Smart Working e assenteismo: i dati di Abbrevia

Dallo studio “Smart Working, assenteismo e HR management”, realizzato da Abbrevia e GIDP, emerge che l’80% delle aziende ha accolto la nuova modalità lavorativa senza ripercussioni, ma che più della metà ne teme ora l’abuso.

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di Cleopatra Gatti |

Giunto alla seconda edizione, l’Osservatorio realizzato dalla società investigativa Abbrevia e dal Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale sviluppa un’analisi statistica del fenomeno dell’assenteismo e per il 2020 si arricchisce con la valutazione dell’approccio allo Smart Working.

Il campione analizzato e intervistato da Abbrevia e GIDP si compone di circa 80 aziende, la maggioranza delle quali ha sede nel nord-ovest (55%) e opera nei comparti industriali (44%) e nel campo dei servizi (45%), con un organico strutturato da più di 150 dipendenti (60%).

L’approccio allo strumento

Il primo focus sull’utilizzo dello Smart Working nel primo periodo emergenziale rivela che un’azienda su cinque ha applicato questa modalità su quasi la totalità dell’organico. In misura maggiore ne hanno usufruito le aziende con più di 500 dipendenti (28% con oltre il 91% della forza lavoro in Smart Working) e operanti nel settore del commercio e servizi (62% con più di metà risorse a distanza).

I dati di settembre segnano invece una diminuzione del ricorso al lavoro agile, che metà del campione applica a meno del 20% del personale. Di particolare interesse il tentativo di regolamentazione della nuova modalità operativa. Il 47% delle imprese non ha disciplinato lo Smart Working. Chi ha normato questo strumento, ha definito orari e luoghi di lavoro (24%) oppure gli obiettivi professionali (12%). A livello dimensionale, le aziende con meno di 150 dipendenti sono più propense a normalizzarlo (57%). Solo il 27% ha definito lo strumento con un accordo sindacale. Per la maggior parte dei responsabili del personale intervistati (80%), l’applicazione dello Smart Working non ha causato anomalie. D’altra parte, il 56% delle imprese si mostra favorevole all’introduzione di controlli sugli smart worker, soprattutto in aziende meno strutturate (62%). Infatti, entrando nell’analisi dei comportamenti scorretti, la neonata categoria dell’abuso dello Smart Working figura al primo posto (40%), seguita da un utilizzo scorretto dei permessi per malattia o infortunio (24%).

Il rischio assenteismo

In possibile correlazione con l’introduzione del lavoro agile, il fenomeno dell’assenteismo riporta un calo rispetto al 2019, con una media dei tassi di assenza (ferie e permessi esclusi) al 3,5% sul totale del monte ore, segnando un incremento all’aumentare della dimensione aziendale. Per il 70% del campione, si tratta di assenze brevi (2,1 giorni di media), più riconducibili a un “assenteismo tattico”. Infatti, un HR manager su tre riscontra dei picchi di assenza, per esempio, a ridosso del weekend (40%). In ogni caso, pur individuando gli illeciti, sono poche le aziende che intervengono: rispetto al 2019, quando a non agire era il 32% degli HR, oggi si è passati all’81%. Quando si interviene, l’accordo stragiudiziale è la via preferita dal 95% delle imprese. Il 38% degli intervistati, inoltre, dichiara di essersi rivolto a una società investigativa, proseguendo con l’affidamento di altri mandati dopo il primo caso (80%).

Il dossier ottenuto ha soddisfatto le aspettative del 90% degli HR, ottenendo un voto medio di 8 punti su 10. In conclusione, nonostante per 9 HR su 10 l’assenteismo non sia percepito come preoccupante all’interno della propria impresa, oltre il 70% degli intervistati ritiene che lo spettro dei dipendenti assenteisti rappresenti un rischio tra elevato e molto elevato a livello di danno aziendale.

UN CODICE ETICO PER IL LAVORO AGILE

Diligenza, fiducia e lealtà sono i valori fondanti di qualsiasi rapporto lavorativo. Le stesse caratteristiche su cui è necessario agire per accrescere consapevolezza e responsabilità in ogni ruolo aziendale.

Le stesse basi su cui gli HR puntano per riorganizzare i modelli di comunicazione nei confronti delle risorse umane. Un salto che è anzitutto culturale, fatto di processi da aggiornare, strumenti da innovare e mindset da superare. Una crescita che porta con sé ancora nuovi interrogativi, come la possibilità di una modalità ibrida di lavoro che unisca obiettivi professionali, necessità relazionali e private, al bisogno di conferme sulla produttività del gruppo di lavoro da remoto.

Risulta ormai chiaro che la modalità smart ha risvolti differenti, se vissuta dal punto di vista dello staff o dei manager. Già nel periodo pre-Covid, l’ottica di pregiudizio che in parte ancora aleggia tra imprenditori e responsabili del personale ha portato il tema dei controlli a essere fulcro di discussione. È qui che si colloca, infatti, il sistema di presupposti e implicazioni che ruota intorno alla liceità delle indagini sui dipendenti.

Quali saranno i nuovi processi di gestione delle attività a distanza? La dematerializzazione degli spazi di lavoro metterà a completo rischio il vincolo di fiducia basilare nei contratti tipici? Cosa figura oggi in cima alla to-do-list dei nodi da sbrogliare per gli HR Manager?

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