Fare sport crea competenze a prova di algoritmo

Il talento può dare una spinta iniziale, ma il lavoro quotidiano, la capacità di rimanere concentrati, di gestire la pressione e di affrontare i propri limiti, costruiscono il risultato. Le soft skill maturate nel fare sport sono altamente spendibili nel curriculum e nel lavoro

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Fare sport fa curriculum

Le competenze da sole, non bastano: a fare la differenza agli occhi dei recruiter c’è anche il fare sport, con tutte le esperienze e i valori che più di altro comunicano capacità e attitudini.

In un’era di crescente automazione e sofisticati algoritmi di selezione, nella selezione del personale il ruolo dei professionisti delle risorse umane assume molta importanza. Troppo spesso etichettati come burocrati o “tagliatori di teste”, gli HR sono in realtà i custodi del capitale umano. Figure cruciali e dinamiche all’interno delle aziende. Il loro obiettivo è soprattutto essere un ponte tra le esigenze dell’azienda e il potenziale unico e irripetibile di ogni individuo. Un potenziale che spesso sfugge alle logiche binarie degli algoritmi.

Se l’AI può analizzare dati e scremare candidature, le qualità umane e le competenze sviluppate attraverso esperienze concrete come lo sport, emergono come un vero e proprio vantaggio competitivo, a prova di algoritmo.

Perché fare sport aiuta a trovare lavoro

In Italia circa 37 milioni di persone praticano sport e ben 17 milioni sono tesserati. Sono alcuni dei dati del Rapporto Sport 2024. Tra questi, 16,2 milioni praticano lo sport in maniera regolare e continuativa, il miglior dato mai registrato, con un incremento negli ultimi dieci anni di 3,6 milioni. Inoltre, l’ultima rilevazione Istat, ci dice che il 16,8% degli sportivi di tre anni e più pratica sport meno di una volta a settimana. Il 49,2% una o due volte a settimana e il 34,0% tre o più volte a settimana.

Soft skill che fanno la differenza

Nel mercato del lavoro, le sole competenze tecniche, pur rimanendo fondamentali e spesso certificate da titoli di studio, non sono più sufficienti a garantire il successo professionale. A fare la vera differenza sono le soft skill. Abilità trasversali che definiscono il modo in cui interagiamo, comunichiamo e affrontiamo le sfide.

“La prestazione è il riflesso diretto dell’impegno, della tecnica e della determinazione”, spiegano Matteo Restivo e Lorenzo Zazzeri, nuotatori olimpici e conduttori del podcast Sportiva-Mente. “Il talento può dare una spinta iniziale, ma sono il lavoro quotidiano, la capacità di rimanere concentrati, di gestire la pressione e di affrontare i propri limiti, a costruire davvero il risultato. Tutte queste competenze, che maturano nel fare sport, sono le stesse che ci portiamo anche nel lavoro. Lo sport è una palestra, non solo fisica, ma soprattutto mentale”.

Fare sport entra nel curriculum

Dedizione agli allenamenti, gestione della pressione pre-gara (aspetto paragonabile alla gestione dello stress lavorativo), collaborazione con i compagni di squadra, capacità di rialzarsi dopo una sconfitta, definizione di obiettivi e perseveranza per raggiungerli. Sono competenze altamente trasferibili al contesto professionale.

Indicare nel curriculum il proprio impegno nello sport, specificando il livello raggiunto e il ruolo ricoperto, può comunicare ai selezionatori importanti qualità personali. Anzi, spesso l’enorme valore formativo dell’esperienza sportiva rischia di rimanere inespresso nel curriculum vitae. Proprio per valorizzarlo, è fondamentale fornire gli strumenti per rendere visibili queste competenze. Attraverso un processo di valutazione mirato, è infatti possibile certificare abilità cruciali come la gestione del tempo, la resilienza, la leadership e il team working, traducendole in un linguaggio professionale efficace.

“Per chi si affaccia al mondo del lavoro, inserire queste competenze rappresenta un elemento distintivo fondamentale nel CV. Comunicando ai selezionatori un set di abilità umane preziose e difficilmente quantificabili con i soli strumenti tradizionali”, sottolinea Donatella Pinto, Presidente di Arca Partners e ideatrice di SportQB, programma che certifica le competenze trasversali acquisite attraverso la pratica sportiva. “Mentre gli algoritmi analizzano dati, la visione prospettica, la leadership, la gestione dello stress e la capacità di lavorare in team sono le caratteristiche che fanno la vera differenza. E che un algoritmo da solo non può pienamente valutare”.

 

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