di Chiara Armato* | Per affrontare con chiarezza tematiche articolate come quelle di accogliere la diversità e attuare l’inclusione nelle aziende è necessario partire dalle definizioni dei singoli termini.
Il termine diversità, secondo Treccani, è “L’esser diverso, non uguale né simile: d. d’aspetto, di colore; d. di opinioni, di gusti; d. biologica, […]”. Secondo la norma Iso 30415:2021, la diversità è l’insieme delle “caratteristiche di differenze e similarità tra le persone. Le dimensioni della diversità comprendono le caratteristiche demografiche e altre caratteristiche personali della forza lavoro, per esempio età, disabilità, sesso, orientamento sessuale, genere, identità di genere, razza, colore, nazionalità, origine etnica o nazionale, religione o credenza, nonché caratteristiche legate al contesto socioeconomico”.
Riconosciute le diversità di ciascuno, occorre avviare il percorso di inclusività: citando nuovamente la Iso 30415, l’inclusione è la sensibilità. E la pratica di includere tutti gli stakeholder nei contesti organizzativi, garantendo l’accettazione, l’accoglienza e dando la possibilità di esprimersi, al fine di sviluppare un senso di appartenenza.
Visione anticipata: Papa Leone XIII e le disparità naturali
Queste due tematiche furono già argomentate da Papa Leone XXIII nell’Enciclica Rerum Novarum del 1891. Il Santo Padre, nell’affrontare la questione del lavoro, dichiarava che “togliere dal mondo le disparità sociali, è cosa impossibile”. Il principio esposto dall’enciclica afferma che le disparità sociali sono inevitabili, poiché derivano dalle differenze naturali tra le persone in termini di capacità, ingegno e condizioni fisiche. Tentare di eliminarle risulta contrastante con la natura delle cose e inefficace.
Inoltre, questa varietà di condizioni è vantaggiosa per la società, perché favorisce la diversificazione dei ruoli e delle attività necessarie alla vita collettiva. A distanza di 130 anni, la fotografia della situazione attuale rappresenta un enorme divario tra l’evoluzione tecnologica che ha vissuto l’umanità rispetto alla lentissima e incompleta maturazione sociale che era già stata anticipata e proposta da Papa Leone XXIII.
Lentezza istituzionale e ruolo proattivo delle imprese
Nel merito, i dati e le analisi del rapporto 2024 di ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) descrivono con chiarezza il ritardo dell’Italia nel recepire i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) definiti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite. Una delle principali criticità è rappresentata anche dall’inadeguatezza delle politiche sociali e dall’esiguità degli investimenti economici stanziati per raggiungere tali obiettivi.
Nel rapporto ASviS 2024 si sottolinea a più riprese il ritardo dalle istituzioni nell’attuare politiche concrete di inclusione rispetto alle necessità della società civile italiana. È da sottolineare, anche con orgoglio, che le tematiche sono meglio recepite su base volontaria dalle imprese private, piuttosto che dalle Amministrazioni Pubbliche.
Il passaggio generazionale come sfida e opportunità
Sono disponibili alcuni strumenti finanziari a sostegno degli investimenti che le aziende private intendono pianificare e realizzare per rendere concrete le politiche fin qui esplicitate, con l’obiettivo massimo di raggiungere o quanto meno di tendere al raggiungimento dei SDGs. Un macro-esempio di diversità e inclusione in ambito aziendale è quello della gestione dei processi delle risorse umane. In particolare quello riferito al trasferimento delle competenze reso necessario dall’avvicendamento generazionale delle risorse, a qualsiasi livello.
Gli effetti dell’inverno demografico stanno mettendo a dura prova la selezione del personale, che fatica a collocare i nativi digitali all’interno di contesti lavorativi. Per tale motivo è fondamentale che le organizzazioni strutturino iniziative di formazione adeguate al contesto e di valorizzazione delle competenze. Quali ad esempio il knowledge sharing accompagnato da iniziative di mentoring o di reverse mentoring. Progettare attività formative focalizzate e dedicate a ciascun contesto rappresenta una solida strategia per non disperdere know-how aziendale, ma anzi per acquisire e sviluppare nuove competenze e dare vita a potenziali nuovi asset strategici.
Diverse ricerche indicano che le nuove generazioni tendono ad avere una maggiore apertura verso la diversità. Offrendo ai senior un’opportunità per sviluppare comprensione e tolleranza nei confronti delle diversità. È necessario apprezzare che i giovani neoassunti apportano competenze complementari rispetto ai colleghi più esperti, creando un processo di interscambio che arricchisce entrambe le parti e contribuisce alla crescita sia dei lavoratori che dell’azienda. Grazie alle proprie competenze tecnologiche, i nativi digitali possono supportare i senior nell’acquisizione di nuove abilità digitali, tra cui le recenti applicazioni di Intelligenza Artificiale.
Leadership inclusiva e governance etica
Altro tema centrale per le organizzazioni è lo sviluppo di una leadership inclusiva. Investire nella formazione e nella sensibilizzazione dei leader contribuisce a migliorare l’empatia, l’ascolto attivo e la capacità di gestire team eterogenei in modo efficace. Creare occasioni di ascolto e di conoscenza reciproca tra i componenti del sistema aziendale aiuta a ridurre pregiudizi e stereotipi. Accelera i processi di crescita individuale e collettiva e migliora la collaborazione e la coesione del gruppo.
La linea guida Iso 30415:2021 definisce il framework metodologico per l’implementazione dei processi per la gestione delle risorse umane (dalla selezione alla cessazione del rapporto di lavoro) fondati su principi etici come la fiducia, l’imparzialità, la trasparenza e il rispetto delle diversità. Oltre a coprire l’intero ciclo di vita del personale all’interno dell’organizzazione, questa linea guida fornisce i requisiti per assicurare tali principi anche nel ciclo di fornitura di prodotti e servizi, nelle relazioni con la catena di approvvigionamento e con gli stakeholder esterni, come la collettività e la società.
AI, bias e responsabilità: le nuove sfide normative
Lo standard citato, inoltre, identifica la trasformazione digitale e lo sviluppo di algoritmi come vettori critici di potenziale pregiudizio e bias cognitivi. Come regolamentato dall’AI Act, le organizzazioni che adottano soluzioni AI nei processi di talent management devono implementare protocolli di controllo che garantiscano:
- algoritmi addestrati su dataset bilanciati, che non riflettono le assunzioni del passato;
- dati utilizzati per addestrare un algoritmo privi di bias e rappresentativi della realtà, onde evitare discriminazioni sistemiche;
- analisi regolari degli output per individuare e correggere eventuali bias;
- conformità alle normative europee come AI Act e Gdpr.
Acquisire la capacità di riconoscere e accogliere la diversità nelle situazioni quotidiane favorisce un ambiente più inclusivo e comprensivo, migliorando il benessere dei lavoratori e incentivando la produttività. Un ambiente di lavoro che valorizza queste dinamiche non solo attrae talenti, ma rafforza la fidelizzazione dei dipendenti, contribuendo a un clima più sereno e motivante.
* Chiara Armato fa parte di SQS, Associazione Svizzera per i Sistemi di Qualità e Management.















