Nel prossimo decennio, il settore biotech italiano è destinato a registrare un’importante crescita della domanda di lavoro, un aumento che si stima impatterà circa il 61% delle professioni.
Lo rileva lo studio predittivo sui trend occupazionali delle professioni del biotech condotto da EY e Assobiotec (Associazione nazionale di Federchimica) per lo sviluppo delle biotecnologie. La ricerca, che ha analizzato 122 profili professionali del biotech, si basa su una metodologia previsionale innovativa che utilizza un modello predittivo basato sull’intelligenza artificiale. In grado di elaborare previsioni circa l’andamento della domanda di lavoro e l’evoluzione delle professioni del settore nel prossimo decennio.
Secondo Carlo Chiattelli, Partner e People Consulting Leader di EY Italia, “una forza lavoro altamente qualificata e una alta intensità di ricerca e innovazione hanno reso il biotech italiano un settore strategico per l’economia. Lo studio conferma che la domanda di lavoro continuerà a crescere, offrendo opportunità per i giovani in uscita da percorsi di istruzione terziari, sia universitari sia tecnici. La crescita della domanda sarà ancora più accentuata per alcune specifiche categorie. In particolare per profili che svolgono attività di ricerca e analisi dati ad alto valore aggiunto (data analysts, software engineers, esperti di sicurezza informatica). Per far sì che la domanda incontri un’adeguata offerta di lavoro e competenze, è fondamentale mettere in trasparenza il potenziale occupazionale del biotech italiano e rafforzarne l’attrattività”.
Il biotech italiano tra dieci anni
In tutti i tre comparti biotech considerati (agro-alimentare e zootecnico, biomedico e sanitario, industria e ambiente) sono attesi sia un aumento della domanda di lavoro per profili specializzati sia una diminuzione per le professioni a bassa qualifica. Inoltre, la rivoluzione tecnologica impatterà sul futuro dell’occupazione, soprattutto come acceleratore dei processi di obsolescenza delle professioni.
Per tutte le professioni analizzate, infatti, lo studio segnala importanti cambiamenti negli insiemi di competenze che le caratterizzano. Questo trend è destinato a incidere in modo sensibile sulle capacità di reperimento dei profili. Le aziende incontreranno crescenti difficoltà di reperimento per più del 60% delle professioni del biotech italiano.
“In questi anni abbiamo assistito al progressivo incremento della domanda di professioni ad alta specializzazione come ricercatori bioinformatici, esperti di intelligenza artificiale e di machine learning”, commenta Federico Viganò, componente del Consiglio di Presidenza di Assobiotec – Federchimica.
“I dati confermano che la continua evoluzione del settore porterà importanti trasformazioni delle competenze, con crescente difficoltà da parte delle imprese di reperire profili biotech sul mercato. Per prepararci al futuro, in questo contesto in profonda trasformazione, è fondamentale creare un dialogo proattivo fra imprese, università e ITS. Per allineare sempre più e sempre meglio i percorsi formativi con la domanda di lavoro nel biotech italiano”.
Innovazione tecnologica come driver di crescita
L’analisi delle aree di rischio e opportunità occupazionale evidenzia come il 61% della forza lavoro sia attualmente occupata in professioni per cui è attesa un’elevata domanda di lavoro, a fronte di una scarsa quantità di forza lavoro. Professioni che dunque presentano forti opportunità occupazionali. Al contrario, solamente il 12% della forza lavoro si compone di profili impiegati in professioni con un’elevata occupazione e una bassa crescita della domanda in futuro. Essendo i più esposti a rischi occupazionali, questi profili beneficerebbero in modo particolare dalla partecipazione a percorsi mirati di reskilling.
Tra i trend trasformativi, quello di maggior impatto sull’andamento della domanda di lavoro nel settore biotech italiano è senza dubbio l’innovazione tecnologica. Il crescente ricorso all’automazione e a soluzioni AI, nella produzione di farmaci, nelle procedure di laboratorio, e nell’utilizzo di mezzi agricoli, solo per fare alcuni esempi, comporteranno una progressiva diminuzione della domanda per i segmenti della forza lavoro meno qualificati. Al contrario, l’adozione di tecnologie innovative stimolerà un aumento della domanda per figure tech-savy, altamente qualificate e con competenze digitali.
Cambiano gli skillset, cresce il mismatch nel biotech italiano
Per quanto riguarda l’evoluzione degli insiemi di competenze, l’analisi predittiva segnala una crescente complessità, con conseguenze significative. La prima riguarda l’evoluzione delle competenze più importanti per i lavoratori del settore: non solo skill digitali, ma anche competenze manageriali, di pensiero critico e di comunicazione. Anche le cosiddette “green skills” aumenteranno la propria importanza nello skillset caratterizzante il settore biotech italiano.
Al contrario, alcune competenze più convenzionali per il settore vedranno una riduzione del loro peso relativo. A segnalare il progressivo spostamento verso profili più tecnologici e multidisciplinari. Si rileva dunque una crescente difficoltà di reperimento delle professioni, che coinvolge il 60% dei profili la cui domanda di lavoro viene prevista in crescita. Mentre per il restante 40% tale difficoltà risulta stabile.
La seconda conseguenza riguarda il crescente disallineamento fra competenze possedute da coloro che escono dai percorsi di studio terziari (lauree, ITS e dottorati) e quelle richieste dai datori di lavoro. Il modello prevede un mismatch in crescita per tutti i percorsi di studio entro il 2035. Una difficoltà strutturale del sistema di istruzione e formazione, a tutti i livelli, nell’allineare i curricula con i bisogni del mercato del lavoro.
Come vincere la sfida? Upskilling e reskilling
In conclusione, le previsioni elaborate a partire dal modello predittivo sottolineano come per gli operatori del settore biotech sia quanto mai importante la definizione e l’implementazione di efficaci strategie di recruiting e retaining della forza lavoro. In particolare per quei profili la cui domanda crescerà in futuro ma per cui il bacino di forza lavoro reperibile è ancora relativamente ristretto. Altrettanto importanti l’upskilling e il reskilling delle risorse già occupate, anche attraverso una più stretta collaborazione tra aziende biotech e mondo dell’istruzione e della formazione.
Scarica e leggi lo studio predittivo di EY e Assobiotec sulle professioni biotech italiano.