La “rinascita” che parte dai manager

Il progetto Rinascita Manageriale per chi assume un dirigente inoccupato o un temporary manager; il percorso di outplacement per avvicinare i manager alle aziende interessate; il valore strategico della parità di genere. Sono alcune delle questioni che abbiamo affrontato con Stefano Cuzzilla, Presidente di 4.Manager e Federmanager

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manager italiani: le attività di 4.Manager e Federmanager

di Laura Reggiani |

Costituita nel 2017 da Confindustria e Federmanager per sostenere la crescita dei manager e delle imprese, 4.Manager si pone l’obiettivo di contribuire a generare uno sviluppo sostenibile e duraturo elaborando, attraverso l’Osservatorio Mercato del Lavoro e Competenze Manageriali, studi e ricerche per individuare strategie e azioni di politica attiva del lavoro. Ma anche realizzando progetti nazionali e territoriali per sviluppare una nuova cultura d’impresa e manageriale, collaborando con le Istituzioni Europee, Nazionali e Regionali per favorire la managerialità nelle imprese.

A presiedere 4.Manager è Stefano Cuzzilla, che ci ha raccontato come l’organizzazione, da sempre in prima linea per la valorizzazione del patrimonio delle competenze manageriali a beneficio della crescita delle imprese, ha recentemente lanciato il progetto “Rinascita Manageriale”. Un’iniziativa di politica attiva per la ripresa del Paese, che si rivolge alle aziende che assumono un manager inoccupato o scelgono un temporary manager.

Che cosa significa per 4.Manager favorire le politiche attive del lavoro?

Favorire le politiche attive per 4.Manager significa puntare su uno sviluppo inclusivo con al centro le persone. Bene essenziale in un Paese come l’Italia, dove le materie prime più importanti sono l’ingegno, la creatività, la bravura e le capacità di business di uomini e donne che ogni giorno si impegnano per far crescere le nostre imprese. Le iniziative di 4.Manager vogliono essere quindi dei propulsori di competitività e competenza, che puntano a ridurre le asimmetrie di mercato e garantire allo stesso tempo occupazione, innovazione e produzione con un approccio win win. Sono necessarie quindi misure in grado di supportare le aziende nei processi di cambiamento attraverso la valorizzazione delle alte competenze.

Su queste basi 4.Manager ha costruito un sistema di politiche attive che tiene conto sia delle situazioni in cui, purtroppo, i manager sono in uscita dalle imprese, sia i casi in cui le imprese cercano le competenze necessarie alla loro crescita. Si tratta delle facce di una stessa medaglia. Per quanto riguarda il sostegno alle aziende in cerca di competenze per realizzare i propri piani di sviluppo, abbiamo avviato il progetto “Rinascita Manageriale” che prevede un supporto a tutto tondo per le aziende che ingaggiano un manager inoccupato. Da un contributo fino a 30mila euro per concorrere ai costi sostenuti nelle fasi di assessment aziendale e di ricerca e selezione del personale, a una copertura dei costi, lato azienda, per l’iscrizione Fasi, all’accesso gratuito per il manager a una piattaforma di e-learning. Il progetto è rivolto alle imprese che applicano il Ccnl dirigenti industria del 2019 e versano il contributo a 4.Manager e a dirigenti industriali inoccupati da non più di 24 mesi.

La questione dell’outplacement dei dirigenti è di particolare rilevanza. In che modo 4.Manager supporta questo processo fondamentale per il riposizionamento dei talenti?

Noi interveniamo con un contributo di 3.000 euro per le imprese iscritte a 4.Manager che attivino un percorso di outplacement a favore dei loro dirigenti in uscita. È uno strumento che promuoviamo con forza sul territorio, soprattutto perché si incontra ancora qualche resistenza. In questa partita ci sono due vincitori: l’impresa guadagna in termini di responsabilità sociale, il manager si sente accompagnato in questa fase delicata della sua vita lavorativa. È una questione culturale che va coltivata anche a fronte dei risultati raggiunti. Abbiamo attivato circa 90 percorsi, 38 si sono già conclusi con ben 37 manager impegnati in una nuova attività andando a ricoprire anche posizioni di grande responsabilità in nuove aziende.

È stato fatto un bel lavoro di matching tra domanda e offerta manageriale, grazie anche al lavoro di società convenzionate altamente specializzate in outplacement. Non solo, Federmanager, con il sostegno di 4.Manager, si è mossa anche su un altro fronte, attivando una forma sperimentale di politica attiva. Un servizio di sostegno alla ricollocazione professionale completamente gratuito a 50 dirigenti inoccupati che hanno perso il lavoro dopo il 30 giugno 2020 e che provengono da un’azienda cessata o sottoposta a procedura concorsuale, che non può sostenere economicamente il percorso, dopo la crisi del sistema produttivo a causa della pandemia.

L’attualità spinge sempre più a cavalcare il cambiamento, ad essere predittivi e cercare strategie che anticipino il futuro. Per le imprese questo significa innovare i modelli di business. Cosa emerge dal rapporto del vostro Osservatorio “Management e innovazione dei modelli di business”?

Emerge che manager e skills è un binomio imprescindibile nei processi di innovazione dei modelli di business. La Business Model Innovation richiede una predisposizione molto spiccata al cambiamento. Insieme alla capacità di gestire interventi complessi sull’intera catena di creazione del valore. E, affinché si compia in modo efficace, richiede una nuova sinergia tra imprenditori (promotori del cambiamento) e manager (cinghia di trasmissione del cambiamento) e tra questi e tutti i collaboratori aziendali, interni ed esterni. La ricerca condotta dall’Osservatorio ha rivelato che nei processi d’innovazione dei modelli di business il contributo dei manager è considerato “molto importante” dal 70% del campione intervistato. Ai manager è richiesta la capacità di fungere da connettori di persone e di processi, di anticipare in modo creativo le tendenze del mercato e di integrare trasversalmente asset e competenze, attraverso la combinazione di hard skill (competenze tecniche e specialistiche) e soft skill (quelle comportamentali). Utili a rendere omogeneo il processo di cambiamento, a tutti i livelli. Lo esprime il 40% del campione.

Ma il dato che colpisce maggiormente, emerso dalla ricerca, riguarda il 44% che ritiene fondamentali le soft skills come competenze manageriali su cui investire. Si tratta delle abilità comportamentali, che sono spesso sottovalutate. L’84% del campione colloca al primo posto il problem solving, seguito dalla relazione e dal coinvolgimento per l’82%, la visione strategica per l’81%, l’empatia per il 71% dei casi.

Perché è importante parlare di Gender Gap in ambito manageriale? A che punto siamo?

Ad oggi, in Italia, le posizioni manageriali femminili sono solo il 28% del totale. Uno scenario aggravato dalla pandemia, che ha avuto l’effetto di rallentare il processo di superamento del gender gap nel mercato del lavoro. In generale, nel 2020, il tasso di partecipazione delle donne italiane al mondo del lavoro è stato del 53,1 %, con un divario di genere del 19%. È quanto emerge dal Rapporto dell’Osservatorio mercato del lavoro e competenze manageriali di 4.Manager “Nuovi orizzonti manageriali, superare il gender gap: facciamo goal per ripartire”. I tempi per la parità di genere rischiano di allungarsi di un’altra generazione a causa del Covid.

Il superamento del gap nel mondo del lavoro non è solo una questione sociale, ma è una questione centrale, culturale ed educativa, per lo sviluppo del Paese. Occorre disegnare un nuovo orizzonte con le donne protagoniste, per costruire nuove prospettive di rilancio per le imprese e per il sistema produttivo. L’equilibrio di genere fa crescere il Pil e le imprese. Le aziende con governance mista sono più competitive e reagiscono meglio nei contesti di crisi.

Il gap retributivo e il welfare aziendale sono le aree di intervento più urgenti da affrontare e risolvere. Ci può fornire qualche numero?

Nelle posizioni manageriali femminili, i numeri mostrano uno scenario altrettanto difficile. Su 605 mila posizioni, solo il 28% è affidato a figure femminili (fonte Inps), quota che si riduce al 18% se consideriamo le posizioni regolate da un contratto da dirigente, sostanzialmente ferme (0,3%) da 10 anni. L’analisi condotta dall’Osservatorio su un campione di circa 17mila imprese italiane indica che l’83,5% è a conduzione maschile. Il 12,2% è a conduzione femminile e il restante 4,3% è a conduzione paritaria. Le imprese dove la conduzione femminile è più diffusa sono Pmi e microimprese e si concentrano soprattutto al Sud e nelle Isole. Per quanto riguarda i settori, quelle Manifatturiere (52,9%) e quelle operanti nella Sanità e nell’Assistenza Sociale (29,8%).

Inoltre, si evidenzia che degli oltre 44mila consiglieri solo il 19% sono donne. La carica di Presidente e di Amministratore delegato è affidata a una donna solo nel 12% dei casi. Per l’Amministratore unico, la percentuale femminile sale al 22,5% ed è legata a una più ridotta dimensione aziendale. Per gli imprenditori e i manager, donne e uomini intervistati, contrastare la disparità di genere significa soprattutto affrontare “gli stereotipi di genere” (69,6%), “il gap retributivo” (58,9%) e “il basso numero di donne nelle posizioni di potere” (57,4%). Le leve aziendali da manovrare per mitigare il gap di genere sono lo stile di leadership, il modello organizzativo, il people management e il welfare aziendale.

Cosa si può fare concretamente per superare il gap?

Per superare il gap bisogna mettere in atto una serie di iniziative concrete. Investire negli incentivi per l’assunzione delle donne, destinare una quota delle risorse destinate alla formazione aziendale a corsi su diversità e inclusione, favorire la transizione digitale e sostenibile e al contempo la managerializzazione delle Pmi e attivare piattaforme fisiche e digitali per promuovere processi collaborativi realizzati secondo la prospettiva di genere.

La certificazione della parità di genere rappresenta un passo avanti per le donne. Cosa ne pensa?

L’entrata in vigore della nuova legge sulla parità retributiva uomo-donna, che ha istituito dal 1° gennaio la “certificazione della parità di genere” per le aziende e lo sgravio contributivo per chi ne è in possesso, è stato sicuramente un passo importante. Frutto della sinergia che abbiamo avviato e stiamo portando avanti da anni con il governo, che ora ha inserito il tema nella missione 5 del Pnrr, destinando dieci milioni di euro. In quest’ottica, anche la Commissione europea ha elaborato una strategia per la parità di genere con l’obiettivo di compiere progressi significativi entro il 2025 e ha proposto misure vincolati in materia di trasparenza retributiva. Si tratta di misure concrete, in grado di innescare meccanismi di cambiamento interno che sono quanto mai urgenti e necessari. Perché ancora la strada da fare è piuttosto lunga.

Chi è Stefano Cuzzilla

Manager: intervista al presidente di 4.manager CuzzillaNato a Roma nel 1965 e laureato in Giurisprudenza, Stefano Cuzzilla è dirigente industriale presso Enav. È Presidente nazionale di Federmanager dal maggio 2015, Amministratore delegato di IWS (Industria, Welfare, Salute) e Presidente di 4.Manager, Associazione costituita da Federmanager e Confindustria per la realizzazione di attività e strumenti di comune interesse verso i soggetti destinatari della contrattazione collettiva nazionale.

È anche Presidente dell’Assemblea Fasi, Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi, e membro del Comitato Promotore di Fondirigenti, Fondo interprofessionale per la formazione continua dei dirigenti, promosso da Confindustria e Federmanager. Da maggio 2021 è Consigliere di amministrazione del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane. Ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti, tra cui l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana”.

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