del quale Sport e Salute, società in house del Ministero dell’Economia, che si occupa dello sviluppo dello sport, ha organizzato l’incontro “Lo sport come opportunità di lavoro”. A illustrare le possibilità occupazionali che il mondo dello sport offre Riccardo Meloni, direttore HR di Sport e Salute. Nel dettaglio della normativa è entrato Simone Valente, co-autore della riforma.

Lavoro sportivo professionistico

L’area del professionismo è composta dalle società che svolgono la propria attività sportiva con finalità lucrative in osservanza delle direttive e dei criteri stabiliti dal Coni e dal Cip. In armonia con l’ordinamento sportivo internazionale. Le società sportive professionistiche sono costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata e hanno l’obbligo di nominare un collegio sindacale.

Il rapporto di lavoro sportivo prestato come attività principale si presume di natura subordinata. E si costituisce mediante assunzione diretta, con un contratto stipulato in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive. Il contratto a cui fare riferimento è del tipo predisposto ogni tre anni dalla Federazione sportiva nazionale o dalla disciplina sportiva associata e dalle organizzazioni sindacali più rappresentative.

Lavoro sportivo autonomo

È previsto anche il lavoro sportivo autonomo, se ricorrono determinati requisiti:

  • l’attività è svolta nell’ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo;
  • lo sportivo non è contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione o allenamento;
  • la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese o trenta giorni ogni anno.

Nuovo corso per le società dilettantistiche

Fino al 2021, a detta dei promotori della nuova normativa, le regole dei rapporti di lavoro sportivo, disciplinate dalle leggi ordinarie sul lavoro, presentavano diverse criticità. In ambito dilettantistico, in particolare, si ricorreva generalmente ai compensi classificati come redditi diversi dal Tuir con molti rischi di contenzioso giudiziario. E, soprattutto, senza che gli sportivi dilettanti, percettori di questi compensi, avessero una tutela previdenziale e assicurativa. I redditi così classificati, infatti, non rientravano é tra i redditi di lavoro dipendente, né tra quelli di lavoro autonomo o d’impresa.

La disciplina in vigore dal 2023 ha quindi inciso in modo particolare sulle Associazioni Sportive Dilettantistiche. Oggi chiamate a rispettare una serie di vincoli non contemplati in precedenza. La riforma ha istituito, innanzitutto, il “Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche” presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Uno strumento che certifica l’effettiva natura sportiva dilettantistica delle attività degli enti sportivi iscritti.

Si è voluta poi dare una definizione del lavoro sportivo nell’area del dilettantismo. Come si legge in un documento pubblicato dal Ministero del Lavoro e dal Ministro per lo Sport e i Giovani nel 2024, è “un’attività lavorativa che può essere oggetto di un rapporto di lavoro subordinato o di un rapporto di lavoro autonomo, anche nella forma della collaborazione coordinata e continuativa”.

Per rientrare nella categoria di co.co.co. sportiva, le prestazioni “devono essere coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate e degli Enti di promozione sportiva, anche paralimpici. E, pur avendo un carattere continuativo, non devono superare le 24 ore settimanali, escludendo il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive”. Dal 1° luglio 2023, gli enti sportivi dilettantistici e gli organismi sportivi possono effettuare le comunicazioni obbligatorie relative solo ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche attraverso il Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche.

Le prestazioni dei volontari

Le Asd possono anche avvalersi delle prestazioni di volontari, che mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport. In modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro. Va detto che le prestazioni sportive di volontariato sono incompatibili con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo. E con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività sportiva.

Le Asd possono riconoscere ai volontari rimborsi forfettari per le spese sostenute per attività svolte anche nel proprio comune di residenza, nel limite complessivo di 400 euro mensili, in occasione di manifestazioni ed eventi sportivi riconosciuti. Purché i volontari stessi individuino, con proprie deliberazioni, le tipologie di spese e le attività per le quali è ammesso il rimborso.

Hanno anche l’obbligo di comunicare entro un certo termine (la fine del mese successivo al trimestre di svolgimento delle prestazioni) i nominativi dei volontari sportivi che ricevono i rimborsi forfettari e gli importi corrisposti attraverso il Registro. Gli importi erogati come rimborsi sono inclusi nel calcolo dei limiti ai fini del riconoscimento o meno dell’esonero dagli obblighi contributivi (soglia 5.000 euro) e in materia di imposte sui redditi (limite 15.000 euro).

Il dibattito sulla riforma

A due anni dall’entrata in vigore della normativa, chi opera nel mondo dello sport fa notare alcune criticità nel funzionamento del sistema che hanno complicato l’attività di gestione delle società. Un primo punto riguarda il Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche. Oggi non consente ancora l’elaborazione e la stampa né del libro unico del lavoro, né del prospetto paga. Pertanto, le società sono obbligate a predisporre un documento apposito per consegnare al collaboratore una sorta di cedolino. Non solo. Il Registro non consente di estrarre tutti i dati necessari per redigere le certificazioni uniche a fine anno.

Altri argomenti che destano perplessità sono: gestione dei rimborsi di spesa dei volontari, franchigie previste per i lavoratori autonomi, disciplina fiscale dei rapporti di collaborazione occasionale, cumulabilità tra pensioni e compensi sportivi. Non stupisce, quindi, che molte associazioni e società chiedano di intervenire per rivedere e semplificare le disposizione della norma. La quale, sebbene considerata necessaria dai più, non sembra per ora aver centrato l’obiettivo di mettere ordine e rendere efficiente un settore dalle grandi potenzialità occupazionali.

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