di Laura Reggiani |
Caporalato, turni di lavoro massacranti e una paga giornaliera lontana anni luce da quella che dovrebbe essere, sono caratteristiche comuni nel settore dell’agricoltura, da Nord a Sud.
Giunto alla quarta edizione, il rapporto “Agromafie e Caporalato”, a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto e della Flai Cgil, analizza lo sfruttamento lavorativo e le storture intrinseche nel comparto agroalimentare nel nostro Paese.
Lavoro irregolare e caporalato
Il rapporto stima che in Italia l’economia “non osservata” valga circa 208 miliardi di euro; il lavoro irregolare vale 77 miliardi, ovvero il 37,3% e incide per il 15,5% sul valore aggiunto del settore agricolo. Il business del lavoro irregolare e del caporalato in agricoltura è pari dunque a 4,8 miliardi di euro e presuppone una evasione contributiva di 1,8 miliardi di euro.
Sono all’incirca 430mila i lavoratori agricoli esposti al rischio di un ingaggio irregolare e sotto caporale; di questi più di 132.000 sono in condizione di grave vulnerabilità sociale e forte sofferenza occupazionale. Inoltre, più di 300.000 lavoratori agricoli, ovvero quasi il 30% del totale, lavorano meno di 50 giornate l’anno; presumibilmente in questo bacino è presente molto lavoro irregolare/grigio. Il tasso di irregolarità dei rapporti di lavoro in agricoltura è pari al 39%.
I migranti, risorsa fondamentale
Su circa un milione di lavoratori agricoli, i migranti si confermano una risorsa fondamentale. Secondo i dati Inps nel 2017 sono stati registrati con contratto regolare in 286.940, circa il 28% del totale, di cui 151.706 comunitari (53%) e 135.234 provenienti da paesi non UE (47%).
Secondo il Crea i lavoratori stranieri in agricoltura (tra regolari e irregolari) sarebbero 405.000, di cui il 16,5% ha un rapporto di lavoro informale (67.000 unità) e il 38,7% ha una retribuzione non sindacale (157.000 unità).
Le condizioni dei lavoratori
I lavoratori in agricoltura sono sottoposti a un grave sfruttamento: nessuna tutela e nessun diritto garantito dai contratti e dalla legge; un orario medio di lavoro che va dalle 8 alle 12 ore al giorno; una paga media compresa tra i 20 e i 30 euro al giorno (anche se in alcuni casi gravi di sfruttamento analizzati, alcuni lavoratori migranti percepivano un salario di 1 euro l’ora); lavoro a cottimo per un compenso di 3/4 euro per un cassone da 375 kg; un salario inferiore di circa il 50% rispetto a quanto previsto dai contratti nazionali.
I lavoratori sotto caporale devono inoltre pagare il trasporto a secondo della distanza (mediamente 5 euro), i beni di prima necessità (mediamente 1,5 euro l’acqua e 3 euro un panino). Le donne sotto caporale percepiscono un salario inferiore del 20% rispetto ai loro colleghi maschi.
Dalle informazioni acquisite è stata realizzata una stima che quantifica in circa 30.000 il numero di aziende che ricorrono all’intermediazione tramite caporale, circa il 25% del totale delle aziende del territorio nazionale che impiegano manodopera dipendente. Il 60% di tali aziende ingaggiano quelli che nel rapporto sono definiti “caporali capi-squadra”, che si differenziano per rapporti di lavoro comunque decenti (seppur irregolari), da quelli indecenti.
Attività ispettive e controlli
Nel 2017, 7.265 aziende sono state sottoposte a controllo da parte dell’Ispettorato del Lavoro; oltre il 50% di queste ha presentato irregolarità. Dei 5.222 lavoratori irregolari censiti circa il 67%, pari a 3.549, sono risultati totalmente in nero. Sono stati invece 360 i provvedimenti di sospensione aziendale, l’87% dei quali revocati dopo la regolarizzazione, e 284 le persone deferite all’autorità giudiziaria, di cui 71 arrestate per il reato di sfruttamento lavorativo e caporalato. Solo le segnalazioni fatte all’Ispettorato del Lavoro sono passate da 9 nel 2016 a 94 nel 2017, con 387 vittime di caporalato censite.
Chi sono e quanti sono i caporali?
Il caporalato è un sistema informale di organizzazione del lavoro agricolo temporaneo, svolto da braccianti inseriti in gruppi di lavoro (squadre) di dimensione variabile (da pochi individui a diverse centinaia). Il caporale è un mediatore illegale di manodopera e gestore dei lavori secondo le richieste dell’imprenditore agricolo, che ingaggia per conto del proprietario i braccianti e stabilisce il compenso (del quale tiene per sé una parte che gli viene corrisposta sia dal proprietario che dai braccianti reclutati). Nei 220 distretti agricoli censiti dal rapporto (dove operano in media 500/700 lavoratori agricoli reclutati in modo irregolare e occupati in condizioni indicenti) sono presenti, secondo le stime, circa 34 caporali, pari a 15.000 presenze sul territorio nazionale. In ogni sub-area agricola sono presenti caporali di diverso profilo sociale; mediamente 21 capi squadra, 10 caporali dirigisti, 2 caporali collusi con le organizzazioni criminali e 1 caporale organico alla cosca mafiosa.