L’esperienza al servizio delle politiche per il lavoro

Dal ruolo di Anpal ai Centri per l’Impiego, dalle Agenzie per il Lavoro ai Fondi Interprofessionali per la formazione.Una competente analisi di Gianni Bocchieri di Regione Lombardia sulle attuali iniziative del Governo.

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Gianni Bocchieri Regione Lombardia

di Laura Reggiani |

Il suo compito in Regione Lombardia, in qualità di Direttore Generale della Direzione Istruzione, Formazione e Lavoro, è di coordinare e sostenere lo sviluppo del mercato del lavoro sia con politiche per l’inserimento lavorativo dei giovani, il reinserimento dei disoccupati e dei soggetti deboli, sia attraverso l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e lo sviluppo di azioni integrate di orientamento, inserimento e transazione dalla scuola al lavoro.

Gianni Bocchieri è sicuramente tra i massimi esperti di politiche per il lavoro e il suo nome è venuto recentemente alla ribalta in seguito alla proposta della sua nomina a direttore generale di Anpal, poi cassata dal Governo Conte che ha nominato Luigi Falco, fedelissimo di Di Maio. 

Sulle pagine dei giornali nell’ultimo mese si è letto molto della vicenda relativa alle nomine in Anpal. Vuole offrire agli operatori la versione del diretto interessato su quanto è accaduto?

Di quanto accaduto sono stati raccontati più dettagli di quanti io ne conoscessi. Ritengo quindi che ci sia poco da aggiungere. Ad ogni modo, penso sia legittimo per un Ministro scegliere collaboratori di fiducia, soprattutto per realizzare le sue politiche più rilevanti.

Per certi aspetti, rappresenta anche un’importante assunzione di responsabilità politica, perché così non ci possono essere scusanti in caso l’implementazione amministrativa ed esecutiva non raggiunga gli obiettivi prefissati. L’unica cosa che sconsiglio, a qualunque Ministro, è di considerare come avversari ogni voce critica: abbiamo fin troppa esperienza di consiglieri tanto fidati quanto incapaci

Una sua visione delle politiche attive del lavoro. Quale dovrebbe essere il ruolo di Anpal? Cosa si potrebbe fare per i Centri per l’Impiego?

In un quadro di competenze costituzionali concorrenti tra Stato e Regioni, ho sempre sostenuto che un’Agenzia Nazionale debba avere un ruolo di regia, di verifica e di controllo che tutti i diritti al lavoro siano garantiti a ogni cittadino a prescindere dalla sua residenza. In questa prospettiva, ad Anpal attribuirei anche un potere sostitutivo, ma solo nei confronti di quelle Regioni che non garantiscono la costruzione di un mercato del lavoro efficace ed efficiente per la collocazione e la ricollocazione dei disoccupati.

Per quanto riguarda i Cpi, giusto potenziarli come previsto dagli ultimi provvedimenti relativi anche al Reddito di Cittadinanza. Ricordiamoci però che non basta fare nuove assunzioni: il vero potenziamento passa attraverso nuove professionalità che dovranno garantire percorsi differenziati di politica attiva. Se continuiamo a pensare che i Cpi debbano solo “mettere timbri”, seppure con nuove procedure informatiche, continueremo a relegarli alla gestione di attività burocratiche e amministrative che poco hanno a che fare con le esigenze di lavoratori e datori di lavoro.

Veniamo ai “navigator”, una figura da lei criticata così come il “modello Mississippi”. Come si è risolto lo scontro con le Regioni sulle assunzioni? Qual è la sua opinione sul Reddito di Cittadinanza?

Più che di scontro si è trattato di riportare le competenze alle loro legittime attribuzioni: i Centri per l’impiego sono articolazioni delle Regioni e i mercati del lavoro sono territoriali. Già in sede di conversione del Decreto Legge sul Reddito di Cittadinanza si era trovata una mediazione riducendo a 3.000 il contingente dei navigator contrattualizzati da Anpal Servizi e rinviando diversi aspetti operativi a un successivo Piano straordinario di potenziamento dei Centri per l’Impiego e delle politiche attive del lavoro, che ha fissato anche le modalità di riparto dei diversi contingenti alle Regioni, comprese le 4.000 unità di personale previste dalla Legge di bilancio per le quali le stesse Regioni sono in attesa dell’assegnazione delle risorse.

Voglio però precisare che non mi sono permesso di criticare il “modello Mississippi”: ho semplicemente detto che non ne avevo trovato traccia nei miei studi comparati, che negli ultimi 20 anni mi hanno portato ad analizzare i modelli di welfare scandinavi, il modello pubblico-privato olandese degli anni ‘90, il programma “Job Centre Plus” di Blair e le riforme Hartz del mercato del lavoro tedesco.

Anzi, mi pare giusto che si valorizzi un’esperienza non studiata dal Mainstream come quella di un paese del Sud degli Stati Uniti, che ha poco meno di 3 milioni di abitanti, non fosse altro che così assume ancora più rilievo ciò che abbiamo fatto in Lombardia, che ha una dimensione geografica molto più piccola, ma che ha più di tre volte gli abitanti della terra di Tom Sawyer e Huckleberry Finn.

Per quanto riguarda infine il Reddito di Cittadinanza, ritengo che possa costituire uno strumento di sostegno all’inclusione sociale, a patto che la macchina delle politiche attive del lavoro si metta in moto evitando il rischio che si trasformi in un mero strumento assistenziale.

Regione Lombardia rappresenta un esempio virtuoso, potendo anche portare un fiore all’occhiello come Dote Unica Lavoro. Quali sono le ragioni di questo successo?

L’universalità di accesso, la proporzionalità dell’intensità di aiuto in funzione della distanza della persona dal mercato del lavoro, la personalizzazione del percorso di inserimento/reinserimento lavorativo attraverso un piano di intervento personalizzato concordato dall’operatore con il disoccupato.

Un altro dato distintivo è quello di aver poggiato il sistema delle politiche attive su una robusta rete pubblico-privata, che prevede la pari dignità degli operatori privati accreditati rispetto a quelli pubblici, seppure la regia sia saldamente nelle mani dell’ente regionale. Dal 2013, 167mila disoccupati sono stati inseriti nel mercato del lavoro. Ora, siamo alla terza edizione che ha confermato i suoi capisaldi, ponendo ancora maggiore attenzione ai risultati di inserimento lavorativo.

Quello della somministrazione è un settore che lei ben conosce e su cui il Decreto Dignità ha avuto effetti pesanti. Ci potevano essere altre strade per combattere il precariato?

Penso che il precariato non si possa combattere a colpi di clava in testa alle Agenzie per il Lavoro e a tutti gli altri datori di lavoro. Paradossalmente, finora sono state proprio le ApL ad assicurare al Ministro Di Maio la possibilità di dire che il suo “Decreto Dignità” sta funzionando, avendo convertito in tempo indeterminato molti contratti a tempo determinato pur di garantire continuità ai loro lavoratori e non lasciarli a casa dopo 12 o 24 mesi.

Proprio da questa loro decisione si potrebbe ricavare il migliore rimedio al cosiddetto precariato: ai lavoratori sempre più qualificati, la continuità lavorativa viene garantita perché conviene anche alle imprese, fermo restando che per le transizioni da un lavoro all’altro occorra un efficace sistema di politiche attive che riduca i tempi della disoccupazione.

Parliamo di formazione professionale. Con quali strumenti supportate le aziende che vogliono crescere attraverso la qualificazione del personale?

In Regione Lombardia abbiamo previsto un Avviso dedicato al sostegno di interventi di formazione continua, che nel 2019 giungerà alla sesta fase. Con il nuovo avviso gli operatori potranno presentare le proprie proposte per l’ammissione a un catalogo dell’offerta formativa.

Successivamente, le imprese potranno selezionare tra i corsi a catalogo disponibili quello che meglio risponde alle proprie esigenze di qualificazione e riqualificazione e richiedere un voucher aziendale a copertura dei costi di partecipazione per ogni lavoratore. Voucher che saranno fruibili anche da parte degli stessi imprenditori o dai lavoratori autonomi.

Dall’Ocse sono arrivate alcune “raccomandazioni” ai Fondi Interprofessionali relative al miglioramento delle loro politiche. Cosa dovrebbe a suo avviso cambiare in questo “quasi mercato?

Resto convinto che i Fondi avrebbero dovuto fare di tutto per sottrarsi dall’inclusione nel perimetro della Pubblica Amministrazione. Penso che non sia mai troppo tardi per avere la forza di proporre una nuova configurazione giuridica, proprio per esaltare la loro natura bilaterale di strutture che devono garantire il bilanciamento e la composizione degli interessi non contrapposti dei datori di lavoro di avere risorse umane sempre più qualificate e dei lavoratori di essere sempre più preparati ad affrontare i cambiamenti in atto nel mercato del lavoro.

Parlare di “quasi mercato” per la formazione finanziata con un contributo dei datori di lavoro, significa già rinunciare alla costruzione di un sistema formativo orientato dai bisogni del mercato, che alla lunga non ammette il mantenimento di operatori economici inefficienti, compresi quelli che si occupano di erogare la formazione.

Si parla molto di “skill mismatch”. Cosa si può fare per colmare il divario di professionalità? E per far incontrare la domanda con l’offerta di lavoro?

Le analisi sulle previsioni di assunzione delle imprese lombarde evidenziano che il 42% dei 567.800 nuovi posti di lavoro che saranno creati entro il 2021 riguarda profili altamente qualificati, molti dei quali saranno impiegati in mansioni che oggi neanche esistono.

Credo perciò che sia essenziale l’anticipazione del fabbisogno professionale con un importante potenziamento della formazione che deve riguardare tutti i livelli: dalla formazione iniziale dei giovani fino allo sviluppo di percorsi di alta specializzazione tecnica. Senza dimenticare la formazione continua degli adulti e quella per il rafforzamento delle competenze e del profilo di occupabilità dei disoccupati.

Per far incrociare domanda e offerta di lavoro, occorre invece rafforzare gli intermediari e rendere le imprese più confidenti soprattutto verso i servizi offerti dagli operatori dei Centri per l’Impiego.

Un giorno da Ministro del Lavoro. Qual è la prima politica che adotterebbe a supporto dello sviluppo dell’occupazione?

Rivedrei subito il Decreto Dignità nella parte in cui restringe fortemente la disciplina dei contratti a tempo determinato e riformerei l’Anpal anche attraverso la fusione di Anpal Servizi, non capendo a cosa serva una duplicazione inutile di strutture.


Chi è Gianni Bocchieri

Gianni Bocchieri Regione LombardiaRagusano, laureato in economia e commercio, Gianni Bocchieri è Direttore Generale della Direzione Istruzione, Formazione e Lavoro di Regione Lombardia. Ricopre anche la carica di Consigliere nel CdA di Inapp e del Museo Leonardo da Vinci di Milano. Precedentemente ha ricoperto diverse posizioni di rilievo, tra cui il ruolo di Direttore Generale dell’Invalsi e quello di Capo della Segreteria Tecnica del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

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