16 mesi per il lavoro con Durigon

Quota 100, Decreto Dignità, Reddito di Cittadinanza: sono i tre provvedimenti più importanti messi in atto nell’ambito del lavoro dal Governo giallo-verde. Ne abbiamo parlato con l’ex sottosegretario Claudio Durigon.

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Claudio Durigon

di Laura Reggiani |

Abbiamo incontrato l’onorevole Durigon in una calda mattina di fine luglio a Roma, presso la sede del Ministero del Lavoro di via Fornovo, per un incontro che da tempo ci aveva promesso, ma che gli impegni elettorali avevano posticipato. 

Al momento dell’intervista Claudio Durigon ricopriva la carica di sottosegretario al Ministero del Lavoro per la Lega e con lui abbiamo affrontato una serie di temi che spaziano da Quota 100 al Decreto Dignità, dal Reddito di Cittadinanza al salario minimo, e parlato anche della volontà della Lega di portare avanti il Governo.

Ma oramai è storia passata e molte cose sono cambiate. Purtroppo la nostra periodicità trimestrale non ci ha permesso di “essere sul pezzo”; di seguito proponiamo quindi solo alcuni stralci dell’intervista che ci ha concesso Durigon, in quanto molte domande e molte risposte non sono più attuali.

Sottosegretario Durigon, lei è considerato il teorico di “Quota 100”. Quali sono i primi risultati di questa operazione?

Abbiamo ricevuto su Quota 100 circa 163mila domande, 20 mila per Opzione Donna e 14mila per Ape Social. In meno di sei mesi, circa 200mila lavoratori hanno presentato domanda per essere accompagnati fuori dal mondo del lavoro. Questi dati rispecchiamo le nostre previsioni; avevamo disponibili coperture per il primo anno per 290mila persone e da qui ai prossimi tre anni avremo anche dei residui.

Esiste finalmente una opzione vera per poter uscire prima dal mercato del lavoro, un vantaggio psicologico molto importante per i lavoratori, che finalmente hanno una opportunità di scelta. Non si tratta di un provvedimento assistenzialistico ma piuttosto di un intervento che punta a un ricambio generazionale nel mercato del lavoro. 

Tra i primi provvedimenti del suo Ministero c’è stato il Decreto Dignità, non da tutti apprezzato.

Il Decreto Dignità ha fatto un buon lavoro portando a un incremento dei contratti a tempo indeterminato e regolamentando le assunzioni. Ma soprattutto la sua funzione è stata di cambiare la cultura del lavoro a termine  verso  quello a tempo indeterminato, generando positività sul sistema del mercato del lavoro. Sono state molte in questi mesi le trasformazioni dei rapporti di lavoro, e lo dimostrano le prime statistiche che provengono ad esempio dal Veneto, dove molte aziende hanno scelto di assumere persone che oggi con un contratto di lavoro stabile, sono in grado di spendere e di dare slancio ai consumi.

Detto questo, sono convinto che il provvedimento vada rivisto e che si debba intervenire su alcune zone d’ombra come le causali, affidando alla contrattazione collettiva l’individuazione delle formule migliori per poter utilizzare il lavoro flessibile che, lo riconosco, per molte imprese è fondamentale.

Il Reddito di Cittadinanza è entrato in vigore da pochi mesi e già si evidenziano alcune criticità…

Con il RdC abbiamo dato una prima risposta a tante persone in difficoltà, anche se sono convinto che vada ripensato, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti di reinserimento sul lavoro e di offerta congrua. Questo pone infatti dei problemi, soprattutto al Sud, dove la gente rifiuta lavori regolari per non perdere il Reddito di Cittadinanza, preferendo invece lavori in nero.

Per ridurre questo fenomeno, ho proposto di modificare i parametri su base giornaliera invece che mensile. In ogni caso sono convinto che il RdC non debba rappresentare solo un sussidio ma un vero atto di politica attiva per il lavoro; un certo livello di assistenzialismo su alcune fasce di popolazione può essere mantenuto, ma l’obiettivo deve essere quello di puntare al loro reinserimento lavorativo attraverso la riqualificazione.

Riqualificazione che significa formazione…

La formazione è indispensabile per chi è fuori dal mondo del lavoro, ma è ancora più importante per far crescere le nostre imprese. Se vogliamo mantenere il Paese a livelli competitivi abbiamo bisogno che la formazione svolga un ruolo determinate, soprattutto quella specifica e di fascia alta.

Dobbiamo guardare a progetti formativi di alto livello, migliorare alcuni strumenti come gli ITS e soprattutto potenziare i rapporti tra il mondo della ricerca, le università e le imprese. Sul territorio abbiamo realtà molto importanti, penso ad esempio al chimico e al farmaceutico, che per rimanere competitive hanno bisogno di essere supportate da lavoratori di alto profilo in grado di assicurare il passaggio verso l’Impresa 4.0.

Centri per l’Impiego e “navigator”. Com’è la situazione?

La battaglia da mettere in campo oggi è legata ai Centri per l’Impiego e al superamento delle loro inefficienze. Non solo non sono in grado di inserire le persone nel mondo del lavoro, come dimostra il fatto che solo il 3% della forza lavoro viene arruolato attraverso i Cpi, ma neanche di riqualificare il personale che serve nel territorio specifico di attività. La riqualificazione, a mio avviso, non può avvenire attraverso i navigator che, purtroppo, non hanno le competenze necessarie.

Credo che nella scelta dei navigator sia stata data poca importanza all’esperienza; sarebbero stati più utili dei tecnici in grado di fare rete sul territorio. Sono infatti convinto che sia necessario fare sistema con Anpal, le Regioni, i Centri per l’Impiego, le Agenzie per il Lavoro e la formazione, uniti nel dare risposte alle esigenze formative e di inserimento.

In questi giorni ferve la discussione sul salario minimo. Qual è la sua opinione?

Il salario minimo è un elemento interessante per salvaguardare gli stipendi e sostenere il reddito dei lavoratori, ma è chiaro che non può e non deve diventare un costo aggiuntivo per le imprese. Attenzione poi a parlare solo di salario di ingresso, quando il vero problema in Italia è quello dei salari mediani, che non crescono come accade invece nel resto d’Europa.

Bisogna poi fare un ragionamento a 360° e considerare che il dumping contrattuale non si elimina con il salario minimo, che gli stipendi da 3 euro esistono solo in nero, che l’Italia ha una rappresentanza di contrattazione nazionale altissima e che all’interno della contrattazione ci sono tredicesima, quattordicesima, Tfr, ferie, Rol e welfare aziendale che non sono presenti in altri Paesi. Il salario minimo si può fare, ma deve andare di pari passo con il taglio del cuneo fiscale e delle tasse sul lavoro. Solo in questo modo sarà possibile far crescere la busta paga del lavoratore senza aumentare i costi delle imprese.


Claudio Durigon: Chi è

Claudio DurigonSindacalista e politico italiano, l’onorevole Claudio Durigon è nato a Latina nel 1971. Iscritto dal 1996 all’Unione Generale del Lavoro, è stato vicesegretario generale Ugl dal 2014 al 2018. Nel gennaio 2018 diventa responsabile del dipartimento lavoro della Lega. Eletto deputato nel marzo 2018 a giugno viene nominato Sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

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