di Giorgia Andrei | Dal 2018 il Diversity Brand Index, nato dalla collaborazione tra Fondazione Diversity e la società di consulenza Focus Management, analizza il tema delle politiche DE&I aziendali in tutte le sue forme: genere, età e generazione, Lgbtq+, etnia, religione e credo, disabilità, status socioeconomico e aspetto fisico.
Uno strumento utile per analizzare il legame tra performance aziendali e politiche DE&I (Diversity, Equity & Inclusion) e un buon punto di partenza per parlare di diversità e inclusione. Termini che, entrati nel vocabolario del mondo del lavoro da qualche anno, per le imprese rappresentano un impegno etico dai risvolti concreti anche dal punto di vista dell’organizzazione e del business.
La survey ha coinvolto 1.005 rispondenti e riflette un mercato sempre più affollato di iniziative DEIA (Diversità, Equità, Inclusione e Accessibilità). Complessivamente, i risultati confermano l’impatto positivo delle pratiche inclusive in termini di reputazione e fiducia del mercato: sette persone su dieci preferiscono marche che promuovono l’inclusione. E i ricavi dei brand inclusivi crescono.
Brand, politiche DE&I e bilanci aziendali
I marchi percepiti come più inclusivi sono quelli più bravi a veicolare il messaggio sul mercato. Ma che cosa sta succedendo in termini di politiche di inclusione lavorativa? Una recente analisi di Mindwork rivela che l’81% delle imprese italiane prevede di proseguire o avviare gli investimenti D&I nel 2025. Confermando così di considerare l’inclusione un valore chiave per il successo aziendale.
Il 74% delle imprese dichiara di voler rafforzare l’integrazione delle politiche DE&I nella propria strategia aziendale, o di collegarle in modo più diretto alla performance. Inoltre, un’azienda su tre afferma che modificherà il modo in cui comunica internamente ed esternamente le proprie azioni in questo ambito. A influire su questa tendenza è probabilmente anche quanto avviene a livello normativo. Nel 2026 entrerà in vigore il Regolamento UE 2024/2462, che introduce criteri stringenti per la trasparenza salariale e la parità di trattamento, rafforzando il ruolo delle politiche D&I nelle strategie aziendali.
Attenzione alle tendenze Usa
Attenzione, però, al trend che sembra arrivare invece dagli Stati Uniti. Dove un’azienda su otto prevede entro la fine dell’anno tagli parziali o definitivi dei fondi previsti per le iniziative utili a promuovere diversità e inclusione. La tendenza, individuata dall’agenzia Espresso Communication, che ha condotto, per conto della società sportiva milanese Vero Volley, una ricerca sul tema, potrebbe arrivare anche in Europa?
In effetti, nel nostro continente, nel 2024 solo il 7% delle organizzazioni aveva comunque politiche DE&I, o almeno una strategia, ben definite. Mario Alessandra, AD di Mindwork, dice: “Le politiche statunitensi su diversità, equità e inclusione hanno certamente stimolato una riflessione da parte di molte aziende, anche se per adesso i dati non segnalano un’inversione di rotta. Con ogni probabilità si assisterà però nei prossimi mesi a un riposizionamento delle iniziative D&I. Orientato non necessariamente a una riduzione, ma a una maggiore connessione alle performance dell’azienda”. Insomma, diversità e inclusione sì, purché le risorse stanziate per questi ambiti non compromettano i bilanci.















