La sostenibilità nel terziario è sempre più strategica

In una ricerca con SosteniAbilita, Cfmt descrive un quadro delle imprese italiane nel terziario strategicamente proiettate verso l’adozione di modelli di business sostenibili

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Cfmt e SosteniAbilita descrivono la sostenibilità nel terziario con una nuova indagine

L’analisi condotta da CFMT – Centro Formazione Management del Terziario in collaborazione con SosteniAbilita, offre un’indagine approfondita sullo stato di integrazione della sostenibilità nel terziario italiano. 

La ricerca, svolta tra dicembre 2024 e gennaio 2025 su 300 aziende associate, ha rivelato che quasi il 73% delle società ha già implementato o sta pianificando di attuare una Politica di Sostenibilità. Questo dato non solo segna un passo importante verso l’integrazione delle considerazioni di sostenibilità nella strategia e operatività di impresa, ma mette anche in luce una correlazione significativa tra la dimensione aziendale e la predisposizione ad adottare tali pratiche.

Identikit delle aziende più coinvolte

Il campione è composto prevalentemente da aziende del Nord Italia (85%), seguito dal Centro (11%) e in misura residuale dal Sud e Isole. Circa il 55% dei partecipanti conta più di 100 dipendenti. Di cui oltre il 40% supera i 250. Dal punto di vista economico, il 64% degli intervistati vanta un fatturato superiore ai 25 milioni di euro, con 1/3 che supera i 125 milioni di euro. Tra i settori maggiormente rappresentati prevalgono i servizi alle imprese (circa 1/3). Seguiti da beni industriali ed energia e da commercio di largo consumo.

Il 54% delle aziende che ha già implementato una Politica di Sostenibilità ha più di 250 dipendenti. Quindi risultano più strutturate, spesso dotate di maggiori risorse finanziarie e umane, perciò privilegiate in tal senso. La loro capacità di investire in infrastrutture, formazione e consulenze esterne facilita l’integrazione della Sostenibilità nel terziario e nel loro modello di business. Se poi appartengono a gruppi più ampi esercitano anche una significativa influenza sulle loro sussidiarie e affiliate, promuovendo una cultura della sostenibilità che si riflette in tutta l’organizzazione.

Condividere la sostenibilità nel terziario

La condivisione delle best practice tra le aziende afferenti a uno stesso gruppo può pertanto accelerare il processo di transizione verso modelli più virtuosi. Del 71% delle imprese che ha adottato strumenti operativi come la matrice di materialità solo il 34% lo ha poi definito. Sussiste quindi ancora un divario significativo tra gli intenti strategici e la loro effettiva implementazione concreta.

Le imprese in generale però si mostrano attive rispetto a strategie di efficientamento, risparmio energetico e riduzione degli sprechi, adozione di un qualche tipo di rating ESG e condivisione degli obiettivi di sostenibilità almeno con gli stakeholder interni. Infatti, per quanto riguarda la governance, il 38% delle aziende ha istituito un Comitato di Sostenibilità, che sale al 59% tra le aziende con più di 250 dipendenti. In termini organizzativi, il 30% dispone in organigramma di una funzione o ruolo di Responsabile ESG / Sostenibilità.

Il 55% delle aziende intervistate già̀ emette una qualche forma di Rendicontazione di Sostenibilità. Sia essa la ex dichiarazione non finanziaria, il report di sostenibilità, la relazione di impatto o il bilancio sociale. E questo avviene per il 20% su base obbligatoria (il 68% con più di 250 dipendenti) e per il 35% su base volontaria (il 20% con meno di 50 lavoratori, per motivazioni strategiche o di filiera).

Vantaggi e svantaggi dei piani green aziendali

Il principale impatto positivo percepito è di natura reputazionale (41%). Gli investitori risultano sempre più attenti alle scelte etiche delle imprese così come i clienti. Seguono diminuzione dei costi e delle inefficienze (18,2%) e ricadute favorevoli su fatturato e utili (5,6%). Mentre il 2,1% non ne ravvisa nessuno, se non il superamento di una prima barriera culturale.

Oltre il 67% rileva anche la presenza di impatti negativi dall’integrazione della sostenibilità. A causa di aumento dei costi (38%), perdita di competitività (12,2%), incremento dei rischi (11,5%) e diminuzione di fatturato (5,6%), almeno nel breve periodo. Di buon auspicio, però, il 22,5% che non risente di particolari fattori negativi. Se pur permane la percezione ambivalente sull’impatto della sostenibilità nel terziario, si riconoscono anche grandi opportunità su orizzonti più lunghi.

Sostenibilità nel terziario: ostacoli e soluzioni

Le resistenze principali e le criticità legate all’integrazione della sostenibilità nel 23% dei casi sono attribuibili alla complessità normativa, che sale al 47% delle aziende con oltre 250 dipendenti, e alla mancanza di competenze e risorse (15,8%), al 49% per quelle che ne hanno meno di 50. Seguite da resistenze culturali varie.

Guardando al futuro, oltre il 50% delle aziende coinvolte sostiene l’esigenza di una formazione specifica per facilitare l’adozione dei principi di sostenibilità. Nonché il supporto di esperti esterni, fondamentale per affrontare le sfide dettate dalla transizione. Nicola Spagnuolo, direttore di CFMT, spiega che “oggi la sostenibilità non rappresenta più un elemento accessorio, ma un fattore strutturale e abilitante per la continuità e la competitività delle aziende. Un driver trasversale che impatta operativamente e strategicamente sui processi e sulla cultura imprenditoriale. Per questo è importante analizzarne tutti gli aspetti e cogliere gli stimoli delle realtà virtuose e dei loro manager che hanno già reso operativi determinati processi”.

Il ritardo delle Pmi

Tuttavia, è importante notare che le piccole e medie imprese, autentica spina dorsale dell’economia italiana, mostrano ritardi significativi nell’adozione di politiche sostenibili. Perché spesso carenti di risorse e competenze necessarie per implementare strategie efficaci. Pertanto, per garantire una transizione equa e completa, è fondamentale che queste ricevano il supporto necessario per intraprendere questo percorso.

Dalla ricerca spicca proprio un’esigenza specifica di upskilling e reskilling delle risorse interne per affrontare questo orizzonte. Come pure quella di attingere a competenze specialistiche esterne. Secondo Alfredo Romano, Founding & Managing Partner SosteniAbilita, “a fronte di un quadro normativo complesso e in rapida evoluzione, caratterizzato da iniziative come la Tassonomia Ambientale Europea, la SFDR, la CSRD e la CSDDD, le Pmi stanno incontrando significative difficoltà di orientamento. L’omnibus della Commissione Europea richiede alle imprese un ulteriore sforzo di apprendimento, riconciliazione e riallineamento delle strategie aziendali. In questo contesto, un ruolo chiave lo giocano sia le competenze esterne di professionisti specializzati sui temi della sostenibilità sia la condivisione a cura delle grandi imprese delle “best-practice” che si stanno via via consolidando”.

Come aumentare la diffusione

La ricerca mette in luce un quadro piuttosto polarizzato. Se da un lato emerge un impegno crescente da parte delle imprese del terziario, dall’altro l’effettiva adozione di pratiche sostenibili nelle strategie e nei processi è ancora in divenire. Sussiste ancora un gap tra intenti strategici e implementazione operativa perché, mentre le grandi aziende sembrano più predisposte ad assimilare i principi cardine della sostenibilità nel terziario, le Pmi ancora mostrano ritardi significativi.

Per favorire una più ampia integrazione di questo tema appare dunque necessario un approccio che combini sensibilizzazione, formazione e supporto pratico, rafforzamento degli organi di governo dedicati, con particolare attenzione alle specifiche esigenze di ogni comparto aziendale.

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