Il mentoring come stile organizzativo evoluto

Tra le varie possibilità che supportano l’inserimento di nuove risorse c’è il “mentoring”: una pratica formativa che rappresenta un utile strumento al servizio dello stile organizzativo, su cui va fatta una riflessione ancora più approfondita in relazione al percorso di smart working a cui molte aziende stanno tendendo.

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Mentoring per l'inserimento in azienda

di Rosario Sgroi |

Se si pensa alla vita dell’azienda in un’ottica sistemica, la quantità di relazioni e interdipendenze che si generano sono mutevoli e di diversa intensità. Proprio in questa ottica, uno dei problemi che dovrebbe porsi ogni direzione del personale è come canalizzare la forza della relazione e quanto lasciarla alla libera gestione interpersonale.

Certamente, nell’ambito della gestione delle Risorse Umane, uno dei momenti più importanti, in termini di equilibri interni, è quello dell’inserimento di una nuova risorsa, che incide sul network, diretto e indiretto dell’azienda. E se una nuova professionalità viene inserita non solo per sostituire, ma anche per riorganizzare le attività da gestire, il responsabile HR si deve attivare per facilitare questo percorso.

Tra le varie possibilità che supportano l’inserimento di nuove risorse c’è il mentoring, da molti definito come una pratica formativa, anche se personalmente preferisco individuarlo all’interno degli strumenti al servizio dello stile organizzativo. Il mentoring mira infatti ad aiutare a gestire le relazioni, le procedure e i cambiamenti in modalità cooperativa, informale e istituzionalizzata. Il mentoring mi porta alla mente ciò che avviene nelle inaugurazioni delle Olimpiadi, con i tedofori che si passano la fiaccola fino a giungere all’ultima tappa dove si accende un grande fuoco. Come se ogni risorsa avesse una propria fiaccola da passare ai colleghi con l’obiettivo unico di accendere la propria azienda.

In tal senso potremmo definire il mentoring come uno stile organizzativo, in quanto è un processo virtuoso che va costruito, prima insieme ai mentor e poi condiviso con i mentee, in un’ottica di adattamento, cambiamento e crescita personale. Il mentoring prevede l’assenza di un rapporto gerarchico tra mentor e mentee, che accetta più favorevolmente il feedback perché si sente più vicino al mentor.

Strutturare un percorso di mentoring

Per dare una strutturazione al percorso di mentorig non si può prescindere dall’individuazione degli obiettivi generali e specifici. I primi passano dalla mission aziendale, dalla voglia di includere le nuove risorse, dalla consapevolezza che una relazione professionale sana si sviluppa anche dalla capacità di generare empatia ed empowerment. L’identificazione degli obiettivi generali, quindi, deve avere natura ispirazionale, prima di tutto nei confronti dei mentor e va definita dalle prime linee aziendali. Gli obiettivi specifici, invece, scendono a un livello più operativo. Nel quale vengono declinate le aspettative in termini di efficacia organizzativa e contemporaneamente definiti gli spazi che l’azienda intende dare a questa attività.

Inoltre, nell’obiettivo specifico rientra anche la responsabilizzazione a cui è chiamato il mentor, che si assume il difficile ruolo di “raccontare” l’azienda e “accompagnare” il mentee nel miglior modo possibile. Dopo la definizione degli obiettivi risulta cruciale, per la buona riuscita del percorso, individuare le fasi del mentoring. Che potrebbero essere declinate nel seguente modo:

  • scegliere le aree aziendali che sono adeguate a un percorso di mentoring;
  • prevedere eventuali criteri di scelta dei mentor da parte dell’azienda;
  • individuare le modalità di candidatura dei mentor e di scelta da parte del mentee;
  • prevedere dei referenti che possano verificare e supportare il percorso di mentoring;
  • scegliere lo spazio di azione del mentoring;
  • definire la durata complessiva e il timing delle attività;
  • organizzare un’azione formativa e di sensibilizzazione a favore del mentor;
  • verificare il raggiungimento dei risultati.

Tali fasi sono esemplificative di un possibile percorso, ma possono essere integrate o eliminate in funzione dell’attività aziendale e degli obiettivi preposti.

La scelta del mentor e il timing delle attività

Mi preme focalizzare l’attenzione in particolare su due fasi: la scelta del mentor e il timing delle attività. Per quanto concerne la scelta del mentor, pur essendo l’adesione del mentor un’azione spontanea, non possiamo sottovalutare che non tutti hanno la vocazione o le competenze per supportare un percorso di mentoring e gestire contestualmente la tensione esistente tra empatia e neutralità. Questo perché il mentor deve avere la capacità di “mettersi nei panni dell’altro” in modo da trovare canali di comunicazione coerenti all’azione aziendale e agli obiettivi preposti. Ma allo stesso tempo l’empatia non può prescindere dalla neutralità, che è richiesta al mentor per evitare giudizi di merito sul mentee, per evitare che qualsiasi interferenza personale possa rendere squilibrato il progetto di affiancamento.

Infine, il timing rappresenta una variabile non secondaria nel progetto di mentoring. Quindi vanno definiti il numero di incontri, durata e periodicità all’interno di un arco temporale già delineato. Dopo tale periodo, il percorso di mentoring si concluderà se tutti gli attori lo riterranno utile o proseguirà per migliorarne alcuni elementi.

Il ruolo dello smart working

Il percorso delineato proviene dall’esperienza di un’organizzazione che vive la propria quotidianità all’interno dell’azienda. Ma oggi va fatta una riflessione ancora più approfondita in relazione al percorso di smart working a cui molte aziende stanno tendendo. Se lo smart working riguarda non il luogo fisico in cui si lavora, ma la capacità di raggiungere gli obiettivi aziendali a prescindere dal contesto, secondo un nuovo paradigma di leadership e flessibilità, allora ancora di più il mentoring può assumere un ruolo decisivo.

Infatti, è proprio partendo da una rimodulazione delle relazioni in presenza tra colleghi che si rende necessario un nuovo sistema di integrazione e collaborazione tra persone, che prescinda dall’operatività quotidiana e vada nella direzione dell’unitarietà aziendale.


Rosario Sgroi è Head of Training Academy and Managing Director della Private High School Maior.

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