Badante, colf, addetta alle pulizie e cameriera: la metà delle cittadine straniere che lavorano in Italia è impegnata in uno di questi lavori, ma il fenomeno della segregazione lavorativa, anche se in parte minore, coinvolge anche i lavoratori cittadini stranieri.
Appena più varietà si riscontra nelle occupazioni tipiche per le straniere naturalizzate. Cioè le giovani nate in Italia o le adulte divenute cittadine italiane dopo anni di permanenza nel Paese. Molte di loro sono anche commesse, cuoche, bariste, segretarie e infermiere. Certo, questa rosa di professioni è ridotta e meno qualificata rispetto a quella delle cittadine italiane. Occupate anche come impiegate e docenti.
Il fenomeno per cui un gruppo di popolazione si concentra in determinati settori e professioni è detto segregazione lavorativa. Riguarda anche gli uomini stranieri e naturalizzati, ma in misura meno marcata rispetto alle donne. Non è l’unico tipo di penalizzazione a cui vanno incontro i residenti stranieri sul mercato del lavoro italiano.
Cittadini stranieri e segregazione lavorativa
Facciamo un passo indietro. Nel 2024 i cittadini stranieri tra i 15 e gli 89 anni erano il 9% della popolazione italiana. I naturalizzati poco meno del 3%. Poiché il lavoro rimane la principale spinta per migrare, Istat ha elaborato i propri dati statistici per approfondire come lavora questa parte di popolazione.
Gli stranieri e i naturalizzati sono nel complesso più occupati rispetto agli italiani dalla nascita, specialmente nella fascia di popolazione meno istruita. Tuttavia, sono spesso più precari. Lo dicono i numeri relativi agli occupati con lavoro a tempo determinato e/o part-time involontario. Modalità contrattuali che riguardano rispettivamente il 29% degli stranieri occupati, il 24% dei naturalizzati e il 17% degli italiani dalla nascita.
Il divario dei titoli di studio
La differenza occupazionale, sia per le cittadine straniere sia per la componente maschile, si inverte al crescere del titolo di studio. Un titolo di studio più elevato si traduce chiaramente in maggiori opportunità lavorative per gli italiani dalla nascita, ma non per gli stranieri. Infatti, gli stranieri laureati presentano un tasso di occupazione più basso di 15 punti rispetto agli autoctoni laureati.
I motivi del divario? Primo, il mancato riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero. Nel 2021, oltre tre quarti degli stranieri e più della metà dei naturalizzati avevano titoli non riconosciuti in Italia. Altro aspetto, le reti informali a cui ci si affida per trovare lavoro, spesso senza cercare un lavoro coerente con il proprio livello di istruzione. Nel 2021 accadeva a quasi un terzo degli stranieri e un quinto dei naturalizzati.
Questi e altri dati sull’occupazione italiana e straniera si trovano nell’edizione 2025 del Rapporto Annuale Istat.















