Una gestione efficiente a supporto del territorio

Una regione virtuosa dal punto di vista occupazionale che, come spiega Elena Donazzan, assessore a Istruzione, Formazione Lavoro di Regione Veneto, deve il successo a politiche che hanno facilitato l’incrocio tra domanda e offerta del lavoro e orientato gli interventi formativi in base ai bisogni delle imprese.

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Elena Donazzan, assessore a Istruzione, Formazione e Lavoro di Regione Veneto
Elena Donazzan, assessore a Istruzione, Formazione e Lavoro di Regione Veneto

Il Veneto è una delle regioni con i più bassi livelli di disoccupazione d’Italia e un tasso di occupazione in costante crescita. Lo confermano gli ultimi dati di Istat e Veneto Lavoro, che evidenziano un tasso di occupazione regionale del 67,2%, il livello più alto mai registrato in regione (a fronte di una media nazionale del 59,1%) e un tasso di disoccupazione sceso sotto al 6% (ben al di sotto della media italiana). Due indicatori più che positivi che, come conferma Elena Donazzan, Assessore a Istruzione, Formazione, Lavoro e Pari Opportunità in Regione Veneto, “mettono in luce non solo la quantità, ma anche la qualità del lavoro, con l’aumento delle trasformazioni dei contratti da tempo determinato a indeterminato”. Artefice di questo successo il governo regionale, che ha messo in atto politiche attive concrete: “Le politiche che abbiamo sviluppato hanno facilitato l’incrocio tra domanda e offerta del lavoro, in particolare orientando gli interventi formativi ai reali bisogni delle imprese”.

Dal 2000 in Regione Veneto e dal 2005 assessore a Formazione e Lavoro. Quasi vent’anni con al centro una delle più importanti crisi economiche moderne. Quanto è cambiato il lavoro nella sua Regione? Quanto i compiti dell’assessorato?

Mi ha aiutato molto questo sguardo lungo e questa esperienza nata prima della crisi del 2009. Crisi non definibile temporalmente perché fatta di trasformazioni continue e sempre più veloci, che hanno portato, anche in Veneto, alla perdita di alcuni paradigmi; nella nostra regione non esisteva la disoccupazione, se chiudeva un’azienda ne riapriva subito dopo un’altra, e avevamo il più alto numero di Partite Iva procapite. Dati che facevano del Veneto una regione molto particolare. Se prima ci trovavamo nel migliore dei mondi possibili, in cui tutti stavano bene, la disoccupazione non esisteva e non serviva un’attività di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, in quanto bastavano le reti informali di relazione e di prossimità a mandare avanti il mercato del lavoro, poi è subentrata la crisi e l’impresa artigiana e veneta si è trovata improvvisamente senza fiato, con un arresto immediato delle commesse e una continua perdita di posti di lavoro. Questo ha portato il mio assessorato a dover reagire in fretta, in modo imprenditoriale, per governare quello che stava accadendo e gestire la trasformazione. Abbiamo quindi organizzato la cassa integrazione in deroga, un nuovo strumento supportato dai fondi sociali europei, che obbligò per la prima volta i lavoratori a fare formazione. Da quel momento in poi la regione ha dovuto fare un passo in avanti nelle politiche attive del lavoro, portando tra imprese e lavoratori la cultura della formazione, prima di allora non utilizzata se non in modo estemporaneo. Ci siamo quindi mossi confrontandoci con le parti sociali in tavoli efficaci ed effettivi, abbiamo poi utilizzato un nuovo modello di programmazione che non prevedesse click day, ma sportelli continui ogni mese e mezzo, in grado di fornire risposte veloci e abbiamo lavorato alla riorganizzazione della pubblica amministrazione, monitorando i risultati, valutando le singole politiche per decidere con obiettività l’indirizzo da dare ai nostri investimenti. Con un enorme sforzo organizzativo che ha però portato i risultati voluti.

Gli ultimi dati confermano il Veneto tra le regioni più virtuose. Quali sono le azioni per rilanciare ulteriormente il lavoro nella sua Regione?

Dobbiamo guardare ai fabbisogni, professionali e imprenditoriali, per utilizzare al meglio i fondi disponibili per formare le nostre imprese che puntano a svilupparsi. Imprese che hanno una forte capillarità territoriale e una specifica tipologia basata sui distretti produttivi. Per questo spingeremo sui poli formativi territoriali. In futuro non voglio ragionare in base alle categorie di contratti collettivi ma ai settori di riferimento. Penso all’occhialeria, uno dei fenomeni più dinamici del Veneto, fiore all’occhiello del nostro made in Italy, con cui il mio assessorato lavora da tempo per valorizzare le aziende che investono in formazione, studio e ricerca e mantenere produzioni in Veneto. Il futuro delle politiche del lavoro andrà in questa direzione, con la logica di continuare a spingere al massimo l’innovazione, la caratterizzazione, la creatività, e tutto ciò che genera valore.

State finanziando progetti per contrastare il fenomeno dei “cervelli in fuga”. Ce ne può parlare?

Il tema della ricerca e del capitale umano ci ha portato a ragionare sul fenomeno dei “cervelli in fuga”. Per questo abbiamo stanziato 3,5 milioni di euro per 14 progetti, dai quali deriveranno 55 borse di rientro. Lo scopo è di attirare sul territorio regionale eccellenze provenienti da diversi ambiti che abbiano interessi con le attività del nostro territorio, e favorire la mobilità, lo scambio e la permanenza di alte professionalità che intendono rientrare nelle nostre imprese e nelle nostre università dopo un periodo di permanenza all’estero. A questi cervelli vogliamo rivolgere un messaggio chiaro: “il Veneto è pronto a riaccogliervi”. I progetti approvati favoriranno una contaminazione tra l’economia veneta e le start-up che, nate all’estero dal genio di veneti o di italiani, ora possono tornare per arricchire il nostro tessuto produttivo territoriale.

Quali provvedimenti avete adottato nella formazione professionale? Con quali strumenti supportate le imprese che chiedono personale qualificato?

Regione Veneto investe da sempre in una formazione di qualità in grado di favorire l’occupabilità dei giovani e lo fa tarando le proprie politiche formative sui bisogni di un sistema imprenditoriale che ha saputo ben declinare i propri obiettivi. Il successo è misurabile: disoccupazione giovanile tra le più basse d’Italia, forte presenza di scuole della formazione professionale con 20.000 ragazzi in formazione per il lavoro, oltre 778 super tecnici già formati e occupati all’88%, 1000 studenti negli Academy-ITS nei settori trainanti e più innovativi del nostro territorio, le scuole di eccellenza dove vengono formati i super tecnici del futuro. Parlando di altri strumenti reputo ad esempio l’alternanza tra scuola e azienda molto importante e per questo vogliamo rafforzare questo strumento, incentivando il mondo del lavoro ad aprire le proprie porte agli studenti. L’alternanza scuola-lavoro è utilissima per l’orientamento e la crescita dei ragazzi, per valorizzare le loro attitudini e competenze, per favorire l’incontro tra domanda e offerta e avvicinare i giovani alla realtà e ai valori del lavoro.

Politiche attive. Quali sono i programmi messi in atto per aiutare i giovani a entrare nel mondo del lavoro? Quali a supporto dei disoccupati over 30?

Il nostro obiettivo è di strutturare un sistema di politiche attive chiaro e universale: Garanzia Giovani per ragazzi e ragazze fino a 29 anni e Assegno per il lavoro per tutti i disoccupati over 30. Per quanto riguarda il fragile segmento dei Neet, giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, il Veneto rappresenta un modello virtuoso nell’attuazione del Programma Garanzia Giovani. Siamo la Regione con la più alta percentuale di giovani presi in carico rispetto al numero di adesioni valide. Il passaggio dall’adesione alla stipula del patto di servizio è pressoché immediato, con un tempo di attesa medio di 4 giorni. A differenza di quanto accade in altre regioni, inoltre, non ci limitiamo all’offerta di tirocini, ma strutturiamo reali percorsi di orientamento, formazione e inserimento lavorativo. Per quanto riguarda invece gli over 30, posso dire che, a meno di un anno dalla sua istituzione, l’Assegno per il lavoro ha già superato le aspettative in termini di destinatari raggiunti e di risultati occupazionali, rivelandosi uno strumento semplice ed efficace. La misura sta entrando progressivamente a regime, con più di mille persone che vi accedono ogni mese. Con questa misura abbiamo anche voluto dare un segnale: basta a politiche assistenziali che supportino economicamente il disoccupato senza incentivarlo ad attivarsi nella ricerca di un lavoro; ben più importante è fornirgli gli strumenti per una ricollocazione stabile e duratura.

Parliamo dei Centri per l’Impiego, da molti criticati per la loro scarsa funzionalità.  Qual è la situazione nella sua Regione?

I nostri 39 Centri per l’Impiego regionali funzionano, a differenza di quanto avviene in molte altre Regioni. Attualmente contano 380 operatori e accolgono in media 140mila disoccupati l’anno. Tra le misure erogate dai Centri per l’impiego ci sono gli assegni per il lavoro, le azioni integrate di coesione territoriale per le persone svantaggiate, i lavori di pubblica utilità e i lavori di impatto sociale, il collocamento mirato dei disabili. Nel corso del 2018 abbiamo rafforzato il personale dei Centri per l’Impiego con il progetto di formazione degli operatori. Questo piano prosegue oggi con nuove assunzioni e stabilizzazioni del personale. La Regione Veneto investirà infatti assumendo entro il 2020 un centinaio di nuovi operatori attraverso Veneto Lavoro, l’ente che ha la gestione degli ex centri provinciali, per una spesa complessiva di circa 4,5 milioni di euro. In questo modo potenzieremo i servizi che i Centri per l’impiego offrono a tutti i disoccupati e favoriremo la partecipazione alle politiche attive e al lavoro.

Nel suo assessorato rientrano anche le pari opportunità. Il divario di genere è evidente nella sua Regione? Quali sono gli strumenti affinché le donne abbiano le stesse opportunità nel lavoro?

Confermo anche in Veneto c’è un forte divario di genere, anche se faccio fatica a spiegarmelo se non con la presenza di un’ impresa di tipo familiare che fa sì che l’apporto della donna al mercato del lavoro non sia evidente. Anche in ambito dirigenziale comunque, continuo a notare una scarsa presenza femminile, a dispetto di molte ricerche che ne evidenziano invece le capacità manageriale. Per dotare le donne di maggiori opportunità, non posso che pensare a un tipo di welfare territoriale che aiuti a raggiungere i suoi obiettivi nel lavoro sgravandola da incombenze nell’ambito dell’assistenza alla famiglia.

Nel 2020 le prossime elezioni regionali in Veneto. Possiamo aspettarci un progetto “Donazzan 4.0”?

Amo il Veneto, la terra in cui sono nata e in cui da sempre vivo. E voglio essere partecipe di un rilancio importante di un territorio che ha ancora molto da dire. Ma è presto per parlarne. 


Chi è

Nata a Bassano del Grappa nel 1972, Elena Donazzan è stata eletta in Consiglio regionale del Veneto nel 2000. Nel 2005 diventa Assessore Regionale con referati a Istruzione, Formazione, Lavoro e nel 2010 viene rieletta in Consiglio regionale ed è nominata Assessore nella Giunta Zaia. Eletta nuovamente alle elezioni del 2015 in Consiglio regionale del Veneto, è riconfermata Assessore, mantenendo le medesime deleghe ricevute nella precedente legislatura, con in aggiunta il referato alle Pari Opportunità.


 

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