Ambienti di lavoro inclusivi: come va nelle aziende?

Quanto e come si sta lavorando in Italia per ottenere ambienti di lavoro inclusivi: la ricerca di LHH

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Quanto e come si sta lavorando in Italia per ottenere ambienti di lavoro inclusivi

LHH, società del Gruppo Adecco specializzata nello sviluppo di soluzioni HR, ha pubblicato in primavera i risultati di un’indagine condotta sui manager per capire quanto e come si stia lavorando per favorire ambienti di lavoro inclusivi.

Luca Semeraro, Country President di LHH, dice: “Il management e i C-level sono chiamati a giocare un ruolo cardine nel veicolare messaggi di inclusività affinché raggiungano tutti i livelli della gerarchia aziendale. Nello specifico, le figure apicali sono il canale preferenziale per trasferire best practice. Sono loro ad avere il margine necessario per veicolare approcci realmente innovativi e a far in modo che anche i sottoposti percepiscano le iniziative D&I messe in atto”.

Tra gli aspetti cruciali della ricerca:

  • oltre la metà delle aziende italiane (54%) non ha iniziative D&I;
  • tre consigli di amministrazione su quattro (76%) non vedono rappresentate le diversità;
  • un manager su 10 (15%) non è informato sul tema o non è interessato.

Più i manager ricoprono ruoli apicali e sono alla guida di team importanti, più sentono la responsabilità del tema.

Ambienti di lavoro inclusivi: cosa manca in Italia

In generale, nelle aziende italiane c’è la consapevolezza che un pool di tipologie di talenti variegato favorisca empatia (49%). E che le prospettive diverse stimolino nuove idee (54%) e l’inclusività tenda a evitare turnover di talenti (40%). Traducendosi inevitabilmente in maggiore efficienza (37%).

Passano, invece, in secondo piano alcuni aspetti che potrebbero fare davvero la differenza in ottica di ambienti di lavoro inclusivi. Tra questi, flessibilità oraria (18%), effettiva apertura a smart working e programmi “work from anywhere” (15%), flessibilità su congedi parentali e di assistenza familiare (10%), servizi supplementari come mensa o asilo nido (10%) e benefit-welfare non monetari (9%).

“Dare spazio all’onestà intellettuale e allenare l’intelligenza emotiva per assumere punti di vista variegati, consente al management di essere realmente integrato nella realtà degli individui, ancor prima che dei dipendenti. L’attuale scenario sta richiedendo sempre più apertura mentale e resilienza, dunque, non solo prospettive, ma anche impegno concreto per considerare primaria la centralità della persona”, aggiunge Semeraro.

Cosa fa l’Europa

Maggio è stato, per la quinta volta, il Mese Europeo della Diversità. Iniziativa che la Commissione Europea ha lanciato quest’anno con il motto “La diversità è un fatto. L’inclusione è una scelta”. Sono diverse le azioni che l’Unione Europea ha intrapreso per combattere le discriminazioni, di ogni tipo, nel mondo del lavoro.

La già citata Direttiva UE sulla trasparenza salariale (2023/970), che gli Stati membri devono recepire entro il 2026 e che impone obblighi alle imprese con più di 100 dipendenti, la Strategia per l’Uguaglianza 2020–2025, che ha dato impulso a nuove norme su parità di genere, orientamento sessuale, disabilità e multiculturalità, e il Piano d’azione sull’economia sociale del 2021, che riconosce il ruolo strategico delle imprese sociali nel creare occupazione inclusiva e sostenibile. Inoltre, l’integrazione della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità nelle politiche UE, attuata anche attraverso fondi strutturali per la formazione e l’accessibilità nei luoghi di lavoro.

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