Più sicuri se formati

L’informazione, la formazione e l’addestramento rappresentano momenti essenziali per la sicurezza dei lavoratori: a conferma il fatto che esiste una specifica violazione riferita alla mancata formazione e addestramento dei dipendenti

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Sicurezza sul lavoro, la normativa sulla formazione

di Mario Pagano |

Uno dei primi fattori che statisticamente scongiura un infortunio sul lavoro è indubbiamente dato dalla capacità che il lavoratore in questione ha di svolgere consapevolmente le mansioni alle quali è stato assegnato.

Non parliamo solo di saper fare il proprio lavoro, ma anche di saperlo fare in un determinato contesto lavorativo, che può essere differente in ragione del diverso ambiente e luogo di lavoro nel quale ci si trova. Appare, quindi, evidente quanto la fase informativa e formativa rappresenti un momento essenziale nella crescita professionale di un lavoratore, oltre a costituire un adempimento che garantisce anche al datore di lavoro che il proprio personale operi in sicurezza, tutelando se stesso e i propri colleghi.

Gli obblighi e le sanzioni

È partendo da queste brevi e apparentemente ovvie considerazioni che possiamo comprendere meglio perché l’informazione, la formazione e l’addestramento rivestano uno spazio importante tra gli obblighi previsti dal TU 81/2008. E perché, di recente, lo stesso decreto trasparenza, D.Lgs. 104/2022, sia intervenuto anche in tema di formazione obbligatoria, delineando una norma ad hoc (art. 11), che ha inevitabilmente riacceso i fari degli addetti ai lavori su questo argomento.

Del resto, ancora prima del decreto 104/2022, ci aveva pensato il decreto fiscale DL 146/2021. Nel novellare e potenziare il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, disciplinato dall’art.14 D.Lgs. 81/2008, per motivi legati alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, è stata, infatti, individuata una specifica violazione, riferita alla mancata formazione e addestramento dei dipendenti. Oggi il personale ispettivo, che accerti una tale carenza, andrà a bloccare l’attività lavorativa di chi sarà risultato sprovvisto delle minime nozioni utili a svolgere in sicurezza il proprio lavoro.

Ciò fino a quando tale situazione non sarà sanata, garantendo al lavoratore, seppur tardivamente, la formazione e l’addestramento dei quali aveva diritto. Senza dimenticare che sempre il decreto 146/2021 ha esteso l’obbligo di formazione anche al datore di lavoro. Ciò non appena la conferenza Stato Regioni adotterà uno specifico accordo in merito, così come voluto dal nuovo comma 2 dell’art. 37 D.Lgs. 81/2008, necessario a determinare i contenuti minimi e modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro. Nonché i criteri di verifica finale di apprendimento.

Peraltro, il diritto a ricevere un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, non è solo una prerogativa dei lavoratori ma, oltre al datore di lavoro, come visto, si estende anche ai dirigenti e ai preposti (art. 37 comma 7). A questo punto diventa fondamentale capire cosa si intenda per informazione, formazione e addestramento, secondo quanto previsto dal citato TU 81/2008. Il punto di partenza è rappresentato dall’art. 2 lett. aa) dello stesso D.Lgs. 81/2008. Che definisce la “formazione” come un processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori e agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili all’acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e all’identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi.

La fase informativa

La successiva lettera bb) passa, invece, a esaminare la diversa fase dell’“informazione”. Ossia il complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili all’identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro. Appare evidente come, in un’ipotetica scala, alla base vi sia proprio la fase informativa, preliminare al processo conoscitivo del lavoratore, che viene messo nelle condizioni di orientarsi in modo adeguato nell’ambiente lavorativo che lo circonda. Acquisendo la capacità di conoscere i possibili pericoli e i rischi ai quali può essere sottoposto.

Il gradino immediatamente successivo è, quindi, costituito dalla formazione che ha, evidentemente, un’accezione più operativa. Andando a declinare come effettivamente il lavoratore deve operare nello svolgimento delle proprie mansioni, avendo nel contempo chiari i rischi esistenti. Ai quali potrà fare fronte in ambito lavorativo proprio attraverso le tecniche e le corrette procedure, che gli sono state trasferite nella fase formativa. Ai concetti di informazione e formazione si accompagna, poi, quello di addestramento. La definizione è contenuta direttamente nella lett. cc), dalla quale emerge un’ulteriore evoluzione in chiave dinamica della professionalità del lavoratore. Infatti, l’addestramento rappresenta il diverso complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro.

Ulteriori dettagli preliminari

Scendendo ancor più nel dettaglio della nostra disamina, l’art. 36 del TU 81/2008 precisa che il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione su:

  • rischi per la salute e sicurezza sul lavoro, connessi alla attività dell’impresa in generale;
  • procedure relative a primo soccorso, lotta antincendio, evacuazione dei luoghi di lavoro;
  • nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di primo soccorso e prevenzione incendi;
  • nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione, e del medico competente.

Inoltre, la fase informativa deve comprendere i rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia. I pericoli connessi all’uso delle sostanze e delle miscele pericolose sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica. E, infine, le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate. Le modalità, con cui tali nozioni devono essere trasmesse, sono precisate dal comma 4 dello stesso art. 36: il contenuto dell’informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove l’informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo.

La fase formativa

Il successivo art. 37 impone, invece, al datore di lavoro di assicurare una formazione sufficiente e adeguata in materia di salute e sicurezza. Con particolare riferimento a concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza. Nonché sui rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.

Senza dimenticare che la formazione deve anche riguardare gli eventuali rischi specifici, ossia quelli caratteristici del tipo di attività lavorativa che deve essere svolta. Da un punto di vista più concreto, la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza Stato – Regioni (quello attualmente vigente è del 21.12.2011).

L’addestramento

Se informazione e formazione rappresentano due momenti imprescindibili per qualunque mansione e lavoratore, altrettanto non può dirsi dell’addestramento. Tale ultima fase risulta obbligatoria in determinate circostanze, previste da specifiche disposizioni del TU. Come, ad esempio, per utilizzo di attrezzature da lavoro, di DPI appartenenti alla III categoria e dispositivi di protezione dell’udito, di sistemi di accesso e posizionamento mediante funi, per i lavoratori e preposti addetti al montaggio, smontaggio, trasformazione di ponteggi nonché per la movimentazione manuale dei carichi.

In ogni caso, l’addestramento, alla luce delle recenti novelle introdotte dal citato DL 146/2021, deve essere effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro. E consiste nella prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, oltre all’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Peraltro, lo stesso novellato comma 5 ultimo periodo dell’art. 37, prescrive la registrazione dell’addestramento effettuato in apposito registro anche informatizzato.

Tempistiche e obblighi

Quanto al momento in cui devono essere assolti tali oneri, da parte del datore di lavoro, l’art. 37 comma 4, stabilisce che la formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico devono avvenire in occasione di:

  • costituzione del rapporto di lavoro o inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
  • trasferimento o cambiamento di mansioni;
  • introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e miscele pericolose.

Occorre però precisare che l’Accordo Stato-Regioni del 2011, come ricordato di recente anche dalla circolare n. 3/2022 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, consente di completare la formazione del dipendente entro sessanta giorni dalla sua assunzione. Tuttavia, ciò non vuole dire, come confermato dalla stessa Cassazione (si veda 27779/2013), che il lavoratore possa essere, comunque, adibito a mansioni che lo espongano a pericolo, senza aver fornito allo stesso le necessarie conoscenze in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Infine, non va dimenticato, che il comma 1 del nuovo articolo 11 del decreto trasparenza, stabilisce che quando il datore di lavoro è tenuto, secondo previsioni di legge o di contratto individuale o collettivo, a erogare ai lavoratori una formazione per lo svolgimento del lavoro per cui sono impiegati. Tale formazione, da garantire gratuitamente a tutti i lavoratori, va considerata come orario di lavoro e, ove possibile, deve svolgersi durante lo stesso. Tale assunto non costituisce, almeno per la materia della salute e sicurezza, un’assoluta novità se si pensa a quanto già previsto dal comma 12 del citato art. 37, secondo il quale la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve avvenire durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico degli stessi.


Mario Pagano è collaboratore della Direzione Centrale Coordinamento Giuridico dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere impegnativo per l’amministrazione di appartenenza.

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