di Mario Cassaro | L’art. 19 della Legge 203/2024, il Collegato Lavoro, ha introdotto una specifica procedura che il datore di lavoro è tenuto a seguire per risolvere il rapporto con il lavoratore che si assenta senza giustificazioni, evitando così di pagare il contributo di ingresso alla Naspi (ticket licenziamento): si tratta delle dimissioni per fatti concludenti.
Sono previste dal nuovo comma 7-bis dell’articolo 26 del D.Lgs. 151/2015, allo scopo di contrastare il fenomeno dei cosiddetti “furbetti della Naspi”. Ossia quel particolare stratagemma talvolta utilizzato dai lavoratori per risolvere il rapporto di lavoro evitando le dimissioni formali e inducendo il datore di lavoro a comminare il licenziamento. Così da mantenere il diritto all’indennità di disoccupazione che la legge riconosce solo nei casi di perdita involontaria del lavoro.
Assenza ingiustificata e dimissioni per fatti concludenti
In dettaglio, la disposizione prevede che, in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale applicato o, in mancanza di previsione contrattuale, oltre quindici giorni, il datore di lavoro ha l’obbligo di darne comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Il quale ne può verificare la veridicità. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende risolto con effetto immediato. Non si applicano le formalità previste dall’articolo 26 del D.Lgs. 151/2015 per le dimissioni volontarie del lavoratore (procedura telematica).
La disposizione non si applica se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza. Il tema ha sollevato vari dubbi operativi tra aziende e professionisti. Nonostante i chiarimenti forniti dall’Ispettorato con le note n. 9740/2024 e n. 597/2025 e dall’Inps con messaggio n. 639/2025.
Chiarimenti del Ministero del Lavoro
Anche il Ministero del Lavoro si è soffermato sulla procedura delle dimissioni per fatti concludenti con la Circolare 27 marzo 2025 n. 6. Analizzandone gli aspetti essenziali e fornendo alcune importanti precisazioni. In via preliminare, il Ministero sottolinea che l’effetto risolutivo del rapporto di lavoro non discende automaticamente dall’assenza ingiustificata. Ma si verifica solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di prenderne atto valorizzando la presunta volontà dimissiva del lavoratore.
In merito alla durata dell’assenza del lavoratore, in mancanza di diverse disposizioni del Ccnl, i quindici giorni sono da intendersi di calendario. I contratti collettivi possono incrementare tale durata, ma non ridurla. Pertanto, se il Ccnl prevede un termine inferiore si applicherà quello previsto dalla norma. Il datore di lavoro potrà inviare la comunicazione all’Ispettorato a partire dal sedicesimo giorno oppure in un momento successivo.
Trasmissione all’Ispettorato territoriale del lavoro
Il destinatario della comunicazione è la sede territoriale dell’Ispettorato individuata in base al luogo di svolgimento del rapporto di lavoro. E il datore di lavoro deve indicare tutti i contatti e i recapiti forniti dal lavoratore per consentire all’Ispettorato di contattare quest’ultimo al fine di verificare la veridicità di quanto comunicato dall’azienda. Il datore è tenuto a trasmettere la comunicazione anche al lavoratore, per consentirgli di agire a tutela dei propri diritti secondo i principi garantiti dall’articolo 24 della Costituzione.
Per quanto concerne la comunicazione obbligatoria da trasmettere ai Servizi per l’Impiego, il Ministero ha specificato che la cessazione del rapporto ha effetto dalla data riportata nel modulo Unilav. Che non può essere antecedente alla data della comunicazione trasmessa all’Ispettorato. La procedura telematica di cessazione a seguito di dimissioni per fatti concludenti viene resa inefficace se il datore di lavoro riceve successivamente la notifica da parte del sistema informatico del Ministero dell’avvenuta presentazione delle dimissioni, anche per giusta causa.
Nuova procedura e infrazioni disciplinari
Una delle maggiori perplessità, almeno nelle prime fasi di applicazione della norma, riguarda la relazione tra la nuova procedura e quella già esistente per le infrazioni disciplinari che conducono alla risoluzione del rapporto. Su questo aspetto, la circolare ministeriale chiarisce che le conseguenze disciplinari previste dal Ccnl, derivanti da un’assenza ingiustificata protratta nel tempo, di durata variabile, anche inferiore ai quindici giorni previsti dalla novella, rilevano solo ai fini dell’attivazione della procedura di licenziamento di cui all’art. 7 della legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori). E non sono efficaci ai fini delle dimissioni di fatto.
In altre parole, per l’operatività del Collegato Lavoro, i contratti collettivi, devono disciplinare espressamente la fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti. Stabilendo un termine diverso e più favorevole rispetto al primo. Infatti, in conseguenza della cessazione del rapporto, il datore può trattenere al lavoratore l’indennità di mancato preavviso contrattualmente stabilita.
Mancata risoluzione del rapporto
Per evitare la risoluzione del rapporto, il lavoratore deve fornire la prova dell’impossibilità di comunicare le motivazioni dell’assenza al datore di lavoro (ad esempio perché ricoverato in ospedale). Ovvero la circostanza di averli comunicati. È possibile, inoltre, che l’Ispettorato del Lavoro accerti autonomamente la non veridicità della comunicazione del datore di lavoro, con conseguenze anche penali, per la falsità delle comunicazioni rese.
Infine, il Ministero sottolinea che le nuove disposizioni non si applicano ai casi previsti dall’art. 55 del D.Lgs. 151/2001, che prevede la convalida obbligatoria della risoluzione consensuale del rapporto per le lavoratrici in gravidanza e per lavoratrici e lavoratori nei primi tre anni di vita o di accoglienza del minore.
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