La sentenza della Corte Costituzionale e la fine delle tutele crescenti

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Daniele Fumagalli, Michele Bignami e Paola Barollo in un momento dell'incontro in Randstad
Daniele Fumagalli, Michele Bignami e Paola Barollo in un momento dell'incontro in Randstad

Nell’ambito della serie di convegni organizzati annualmente da Gidp, sotto la guida di Paolo Citterio, Presidente Nazionale dell’Associazione dei Direttori del Personale, in cui si affrontano tematiche che esplorano gli aspetti più svariati dell’ampio mondo delle Risorse Umane, va segnalato quello dedicato alla recente sentenza della Corte Costituzionale sul calcolo degli indennizzi per i licenziamenti, e quindi alla possibile fine delle “tutele crescenti”, organizzato in collaborazione con Randstad il 17 ottobre 2018.

Tutele crescenti: la sentenza della Corte Costituzionale

Il 26 settembre 2018 la Corte Costituzionale ha infatti dichiarato illegittimo l’articolo 3, comma 1, del Decreto legislativo n.23/2015, meglio conosciuto come Jobs act, sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, nella parte, non modificata dal successivo Decreto legge n.87/2018, cosiddetto “Decreto Dignità”, che determina in modo rigido l’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato. In particolare, la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è, secondo la Corte, contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione. Tutte le altre questioni relative ai licenziamenti sono state dichiarate inammissibili o infondate. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.

Tutele crescenti: le conseguenze pratiche di questa pronuncia

Come si dovranno comportare d’ora in poi le aziende? Come questa sentenza impatterà su quanto appena introdotto dal Decreto Dignità? Sono queste le domande a cui hanno provato a dare una risposta Michele Bignami, esperto di Diritto del Lavoro e Relazioni Industriali dello studio legale Nctm e Daniele Fumagalli, Senior Associate. Gli avvocati, dopo avere fornito una panoramica sulle novità introdotte dal Decreto Dignità, tra cui il ritorno delle causali nei contratti a termine, hanno fornito diverse interpretazioni e ipotesi, segnalando come sia sempre più difficile stabilire il reale indennizzo al lavoratore in caso di licenziamento ingiustificato.

Interessanti spunti sono poi emersi dalla tavola rotonda a cui hanno partecipato Paola Barollo, Human Resources Director Staffing di Randstad, Serena Bontempelli, Responsabile Politiche del mercato del lavoro UIL e Massimo Bottelli, Direttore Settore Lavoro, Welfare e Capitale Umano di Assolombarda Confindustria, che ha così commentato: “Ci trovo in questo decreto molto poco di dignitoso. Siamo tornati a un passato che non esiste più e che nega la realtà del futuro che ci attende. È stato fatto un passo indietro ed è stato condotto con logiche preoccupanti, in un’ottica di negazione di quella che è l’evoluzione dell’economia e del lavoro, che sempre più richiede flessibilità”.

 


Di cosa si è parlato

Delle conseguenze della sentenza della Corte Costituzionale e della possibile fine delle tutele crescenti per gli indennizzi nei licenziamenti.


 

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