Dal 2009, l’età media della forza lavoro (occupati e disoccupati 15-64 anni) è diventata superiore a quella della popolazione: l’invecchiamento demografico ormai è realtà.
L’Italia è il paese europeo, insieme alla Bulgaria, in cui questo segmento di popolazione ha l’età media più alta (pari a 44 anni) di 1,8 anni superiore alla media europea. Inoltre, sempre secondo i dati Istat che sono stati presentati all’Innovation Training Summit 2025, nel nostro Paese, a gennaio 2025 si contavano poco più di 24 milioni di occupati, circa 1 milione e 600mila disoccupati e poco più di 12 milioni di inattivi.
Invecchiamento demografico e sovra-istruzione
Nonostante questo, però, alcune imprese hanno notevoli difficoltà a coprire alcune posizioni vacanti. Secondo le stime elaborate da Istat, dal 2018 al 2023, infatti, è raddoppiata, la quantità di contratti con difficoltà di reperimento passando dal 26% al 45%. Evidenziando un notevole skill gap, ovvero disallineamento tra le competenze disponibili e le necessità reali delle aziende.
Un fenomeno che riguarda non solo i lavoratori ad alta qualificazione, ma anche quelli a media-bassa qualificazione che rimangono indispensabili per il mantenimento delle filiere produttive. Il problema della sovra-istruzione, inoltre, è un altro paradosso del mercato del lavoro. Un terzo degli occupati laureati attuali risulta sovra-istruito. Questo fenomeno riguarda in particolar modo gli stranieri (62,3% rispetto agli italiani, che sono il 32,5%). E le donne, occupate prevalentemente nei lavori di ufficio (40,6%) e in professioni tecniche (35,8%).
“L’invecchiamento demografico e il deficit di istruzione” precisa Cristina Freguja, capo dipartimento per le statistiche sociali e demografiche di Istat “costituiscono debolezze strutturali del nostro paese. Hanno un impatto rilevante sul mercato del lavoro e rischiano di mettere a repentaglio le prospettive di una crescita robusta, diffusa e duratura. Nel prossimo futuro si dovrà far fronte allo scarso ricambio generazionale e alla necessità di trovare profili sempre qualificati. Grazie alla formazione continua, ormai indispensabile in un mercato sempre più dinamico e competitivo, ci sono ampi margini di miglioramento. Anche grazie alle numerose opportunità della transizione digitale che dovremo imparare a governare per non venirne travolti”.