L’importanza delle scelte delle Parti Sociali

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Giorgio Tamaro direttore del Fondo Fapi
Giorgio Tamaro è direttore del Fondo Fapi

di Giorgio Tamaro* |

Mentre il governo gialloverde si esercita nel difficile tentativo di far convivere le proprie strategie di politica economico/sociale con i pesanti e complicati fondamentali che caratterizzano lo scenario europeo e mondiale, tentiamo a nostra volta di immaginare quali ricadute le suddette strategie possano avere sul sistema della formazione, e più in particolare sui Fondi per la formazione continua.

Una prima occhiata, anche necessariamente sommaria, allo scenario presente e futuro dell’economia mondiale evidenzia almeno cinque fattori di turbolenza in grado di generare forte instabilità nel sistema: la politica di aumento dei tassi da parte della Federal Reserve; l’annunciata fine del quantitative easing, in coincidenza con la fine del mandato di Mario Draghi; l’incognita Brexit; l’impatto degli esiti delle elezioni europee di maggio; gli effetti nefasti della guerra dei dazi tra Usa e Cina.

Le sorti della formazione continua

Detto ciò, occorre chiedersi quali saranno le sorti del sistema della formazione continua inteso come asset di politica industriale – ammesso e non concesso che ci sia ancora qualcuno in questo Paese che si occupa seriamente di politica industriale. Ora, sappiamo che i Fondi sono ormai da sette anni sottoposti al prelievo forzoso di una quota parte dei versamenti dello 0,30% conferito dalle imprese attraverso l’Inps, in virtù dell’articolo 4 del D.L. 54/2013.

Il prelievo forzoso venne inizialmente stabilito per far fronte al fabbisogno finanziario dello Stato per la copertura delle domande di contributo per la cassa integrazione in deroga, che in quegli anni erano lievitate in maniera abnorme. Oggi, stabilizzatasi la situazione della cassa in deroga, il prelievo, nel frattempo tramutatosi da congiunturale a strutturale, prosegue senza soluzione di continuità e senza alcuna particolare destinazione d’uso: in pratica lo 0,30% è diventato uno 0,20%.

E tutto questo in barba ai ricorrenti proclami circa l’importanza strategica della formazione continua dei lavoratori nell’ottica del miglioramento della competitività delle imprese e dell’occupabilità dei lavoratori. Nei fatti, la formazione continua, un po’ come tutta la formazione professionale in Italia, continua ad essere trattata da Cenerentola.

La ricerca di dotazioni finanziarie

Con questi presupporti, cosa possiamo attenderci da una manovra di politica economica basata su provvedimenti di incerta portata e di fantasiosa consistenza finanziaria? Come coprire Reddito di Cittadinanza e “Quota 100”? Non sarà che, nella ricerca di dotazioni finanziarie – neanche fosse un crowdfunding di governo – qualcuno ha già adocchiato quel che resta del “tesoretto” dello 0,30%? L’impressione è che si navighi a vista, e che la stessa vista sia precaria.

Il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero del Lavoro, l’Anpal non danno segno di sé in questa partita. Occupati come sono a immaginare scenari sempre più soffocanti per i Fondi, ridotti ormai quasi ad appendici burocratiche degli apparati ministeriali, (controlli sugli aiuti di stato, controlli sui bilanci delle imprese, controlli sui controlli) i nostri vigilanti non sembrano prestare la dovuta attenzione alle istanze di chi nei Fondi aveva identificato un elemento di svolta e di riqualificazione delle politiche di formazione continua e, in ultima analisi, della mitica e mai abbastanza invocata “politica industriale” della cui latitanza si discetta in questo Paese ormai da decenni.

Cosa sperare? Forse l’unica possibilità risiede nell’azione che le parti socie dei Fondi potrebbero e dovrebbero intraprendere unitariamente nei confronti del Governo; praticamente tutto l’universo delle rappresentanze datoriali e sindacali italiane è presente nei Fondi: cosa si aspetta a muoversi?

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