di Virna Bottarelli | “Il lavoro domestico non rappresenta ‘solo’ un settore fondamentale a livello sociale per le famiglie e per la gestione del welfare. È anche un settore significativo a livello economico: i 13 miliardi di euro spesi dalle famiglie per colf, badanti e babysitter generano un impatto economico pari a 21,9 miliardi in termini di valore della produzione. E pari a 253,8 milioni in termini di nuove ore di lavoro generate”.
Lo ha detto Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di Domina (Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico), che ha presentato al Senato il “Sesto Rapporto annuale sul Lavoro domestico”, curato da Massimo De Luca con Chiara Tronchin ed Enrico Di Pasquale.
La pubblicazione conferma che in Italia le famiglie rappresentano l’attore principale nella gestione della cura e dell’assistenza alle persone non autosufficienti. Sopperendo autonomamente alle carenze del settore pubblico. Parliamo di assistenza agli anziani, cura della casa e accudimento dei bambini e delle persone con disabilità: un vero e proprio sistema di welfare che crea lavoro, ricchezza e gettito fiscale.
I dati di partenza sul lavoro domestico
Il rapporto si basa sulla banca dati Domina, un campione di quasi 20mila rapporti di lavoro, e sui dati Inps relativi alla spesa delle famiglie per i lavoratori domestici formali. A questi si aggiunge una stima della spesa delle famiglie per i lavoratori domestici informali, per i quali si tiene conto solo della retribuzione. Le due componenti determinano un contributo all’economia italiana vicino a un punto di Pil e innescano a loro volta effetti economici “diretti” e “indiretti”. Quantificabili in valore della produzione e ore lavorate generate, con un effetto moltiplicatore.
Secondo i dati Inps, nel 2023 la spesa delle famiglie per il lavoro domestico è stata di 7,6 miliardi di euro. Proseguendo un andamento calante che si era già registrato nel 2022, ma che in ogni caso supera i livelli pre-Covid. Nel settore si rileva un considerevole tasso di irregolarità. Secondo Istat la percentuale di irregolari raggiunge, infatti, il 47,1%. Tenendo conto di questa quota, sia per quanto riguarda il numero di lavoratori sia per la spesa delle famiglie, il numero complessivo dei lavoratori domestici è pari a 1,58 milioni. Mentre la spesa delle famiglie raggiunge i 13 miliardi. 7,2 spesi per badanti e 5,8 per colf.
L’effetto moltiplicatore
A partire da questi dati, si calcolano gli effetti generati da queste risorse immesse sul mercato. Semplificando, il denaro speso dalle famiglie per il lavoro domestico viene re-investito dai lavoratori domestici in consumi, stimolando la produzione. La spesa delle famiglie, di 13 miliardi di euro, re-investita sul territorio dai lavoratori domestici, determina un valore della produzione pari a 21,9 miliardi di euro. Con un effetto moltiplicativo medio pari a 1,7.
Tale valore può essere ripartito per le tipologie di lavoratori che lo hanno generato: 12,2 miliardi provengono da badanti e 9,7 miliardi da colf. A livello territoriale, il 52% del valore totale è prodotto nel Nord (6,9 miliardi Nord Ovest e 4,5 miliardi Nord Est). Nelle regioni del Centro si generano 6,1 miliardi (28% del totale), mentre nel Mezzogiorno 4,4 miliardi (20%).
Dai numeri alle tendenze sociali ed economiche
Lo studio, come spiega Massimo De Luca, “si propone di evidenziare le principali tendenze sociali ed economiche in corso, valutandone l’impatto reale e potenziale”. Il trend più evidente è l’invecchiamento demografico. “Per quanto riguarda il settore della cura e dell’assistenza alla persona è chiaro che le dinamiche demografiche stanno portando ad un aumento nella domanda di servizi assistenziali”, dice De Luca.
“La stessa European Care Strategy, avviata dalla Commissione europea nel 2022, mira a riformare i sistemi di assistenza a lungo termine negli Stati Membri. In Italia questo processo di riforma, avviato a seguito della pandemia e sotto l’impulso del Pnrr, non è però ancora pienamente avviato. La riforma sulla non-autosufficienza, approvata nel marzo 2024, rappresenta di fatto solo un primo approccio alla questione”.
Il riferimento è al Decreto Legislativo attuativo della Legge Delega 33/2023, un progetto di legge che sviluppa il progetto per il futuro dell’assistenza agli anziani. De Luca evidenzia un altro fattore che può avere impatti sul settore della cura e dell’assistenza: la tecnologia. “Già oggi esistono app e algoritmi in grado di agevolare la vita delle famiglie. Basti pensare alla possibilità di migliorare l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro, individuando figure professionali specifiche per determinati bisogni, o all’introduzione della domotica per il miglioramento dei servizi di cura e assistenza. Queste possibilità già oggi vengono messe in pratica da imprese e startup, anche in Italia. Evidentemente, però, questa prospettiva rappresenta anche una sfida per il settore”, aggiunge.
Una visione chiara del lavoro domestico
Nell’ambito dei servizi alla persona si intrecciano diversi dei fattori che stanno contribuendo a rendere l’epoca in cui viviamo particolarmente complessa. Nella prefazione al rapporto, Furio Camillo Rosati, dell’Università Tor Vergata, affronta l’argomento. Spiegando che quella della cura e dei servizi alla persona è “un’area multiforme, caratterizzata da interazioni complesse fra individui, famiglie, imprese, mercato e settore pubblico. Con un ampio spettro di possibili effetti che vanno dal benessere di giovani e anziani, all’offerta di lavoro femminile, alla struttura del settore sanitario e alla politica fiscale”.
Seppure di importanza strategica, il settore della cura della persona è però stato trattato “senza una chiara visione” e si è lasciato che si sviluppasse “secondo una crescita spontanea che, anche sulla base di regole non adattate alla nuova realtà, limita le possibilità del settore di esprimere a pieno le sue potenzialità”.
Focus sulle politiche migratorie
Secondo Rosati serve una riflessione sulle linee di sviluppo e sulla sua integrazione con il resto del sistema. “La maggior parte degli addetti è costituita da manodopera immigrata, proveniente anche da paesi extra europei. Le politiche relative alla determinazione dei flussi migratori sono quindi rilevanti. La eterogeneità in termini di origine e di preparazione richiede inoltre una maggiore attenzione al tema della formazione, al fine di garantire standard omogenei. Ovviamente, il legame fra mercato e interventi del settore pubblico è determinante anche in termini di struttura fiscale e degli incentivi”.
Su questo punto, Rosati suggerisce interventi di sostegno alle famiglie, in termini di sgravi fiscali, per favorire la regolarizzazione dell’impiego, invitando a una riflessione sugli indirizzi di riforma del settore partendo da analisi come quelle del Rapporto Domina. Particolarmente utile anche per avere un quadro preciso delle differenze territoriali che ancora caratterizzano le realtà italiana.