di Laura Reggiani |
In un settore in continua trasformazione come quello bancario, le persone restano il vero motore del cambiamento: ne parliamo con Antonio Gusmini, Direttore Risorse Umane di Banca Mediolanum, per comprendere come un grande gruppo finanziario affronta le sfide del digitale, investe nella formazione continua e promuove una cultura aziendale orientata al benessere e allo sviluppo del talento. Un’occasione per esplorare il presente e il futuro del lavoro in banca, con uno sguardo attento all’innovazione e alla centralità delle persone.
L’ambito HR è sempre più sfidante. Quali competenze professionali e, soprattutto, quali caratteristiche personali deve possedere chi sceglie questo percorso?
Il ruolo del responsabile delle risorse umane ha acquisito un’importanza crescente, e non si può dare per scontato il bagaglio tecnico. Spesso, soprattutto tra i giovani, noto una certa sottovalutazione della preparazione di base, ma senza solide competenze è difficile affrontare responsabilità che hanno risvolti giuridici, fiscali e organizzativi rilevanti. Detto questo, da psicologo sociale quale sono, credo che siano le competenze “soft” quelle da allenare con maggiore costanza.
Tra queste, la capacità di ascolto è fondamentale. Ci permette di apprendere molto senza dover sempre reinventare la ruota. L’ascolto sviluppa empatia, condizione essenziale per costruire relazioni di fiducia con le nostre persone. Una relazione fiduciaria rende possibile affrontare sia i momenti positivi che quelli più complessi, e rafforza la credibilità. Coltivare la capacità di relazione è quindi un elemento fondamentale.
Un altro aspetto sempre più imprescindibile, e forse innovativo, che guarda al futuro, è la capacità analitica, anche di tipo quantitativo. Saper oggettivare i fenomeni, spesso altrimenti relegati al percepito, e metterli a terra rendendoli elementi concreti, consente una gestione molto più efficace in un contesto ormai complesso e dinamico.
Cosa pensa del ruolo attuale dell’HR manager? Possiamo parlare di una trasformazione che dal fronte amministrativo spinge verso l’attività strategica di coordinatore e abilitatore del cambiamento?
Sì, confermo pienamente questa visione. La dimensione amministrativa resta essenziale: la credibilità parte anche dal garantire precisione, puntualità e correttezza nelle attività più operative, come la gestione delle retribuzioni. Ma oggi il ruolo dell’HR è sempre più strategico: dobbiamo essere veri e propri orientatori del cambiamento.
Conoscendo le persone, ascoltandole e vivendo la loro realtà quotidiana, possiamo fungere da mediatori culturali tra l’evoluzione strategica dell’azienda e i suoi collaboratori. Dobbiamo guidare e accompagnare l’evoluzione culturale e valoriale dell’organizzazione, promuovendo la trasparenza e la condivisione. Ecco perché la comunicazione interna verso le persone è oggi una competenza chiave. Dobbiamo essere quel “trait d’union” tra la leadership aziendale e la popolazione aziendale, traducendo visione e direzione in azioni concrete e condivise.
Quanto la digitalizzazione sta impattando sul vostro ruolo operativo? La direzione HR in Banca Mediolanum utilizza già strumenti di Intelligenza Artificiale?
Essendo nati “digitali”, per noi l’adozione di strumenti innovativi è sempre stata abbastanza naturale, anche se le potenzialità da esplorare sono ancora moltissime. A livello aziendale il nostro primo approccio è stato legato ai processi di automazione, in particolare attraverso il machine learning nelle operation, con l’obiettivo di cogliere e identificare differenziazioni nei comportamenti delle persone.
Stiamo inoltre sperimentando l’uso dell’Intelligenza Artificiale nel recruiting, soprattutto nella fase di screening dei CV. Tuttavia, resto convinto che l’aspetto relazionale debba continuare a prevalere. Un algoritmo può supportare, ma non sostituire il giudizio umano nella valutazione valoriale e culturale. Stiamo anche testando soluzioni in ambito formativo, ma con cautela: siamo consapevoli delle enormi potenzialità, ma anche del fatto che i risultati concreti richiedono tempo e attenzione.
Il settore bancario sta vivendo una trasformazione. Come sta cambiando il lavoro in banca dal punto di vista delle modalità operative e delle competenze richieste?
L’intuizione del nostro fondatore Ennio Doris è stata visionaria. Immaginava una banca senza sportelli, con tecnologia per le operazioni semplici e veloci e relazione umana per quelle a valore aggiunto. La tendenza è chiaramente verso un modello di servizio, non di prodotto. Questo implica anche un’attenzione crescente della funzione HR alla qualità dell’esperienza cliente, tema centrale nella selezione del personale. Cerchiamo persone con un forte orientamento alla relazione e alla cura del cliente, per noi imprescindibile.
Abbiamo sempre praticato modalità ibride di lavoro grazie alla presenza capillare dei nostri Family Banker sul territorio che operano in loco. Ma oggi tutto il sistema finanziario è chiamato a fare i conti con nuovi equilibri tra presenza e distanza. Allo stesso tempo, cresce la necessità di diffondere una solida “risk culture”, specie in un contesto dove le minacce non sono più solo fisiche, ma digitali. La tecnologia è un abilitatore potente che porta rischi e opportunità, ma serve sempre umanità per scaldare progetti e relazioni, sia con i collaboratori sia con i clienti.
Quali iniziative ha adottato Banca Mediolanum per promuovere un sano equilibrio tra vita privata e lavoro? Ci sono strumenti specifici legati al miglioramento del benessere delle persone?
Su questo tema posso dire con certezza che siamo davvero all’avanguardia. Quando il fondatore mi nominò direttore del personale, mi disse semplicemente: “Devi volere bene alle nostre persone”. Questo è da sempre il mio mandato e il nostro punto di partenza di ogni iniziativa concreta. È stato naturale per noi offrire fin da subito servizi come l’assistenza sanitaria, la prevenzione complementare, l’offerta privilegiata di prestiti e mutui. Ma anche garantire a tutti i nostri collaboratori possibilità di lavorare in smart working e flessibilità oraria.
Abbiamo anche un asilo nido interno attivo da oltre vent’anni, dove vengono accuditi più di 100 bambini, servizi come farmacia nel campus, panetteria, palestra aziendale, navette dalle fermate della metro, biciclette per spostarsi e campi estivi per i figli, solo per citarne alcuni. A ciò si aggiungono iniziative più mirate al benessere psicologico. Sostegno alla genitorialità, alla gestione dello stress, supporto scolastico e orientamento per i figli dei collaboratori, percorsi per le mamme in gravidanza, assistenza e supporto per caregiver, servizi sanitari come osteopata, naturopata e nutrizionista, ma anche rinnovo patente e servizio 730 gratuito, ecc.
Dopo la pandemia, d’accordo con la direzione generale, abbiamo voluto investire ancora di più nella prevenzione e nella salute dei nostri collaboratori. Attivando screening sanitari con Lilt e Avis, campagne specifiche come quella per il vaccino contro l’influenza, quella cardiocircolatoria e quella dell’ecoaddome. E, fiore all’occhiello, da quest’anno abbiamo attivato il progetto “Medico di famiglia in azienda”. Un servizio di telemedicina attivo 24 ore su 24, anche pediatrico, in grado di effettuare diagnosi, prescrivere medicinali e prendersi cura a 360 gradi delle nostre persone. Tutto questo è pensato per far sentire i collaboratori parte di una vera comunità, sicura e accogliente.
Quanto ritiene importante creare una cultura lavorativa dell’integrazione e della parità? Quali iniziative D&I avete messo in campo in Banca Mediolanum?
Per noi ogni persona è unica. L’attenzione alla diversità è radicata da sempre in Banca Mediolanum. Formalmente, nel 2021 abbiamo adottato il Manifesto D&I, seguito da policy concrete come quella contro le molestie sessuali. Per quanto riguarda nello specifico la parità di genere, abbiamo ottenuto la certificazione dal Bureau Veritas lo scorso anno e avviato programmi di empowerment al femminile. Inclusi percorsi di leadership dedicati e sessioni per tutti i responsabili, uomini e donne, denominati “Leadership for Change”, per intellegere al meglio diversità e inclusione.
Sempre in quest’ottica, collaboriamo inoltre con Valore D, Woman & Technology e Fondazione Bellisario. Sul fronte della disabilità, abbiamo invece formato da tempo due “Disability Manager” e avviato un progetto di ascolto e coaching post-Covid, sia per le persone fragili che per i loro responsabili, da parte di specialisti esterni, con il supporto della Città Metropolitana di Milano. Questo percorso, che ha previsto anche la cura delle persone fragili una volta inserite in azienda, ci ha restituito riscontri molto positivi. Testimoniando un benessere percepito in crescita tra le persone coinvolte.
Nelle aziende convivono diverse generazioni con attitudini, necessità e modalità lavorative differenti. Come affrontate la multigenerazionalità in Banca Mediolanum?
Assumiamo ogni anno tra le 100 e le 130 nuove risorse, spesso neolaureate, e questo ci ha portato a una convivenza generazionale continua e naturale. Pur essendo un’azienda giovane, nata nel 1982, stiamo iniziando a gestire anche le fasce più mature. Abbiamo creato per questo occasioni di scambio intergenerazionale, spesso sfruttando la tecnologia come leva per il confronto. Ne emergono spunti sorprendenti, come senior molto aggiornati e giovani che portano schiettezza e spirito critico.
Conduciamo indagini di clima per analizzare i bisogni generazionali e curiamo molto la socializzazione: non per omologare, ma per amalgamare. La diversità di prospettive è un valore, e la freschezza delle nuove generazioni sta dando un contributo prezioso all’evoluzione dell’organizzazione.
Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro preoccupa molte aziende. Vi risulta difficile trovare le persone giuste? Come vi attivate per attrarre le nuove generazioni?
Negli ultimi anni, stiamo riscontrando un forte interesse verso la nostra realtà, in particolare da parte delle nuove generazioni. Raccontiamo chi siamo, il nostro modello, i valori che ci guidano. Questo genera attrattività, anche solo per conoscerci. Negli ultimi tre anni abbiamo inserito oltre 600 giovani nel mondo della consulenza finanziaria attraverso il programma “Next”, che ha portato alla nascita dei Banker Consultant. Giovani consulenti finanziari affiancati da colleghi senior, con un vero patto psicologico e formativo. Una formula ispirata ai maestri di bottega, che funziona molto bene anche in termini di gender balance.
Per i ruoli più specialistici – risk management, attuariale, cybersecurity – invece lavoriamo con università e internship per costruire competenze in casa, grazie a capi-scuola interni. Il nostro turnover è molto basso, quindi reclutiamo per crescere, non per sostituire. Questo fa una grande differenza.
Parliamo di formazione. Che ruolo ha in Banca Mediolanum e come viene gestita? Come si inserisce la Mediolanum Corporate University?
La nostra è una vera e propria Corporate University, attiva dal 2009. È un luogo fisico e simbolico in cui coltiviamo valori, cultura e competenze. Riteniamo che prima delle skill ci siano i valori: in un’azienda familiare, è fondamentale trasmettere coerenza e senso di appartenenza. Oltre alla formazione tecnica, spesso erogata anche in digitale, diamo grande importanza alla presenza, alla relazione.
Il focus attuale è su upskilling e reskilling, in particolare per supportare la Digital Transformation. Non si tratta solo di imparare e conoscere nuovi strumenti, ma di comprendere e condividere il cambiamento. Per questo spieghiamo il “perché” delle trasformazioni, aiutando a vivere l’evoluzione come opportunità e non come minaccia.
Per concludere, quali progetti impegneranno prossimamente la sua direzione HR? Quali sono invece le sfide che dovrà affrontare il mondo delle risorse umane?
Il nostro compito più importante sarà quello di accompagnare la trasformazione continua attraverso la “mental agility”: ovvero la capacità di adattarsi a cicli di cambiamento sempre più brevi. La sfida è mantenere viva una relazione di fiducia con le persone, investendo sì in tecnologia, ma ancora di più in umanità. Sul piano operativo, continuiamo le sperimentazioni sull’Intelligenza Artificiale, consapevoli del suo impatto futuro.
A livello di sistema, invece, vedo due sfide cruciali: da un lato, la “pay transparency”, che in Italia richiede un cambio culturale profondo; dall’altro, la riscoperta del senso del lavoro. Oggi non si lavora più solo “per dovere”, ma per convinzione. Gli HR del futuro dovranno saper personalizzare l’esperienza lavorativa, aiutando ciascuno a trovare motivazione e significato nel proprio ruolo. E visto che, come diceva il nostro fondatore, “vivere e lavorare sono la stessa cosa”, allora il nostro compito è far sì che le persone stiano bene e possano esprimersi al meglio in entrambi gli ambiti.
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Chi è Antonio Gusmini 










