I tanti abusi alla Legge 104: il supporto delle investigazioni

Sono diverse le sentenze emesse negli ultimi mesi che riguardano i permessi ex Legge 104 e gli abusi da parte di dipendenti. Come l’attività di investigazione può sostenere i datori di lavoro.

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Investigazioni permessi 104

di Greta Gironi |

Sono ormai quasi giornalieri i casi di assenteismo dei dipendenti, sia in ambito aziendale privato che nella pubblica amministrazione; si va dai cosiddetti furbetti del cartellino agli assenteisti seriali che utilizzano i permessi per malattia in giornate strategiche.

Tra queste tipologie di dipendenti assenteisti sono sempre più frequenti quelli che utilizzano una particolare tipologia di permessi relativi alla Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (Legge 104/92 così come modificata dalla Legge 53/2000, L. 183/2010 e dal D.Lgs. 119/2011).

Hanno diritto a questa tipologia di permessi i lavoratori dipendenti con disabilità con contratto individuale anche in modalità part-time (sono esclusi autonomi e parasubordinati, lavoratori agricoli a giornata, quelli a domicilio e quelli addetti ai lavori domestici e familiari); i dipendenti genitori di figli disabili in situazione di gravità anche non conviventi, i coniugi, i parenti o affini entro il II grado (figli, nonni, nipoti, fratelli, suoceri, generi, nuore, cognati del soggetto disabile con lui conviventi) e i parenti o affini entro il III grado lavoratori dipendenti (zii, nipoti, bisnonni, bisnipoti) nel caso in cui genitori o coniuge siano ultrasessantacinquenni o in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti degli altri soggetti prima citati.

Casi di abuso e relative sentenze

Uno dei casi in cui l’utilizzo dei permessi diventa abuso è quello relativo allo svago del dipendente negli orari interessati; come dichiara la sentenza n. 8784/2015 infatti il dipendente che svolge attività “del tutto estranea all’assistenza”, in questo caso con la partecipazione a una serata danzante, commette illecito.

Le motivazioni della decisione del giudice ricadono in questo caso sul cosiddetto “disvalore sociale”, dato dal fatto che il lavoratore, per perseguire interessi personali, scarichi questo costo sull’intera collettività essendo i permessi rimborsati statalmente; inoltre, anche dal lato del datore di lavoro si creano problemi organizzativi nel momento in cui il lavoratore debba essere sostituito nella sua mansione.

Altro punto su cui la giurisprudenza si sta dirigendo è quello relativo al venir meno del vincolo fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore, con il quale l’azienda acquisisce il diritto di attuare azioni correttive per tutelarsi; azioni che arrivano fino al licenziamento per giusta causa.

Per poter provare il reale utilizzo illecito dei permessi, il datore di lavoro, come afferma la disposizione dell’art. 5 della legge 20 maggio 1970 n. 300, ha la facoltà, al di fuori degli orari di lavoro e di quelli in cui è in vigore il controllo fiscale relativo alla malattia, di avvalersi di agenzie investigative con apposita licenza rilasciata dalla Questura, per acquisire tutte quelle informazioni e prove utili a confermare l’abuso.

L’utilizzo del permesso

Per quanto riguarda la percentuale di permesso utilizzato per l’assistenza, la sentenza n. 9217/2016 conferma come illecito anche l’utilizzo parziale delle ore di permesso; il lavoratore dipendente in questo caso utilizzava una parte delle ore richieste per svolgere attività non legate all’assistenza.

A confermare questo filone è la sentenza n. 5574/2016 che vedeva il lavoratore utilizzare solo il 17,5% dei permessi Legge 104 per l’assistenza del genitore; anche in questo caso decade il vincolo di fiducia con l’azienda e nasce la giusta causa per il licenziamento.

In generale, non è sempre valida la necessità di assistenza durante la totalità del permesso richiesto, in quanto l’assistenza potrebbe avvenire anche in giornate e orari fuori dal permesso che vanno a intaccare il tempo di recupero che le giornate di riposo obbligatorie vanno a integrare, ma l’orientamento legislativo si dirige verso questa interpretazione.

Sono poi diversi i casi in cui il lavoratore, nell’utilizzo dei permessi in questione, si reca addirittura in viaggio, disinteressandosi totalmente dell’attività di assistenza, come si evince dalla sentenza n. 18293 – Cass. civ. Sez. VI – Lavoro, Ord., 11-07-2018. Anche in questi casi il dipendente è stato licenziato per giusta causa, andando potenzialmente incontro oltre all’illecito relativo ai permessi anche al reato di truffa ex art 640 c.p. verso lo Stato.

La reiterazione dell’abuso

Ultimo punto è quello legato alla reiterazione dell’abuso che, come conferma la sentenza n. 8209 Cass. civ. Sez. VI – Lavoro, Ord., 04-04-2018, non è necessaria per confermare il licenziamento per giusta causa; il verificarsi anche di un solo abuso è infatti sufficiente per procedere contro il dipendente e non ne causa l’illegittimità del licenziamento.

Dal punto di vista sia legale che operativo l’abuso dei permessi ex legge 104/92 è sicuramente il caso più ricorrente sia in ambito privato che pubblico, ed è inoltre quello maggiormente individuabile e dimostrabile attraverso attività investigativa. La giurisprudenza conferma infatti la liceità e relativa utilità dell’utilizzo di un’agenzia investigativa per il reperimento di elementi probatori relativi ai casi in questione.


Un supporto al datore di lavoro

Se il lavoratore è assenteista, se mantiene un doppio lavoro o se utilizza in maniera illecita i permessi ex legge 104/92 per l’assistenza di un familiare è possibile ricorrere al supporto di agenzie di investigazione specializzate come Abbrevia.

In questi casi l’agenzia effettua gli accertamenti più indicati, legittimati dalla Corte di Cassazione, che l’azienda può richiedere nel momento in cui ha ragione di sospettare in merito all’affidabilità di un dipendente.

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