FondItalia: quando la formazione è al servizio delle Pmi

Un’analisi realizzata da FondItalia sui fabbisogni formativi delle piccole e micro imprese evidenzia l’interesse verso le tematiche formative insieme alla difficoltà a organizzare e progettare una formazione di qualità.

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di Laura Reggiani |

I Fondi interprofessionali, e dunque FondItalia, sono stati costituiti in Italia per iniziativa delle Parti Sociali che hanno condiviso la necessità di disporre di uno strumento autonomo, di facile accesso, flessibile e rapido per sostenere le imprese e i lavoratori nei processi di qualificazione e riqualificazione professionale e nel rafforzamento delle competenze manageriali utili alla crescita e allo sviluppo.

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La finalità è, dunque, quella di sviluppare processi formativi destinati a supportare il cambiamento e l’innovazione che accompagnano la crescita e lo sviluppo dell’impresa, attraverso la valorizzazione e l’implementazione del capitale umano. È questa la premessa da cui parte una interessante ricerca sulle esigenze formative delle piccole e microimprese realizzata nel biennio 2017-2018 da InforJob e commissionata da FondItalia. Ne abbiamo parlato con il direttore Egidio Sangue.

Direttore, cosa vi ha portato a realizzare questa ricerca?

Negli ultimi anni è maturata in FondItalia la volontà di affrontare il tema dell’analisi dei fabbisogni formativi espressi dalle imprese. Una rilevazione ex ante sostenuta dall’ipotesi che ottenere maggiori dati e informazioni in merito alle esigenze formative delle imprese contribuisse a incrementare la capacità di programmazione del Fondo, orientando gli investimenti in comunicazione e sensibilizzazione delle imprese aderenti e contribuendo a promuovere processi innovativi di servizio alle imprese finalizzati a stimolare la loro partecipazione alle attività formative. 

A ciò si è aggiunta la decisione di comparare i risultati della rilevazione effettuata con i consuntivi ex-post elaborati dal Fondo, al fine di rilevare eventuali gap tra domanda e offerta.

Entriamo nel merito della ricerca: come è stata strutturata e qual è stata l’ampiezza del campione raggiunto?

La ricerca è stata realizzata dall’associazione InforJob, la cui compagine associativa è rappresentata da Enti attuatori accreditati presso FondItalia, nonché dalle parti sociali costituenti il Fondo, e ha previsto una rilevazione dei fabbisogni professionali e formativi delle imprese aderenti a FondItalia affidata a 11 operatori selezionati tra gli Enti accreditati presso il Fondo in qualità di Enti Attuatori, risultati assegnatari di un totale di 27 lotti, ossia aree territoriali di rilevazione, previamente determinati dal Fondo.

La rilevazione è stata effettuata nelle 11 Regioni italiane maggiormente rappresentative e ha raggiunto circa 1.000 imprese, pari al 93% delle imprese aderenti al Fondo, localizzate nei lotti territoriali interessati dalla ricerca nell’annualità 2017-2018. Il 96% delle 1.000 imprese coinvolte nella rilevazione ha dichiarato di avere dimensioni piccole (per il 19%) o addirittura micro (per il 77%). La forma giuridica emersa con maggiore prevalenza è quella della Società a ResponsabilitàLimitata (38%), mentre i settori più rappresentati sono stati quelli del commercio, delle costruzioni, del manifatturiero, dei servizi alle imprese e della sanità.

Qual è stato il primo dato interessante emerso dalla ricerca?

Va detto che, prima di affrontare il comportamento delle imprese nei confronti della formazione, si è cercato di approfondire la relazione tra la percezione degli imprenditori sullo stato di salute dell’impresa a seguito del lungo periodo di crisi che dal 2017 ha caratterizzato l’economia italiana e il ricorso alla formazione come strumento di “regolazione”.

L’86% degli imprenditori ha mantenuto invariato o diminuito il proprio organico, e solo il 36% ritiene di poterlo incrementare nel futuro, prevedendo, in linea con le evidenze di altre indagini nazionali, l’utilizzo di canali informali – come la conoscenza diretta e il passaparola – quali modalità di reclutamento privilegiate e il ricorso a tipologie contrattuali flessibili per quanto riguarda invece le modalità di impiego. Tuttavia, anche a fronte della volontà di assumere nuovo personale, più della metà degli intervistati non ha ancora maturato un preciso identikit relativo ai possibili nuovi assunti.

Quali sono, dunque, i dati più rilevanti emersi in merito alle esigenze formative delle imprese di queste dimensioni?

Le indicazioni sui fabbisogni professionali espressi dalle imprese si collocano, nella quasi totalità, nei livelli medio-bassi delle classificazioni professionali, o per meglio dire nelle fasce di ingresso alla professione. Ad esempio, imparare le tecniche di base per svolgere il mestiere di operaio edile, carpentiere e muratore per il comparto edile, di commesso, addetto alle vendite e alla contabilità per il comparto del commercio, di elettricista e idraulico per il settore manufatturiero.

Il dato trova corrispondenza con il tradizionale processo di inserimento delle risorse umane nelle piccole e microimprese per le quali, in gran parte, la professionalità si acquisisce sul campo, nella pratica lavorativa, più che rappresentare un requisito di ingresso del lavoratore.

Da quanto emerso e in base alle considerazioni personali maturate, qual è la posizione effettiva delle piccole e microimprese rispetto alla formazione continua?

Analizzando i dati relativi alla partecipazione dei lavoratori e dei datori di lavoro alle attività di formazione nel breve periodo, è stato possibile differenziare le imprese in 3 gruppi.

Il primo gruppo è costituito da imprese che non hanno mai fatto formazione e che avvertono fortemente l’esigenza di realizzarla, esprimendo una vera e propria richiesta di aiuto. Tra le tematiche di interesse segnalate, quelle connesse alla formazione obbligatoria (per il 25% del gruppo), le lingue straniere, l’informatica, le capacità operative e la gestione del personale, le strategie commerciali, di marketing e di rete. Per quest’ultime, in particolare, la domanda di competenza sembra più ampia. Non solo di formazione, dunque, ma un supporto al processo reale di crescita professionale a beneficio dell’impresa e dei lavoratori.

Il secondo gruppo, che rappresenta circa il 60% del campione, è costituito da imprese nelle quali è stata realizzata formazione sia per i dipendenti che per i datori di lavoro e vi è disponibilità a realizzarla nuovamente in futuro. Si tratta di un gruppo di imprese considerate “ottimiste” in virtù di una forte previsione di crescita, con oltre 700 nuove assunzioni, per cui la formazione è considerata degna leva di sviluppo.

È interessante sottolineare, che per entrambi i gruppi, la possibilità di ricevere la certificazione delle competenze acquisite dai lavoratori mediante le attività di formazione, e non solo quella obbligatoria, rappresenti un forte stimolo a prendervi parte.

Compare, infine, un gruppo costituito da un numero molto esiguo di imprese, nelle quali, nonostante l’adesione ad un Fondo, non è mai stata realizzata formazione e non vi è neanche disponibilità a realizzarla in futuro.

A questo punto, ritiene possibile utilizzare le richieste espresse dalle imprese per indirizzare le politiche del Fondo e promuovere un’offerta davvero in linea con le reali esigenze formative di imprese e lavoratori?

Quanto richiesto rappresenta, di fatto, il quesito principale al termine di una rilevazione sui fabbisogni formativi e che, in sintesi, pongono l’interrogativo se i Fondi in generale, e FondItalia nello specifico, siano lo strumento adeguato a fornire le risposte attese. Per tornare ai risultati della rilevazione, l’83% delle imprese che hanno preso parte alla ricerca vedrebbe di buon occhio un servizio offerto da FondItalia per quanto riguarda la progettazione e l’organizzazione della formazione, tanto per sottolineare che “progettare e organizzare la formazione è difficile e complicato”. Certamente non tutti i Fondi si trovano in difficoltà nel tradurre le aspettative in azioni concrete, ma per un Fondo vocato alla microimpresa come FondItalia, il problema non è da sottovalutare.

Tanto più che il Sistema dei Fondi rappresenta qualcosa in più di una organizzazione finalizzata all’erogazione di risorse finanziarie destinate a coprire i costi della formazione. È, di fatto, un insieme di soggetti che intervengono con diversi ruoli e funzioni nel tradurre le aspettative in risultati.

In questa prospettiva, i Fondi dovrebbero poter contare, a condizione di farsi carico di azioni di informazione e qualificazione, del sistema degli “intermediari” – promotori, attuatori, partner, delegati – reale ponte tra la domanda e l’offerta, non solo in merito agli aspetti procedurali di accesso alle risorse erogate dai Fondi, ma anche sul terreno delle capacità organizzative per quanto riguarda l’analisi dei fabbisogni formativi e la qualità dell’offerta, sino, in taluni casi, all’animazione della domanda.

Un ulteriore aspetto sul quale concentrarsi è la modalità di erogazione della formazione. Oltre il 90% della formazione finanziata dal Fondo è realizzata in modalità d’aula, mentre forme meno usuali di setting formativo potrebbero rappresentare il terreno sul quale sviluppare al meglio la capacità di accesso delle microimprese alla formazione. Penso, ad esempio alla formazione a distanza piuttosto che al Training on the job, il classico “guarda e impara” fondamentale per la trasmissione di moltissimi mestieri.

Pertanto, la sfida di FondItalia può essere certamente quella di fornire risposte adeguate alle richieste di formazione delle imprese, animando a tratti la domanda, ma anche e soprattutto affiancare le imprese affinché gli inevitabili impegni gestionali legati alla formazione non siano più così gravosi da sottrarre tempo ed energie all’attività imprenditoriale, tanto da scoraggiare la partecipazione dei lavoratori alle periodiche e fondamentali sessioni di aggiornamento professionale.

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