Ancora molti “gap” negli stipendi in Italia

Lo studio di JobPricing sulle retribuzioni italiane rivela che la crisi sanitaria si è accanita soprattutto sulle fasce di lavoratori più deboli e che le normali dinamiche del mercato del lavoro sono state “congelate” in modo forzoso dal blocco temporaneo dei licenziamenti.

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gender gap retribuzioni

di Cleopatra Gatti |

Gli interventi del Governo a sostegno del reddito e dell’occupazione non consentono ancora di valutare appieno la portata della crisi in corso sulle retribuzioni degli italiani.

Ma, come ci spiega Federico Ferri, Senior Partner JobPricing, che ha realizzato uno studio dedicato alle retribuzioni italiane, alcune cose appaiono ben chiare: “Guardando alla retribuzione fissa, si conferma la sostanziale stagnazione che osserviamo da alcuni semestri. Il blocco dei licenziamenti ancora in corso sta procrastinando un ulteriore aggiustamento al ribasso che molto probabilmente colpirà ulteriormente i lavoratori a bassa qualifica, e tra questi la componente femminile, che ha già visto un calo di oltre 300.000 posti di lavoro nel 2020. L’impatto della pandemia si rileva invece chiaramente analizzando l’andamento delle retribuzioni variabili, che mostrano, come era prevedibile, un forte calo sia nella misura, che arriva al -24% per gli impiegati e a -44% per gli operai, che nella platea dei percettori, con cali addirittura al 30% per gli operai. Di conseguenza, il calo delle retribuzioni globali annue è stato più forte per gli operai e gli impiegati, anche se molti di questi, insieme ai quadri e ai dirigenti, hanno potuto beneficiare della “protezione” rappresentata dal ricorso allo smart working, che in qualche modo ha permesso di ridurre l’impatto della crisi per queste categorie”. 

I dati sulle retribuzioni

Il primo dato che emerge dallo studio è che gli stipendi italiani si collocano al 9° posto della eurozona, subito dopo Francia e Germania, che hanno però stipendi lordi e netti molto più elevati. Secondo la Ocse la retribuzione media italiana è stata di 30.028 euro nel 2019 ovvero minore di 12.393 euro rispetto a quella della Germania e di 9.071 euro rispetto a quella della Francia. In presenza di una tassazione elevata, ma comunque comparabile a quella tedesca e francese, il reddito netto disponibile ne risulta fortemente penalizzato e così pure il potere di acquisto. Che la pandemia abbia avuto delle ripercussioni pesanti sui salari degli italiani è noto a tutti, e le perdite sono dovute alle ore lavorative che sono diminuite e alla perdita dell’occupazione.

Secondo il “Global Wage Report” dell’Ilo, nel primo semestre 2020, per quanto concerne la perdita dovuta a ore lavorate, a fronte di una perdita media del -5,4%, l’Italia si posiziona peggio della media con un -6,7%. La stessa dinamica si osserva nella diminuzione percentuale di salario dovuta alla perdita di occupati (dove l’Italia registra un -7,6% a fronte di un valore medio di -6,3%). Da segnalare anche che le retribuzioni annue lorde nel 2020 sono rimaste ferme confermando l’arresto di una crescita molto modesta nell’ultimo quinquennio. Nel 2020 JobPricing rileva che in Italia la retribuzione annua media lorda è stata pari a 29.222 (nel 2019 era 29.235 euro). Una stagnazione dei salari che si spiega con un sostanziale appiattimento della produttività nel nostro Paese. L’effetto combinato di una Ral media congelata e di variabili in calo ha impattato complessivamente in modo negativo sulla retribuzione globale annua, che è calata in media del -2,3%. Tra il 2019 e il 2020 l’inflazione è diminuita dello -0,2% compensando in parte la diminuzione delle retribuzioni.

Più alti in Lombardia, più bassi in Basilicata

Come è noto, le retribuzioni al nord sono più elevate per tutte le qualifiche contrattuali, ma i trend favoriscono il sud e le isole. Rispetto alla Ral media nazionale al nord si guadagna in media il 3,4% in più, al centro lo 0,1% in più e al Sud e nelle isole il 9,3% in meno. La classifica però si inverte se si guarda ai trend: negli ultimi 5 anni sono incrementati del 4,3% per sud e isole, del 2,9% per il centro e solo dell’1% per il nord.

La dinamica retributiva favorevole al sud e al centro, rispetto al nord, deriva soprattutto dall’andamento degli stipendi di operai e quadri. La Lombardia si conferma al top degli stipendi, la Basilicata in fondo alla classifica. La regione dove si guadagna di più è la Lombardia (31.392 euro) seguita dal Trentino Alto-Adige e dal Lazio. Le ultime posizioni del ranking sono occupate da Basilicata, Calabria e Sicilia (tutte inferiori a 26.000 euro). I trend migliori 2019-2020 appartengono al Friuli Venezia Giulia (+2,1%) Abruzzo (+1,4%) e Liguria (+1,4%). Quelli peggiori a Puglia (-1,1%), Lazio (-0,9%) ed Emilia Romagna (-0,9%).

Più alti nel banking, più bassi in agricoltura

Nel banking e nei servizi finanziari troviamo le retribuzioni più alte, nel settore primario quelle più basse, con un delta di oltre 18.700 euro lordi. Con una retribuzione media di 42.773 euro i servizi finanziari primeggiano per retribuzione e trend. All’ultimo posto in classifica si trova l’agricoltura con una Ral media di 24.038 euro e un trend negativo. Nel complesso il trend 2015-2020 ha visto crescere la maggior parte dei settori (23 su 35): le tre industry con crescite maggiori sono state Horeca (+9,8%), banche e servizi finanziari (7,3%) quelle con il trend più negativo sono state farmaceutica e biotecnologie (-3,8%), navale (-4.7%).

Se guardiamo al settore Horeca, però, si tratta di un trend di crescita illusorio, in gran parte determinato dall’uscita dal mercato di molte persone con basse qualifiche e quindi basse retribuzioni. È indispensabile ricordare che, in un anno come il 2020, le ore di cassa integrazione siano un fattore fondamentale per interpretare correttamente gli andamenti salariali. In particolare, risulta abbastanza evidente come, in generale, nei settori dove la crisi è stata più sentita e il ricorso all’integrazione salariale più massiccio (ad esempio il commercio al dettaglio e la ristorazione), si sono avuti andamenti delle retribuzioni più negativi, mentre laddove il settore ha ricorso meno a tali strumenti (come nell’alimentare) il trend salariale è stato decisamente migliore.

In aumento il Gender Gap

Anche il Gender Gap aumenta rispetto al 2019 (+0.4%): in base ai dati Eurostat l’Italia si posiziona al 17mo posto su 24 Stati in Europa. Dai dati di JobPricing emerge che gli uomini guadagnano in media 3.000 euro lordi in più rispetto alle donne (+11,4%) ed è come se queste ultime lavorassero 12 mesi all’anno, ma se ne vedessero retribuire solo meno di 11, cominciando a percepire la retribuzione solo dal 7 febbraio in poi. La discriminazione è più forte nelle qualifiche contrattuali inferiori.

Inoltre, la pandemia ha colpito duramente soprattutto le donne; dei 444mila posti di lavoro persi nel 2020, 312mila era occupato da donne, soprattutto con basse qualifiche e retribuzioni. Da segnalare invece in positivo la riduzione del gap tra giovani e vecchi; il differenziale fra chi ha fino a 24 anni e chi ne ha 55 si riduce da 46% al 43,7 % rispetto al 2019. Negli ultimi 5 anni il gap generazionale è diminuito grazie a una crescita delle retribuzioni in ingresso (+10.4%) contrapposta a una situazione stagnante che caratterizza tutte le altre fasce di età. Come titolo di studio è ovviamente la laurea a garantire un maggior vantaggio competitivo in termini di carriera e stipendio.

ALCUNI FENOMENI DA CONSIDERARE

In generale la pandemia ha acuito alcuni fenomeni che dovranno essere al centro dell’agenda politica nei mesi che verranno:

  • l’aumento delle diseguaglianze di reddito; il calo delle retribuzioni ha colpito molto di più chi aveva già retribuzioni basse, ampliando la distanza dal vertice della piramide;
  • la difficoltà dei giovani nell’accedere al mondo del lavoro, con un preoccupante aumento della schiera degli inattivi;
  • Il gender pay gap, che ha ripreso a crescere, trainato soprattutto da un maggiore differenziale fra gli operai;
  • l’investimento in competenze non solo consente di accedere a retribuzioni più elevate, ma anche di superare meglio le situazioni di crisi.

 

salari medi annui
I salari medi annuali nei principali Paesi dell’Ocse
(dati 2019, in dollari, fonte Ocse)

 

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